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Geschichte und Region/Storia e regione 29/2 (2020). Группа авторов
Читать онлайн.Название Geschichte und Region/Storia e regione 29/2 (2020)
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isbn 9783706561181
Автор произведения Группа авторов
Жанр Документальная литература
Серия Geschichte und Region/Storia e regione
Издательство Bookwire
Se il beneficio non pare dunque una totale novità importata dai Franchi con la conquista del regno longobardo nell’estate del 774, è tuttavia in età carolingia che esso vede un’ampia diffusione in vari ambiti, tra cui vi è certo anche quello militare, sebbene non in maniera esclusiva, e che emerge in particolare in alcune aree del regno negli ultimi decenni del secolo VIII. A questo proposito vi è un diploma di Carlo Magno che mostra l’uso del beneficio in un’area calda del regnum Langobardorum, teatro di una rivolta nel 776 a due anni dalla conquista di Pavia, e che costituisce l’unico caso all’interno del corpus diplomatico del sovrano per un destinatario del regnum da cui emerge chiaramente il riferimento a tale particolare concessione. Il 21 dicembre 811, dunque, il sovrano donò alla sede patriarcale di Aquileia alcuni beni che erano stati confiscati diversi anni prima ai fratelli Rotgaudo e Felice, che avevano partecipato alla rivolta friulana promossa dal duca Rotgaudo in un estremo tentativo di resistenza alla dominazione franca dopo la caduta di Desiderio.35 La donazione riguardava nello specifico un domocoltile costituito da un terreno arabile, vigne, prati, pascoli e selve, assieme a una porzione dello stesso podere situata nel porto fluviale sul Natisone. Il diploma, tuttavia, ci informa che vi era anche un terzo fratello, di nome Lodolfo, il quale a differenza dei suoi fratelli non aveva perseverato nell’infedeltà e dunque la sua porzione di eredità non era stata toccata dalla confisca. Solo una parte dei beni confiscati veniva comunque assegnata alla Chiesa aquileiese, in quanto nel diploma si specifica che dei restanti beni l’imperatore avrebbe deciso successivamente.36 Si ricorda inoltre che i beni di Rotgaudo e Felice, uccisi nella repressione della rivolta erano stati assegnati come beneficium regio a Landola, un fidelis del sovrano. In seguito, dopo la morte di Landola, quegli stessi erano passati in un primo tempo al figlio Benno e successivamente a un certo Bono sempre in beneficio.37
Il diploma consente dunque di osservare da vicino come nel passaggio dalla dominazione longobarda a quella franca il beneficium venne usato per assegnare terre confiscate ai ribelli poste in un’area che si era mostrata particolarmente ostile alla nuova dominazione e nella quale si era reso necessario ricorrere a uomini di fiducia per amministrarle. Il diploma, tuttavia, fu redatto dopo più di trent’anni dal fallimento della rivolta quando i tempi dovevano apparire ormai maturi per un nuovo uso di quei beni, divenuti parte del fisco regio, che fino a quel momento erano stati concessi come beni inalienabili. Per questo, infatti, negli anni che separano la confisca dalla donazione alla sede patriarcale lo strumento cui il sovrano fece ricorso per concedere quei beni era stato il beneficium che consentiva l’assegnazione di beni sui quali non intendeva perdere il controllo; si metteva dunque in atto una forma di concessione da cui nuovamente emerge con evidenza il paradosso di keeping-while-giving. Nel dicembre 811, invece, a più di trent’anni dalla rivolta, Carlo Magno dispose per una nuova destinazione di quei beni e procedette quindi con una donazione vera e propria, alienandoli in via definitiva in favore del patriarcato aquileiese.
Nello stesso periodo, d’altro canto, l’uso del beneficium traspare anche dalla documentazione di carattere privato. Esso, tuttavia, non risulta impiegato in maniera uniforme in tutto il territorio del regno ma si concentra in aree specifiche come, ad esempio, la Sabina dove si trovava una delle più prestigiose abbazie dell’epoca: S. Maria di Farfa. Si trattava di una regione caratterizzata da una particolare situazione politica, dal momento che il territorio fu diviso nel secolo VII tra il ducato longobardo di Spoleto e la Sabina romana o suburbicaria. Proprio tra questi due ambiti si inserì il monastero di Farfa, fondato all’alba del secolo VIII in piena età longobarda, la cui ricca documentazione mostra bene come in quell’area il passaggio dalla dominazione longobarda a quella carolingia non comportò grandi stravolgimenti. La vita nel monastero, infatti, continuò senza interruzioni e le donazioni delle élite e dei sovrani proseguirono anche dopo la vittoria di Carlo Magno su Desiderio.38 Il considerevole corpus documentario farfense, giunto fino a noi grazie all’opera di copia di Gregorio da Catino, mostra in particolare come, tuttavia, a partire dall’inizio del secolo IX in alcuni atti si parli esplicitamente di assegnazioni beneficiarie. A titolo esemplificativo vi è il caso di un certo Massiolo, figlio del fu Calvulo, che il 18 luglio 808 a Rieti chiese all’abate Benedetto di Farfa per concessionem beneficii, per sé e per i suoi figli, l’usufrutto di alcuni beni che aveva donato all’abbazia, a sua volta ricevuti in dono e confermati tramite atto scritto da un tale Rodorico di S. Stefano, a quella data ormai defunto.39 I beni ricevuti in beneficio non avrebbero dovuto essere alienati in alcun modo e in cambio Massiolo avrebbe dovuto versare annualmente all’abbazia una pensione di tre denari in occasione della messa in onore della titolare del monastero, il 15 agosto. Esattamente cinque anni dopo, il 18 luglio 813, è una donna a ricevere in beneficio quanto aveva donato all’abbazia pro remedio animae otto giorni prima.40 In quell’occasione, dunque, l’ancilla Dei Helina chiedeva all’abate Benedetto che i beni donati le venissero riassegnati sub beneficiali ordine in usufrutto vitalizio41, in cambio del pagamento di una pensione di tre soldi d’argento o dell’equivalente in tessuti da versare annualmente all’abbazia sempre il 15 agosto.42 Helina non si limitava comunque a chiedere in beneficio unicamente quanto aveva precedentemente donato, ottenendo infatti anche alcune terre monastiche con i coloni e le relative famiglie, mentre nel documento veniva posta una clausola secondo cui la donna non avrebbe potuto alienare in alcun modo quanto le veniva assegnato.43 Si trattava di un atto indicato nella sottoscrizione della donna come precaria e dunque tale caso consente di osservare quanto rilevato da Brigitte Kasten in merito alla stretta connessione tra il beneficium e tale tipologia contrattuale che avrebbe fornito un modello per la concessione di beni inalienabili. È possibile tuttavia osservare come in quell’area, alcuni anni prima della conquista franca del regnum Italiae, la stessa donna fosse stata protagonista di altri due atti registrati da Gregorio da Catino nel Regesto Farfense. Nel maggio 770 Helina aveva infatti donato al monastero le sue proprietà in Sabina mentre l’anno seguente ad essere oggetto della donazione erano stati i beni che erano appartenuti in passato alle sue sorelle Taciperga e Liutperga, al tempo dei re longobardi Desiderio e