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ma anche i molti “micronazionalismi” locali che di frequente hanno spinto gli storici, in modo più o meno consapevole, a proiettare in modo anacronistico nel più lontano passato le identità regionali del presente, a pensarle in senso genealogico come delle “comunità di discendenza” definite da un punto di vista biologico, culturale, linguistico e territoriale.

      Esso si apre con un saggio di Manuel Fauliri che analizza il beneficium come strumento di relazione nell’Italia altomedievale. Al centro della ricerca di Fauliri vi è dunque un tema classico della medievistica – il beneficium, a lungo ritenuto l’antecedente del feudo – che egli affronta in modo innovativo, da una prospettiva storico-antropologica che riprende e rielabora spunti della teoria del dono di Marcel Mauss e, soprattutto, del paradossale “dare mantenendo” (keeping-while-giving) studiato per le società dell’Oceania dall’antropologa statunitense Annette Weiner. Ma, dal nostro punto di vista, il saggio di Fauliri è importante soprattutto per come egli inserisce questo tema nel binomio tempo/spazio. Un tempo che, rispetto al fenomeno studiato, non può essere rinchiuso all’interno delle date canoniche dell’inizio e della fine della dominazione carolingia in Italia (774–888). Uno spazio che rifiuta un’analisi anacronistica a partire dalle regioni così come sono oggi intese, ma che si costruisce a partire dai singoli casi studiati e dai “piccoli mondi” sociali, economici, politici a essi collegati.

      Un aspetto storico-economico è trattato invece nell’articolo di Lienhard Thaler che presenta un’ampia analisi del valore del denaro tra il 1290 e il 1500. Lo studio su un lungo periodo gli ha offerto la possibilità di approfondire i diversi sviluppi di una regione, il Tirolo, e di collocarli in un contesto più vasto. Inoltre gli ha permesso di comprendere a proposito del valore del denaro quali rapporti economici fossero dominanti e quali conclusioni si possano trarre da essi. In tal modo l’articolo colloca in un contesto europeo lo sviluppo dei prezzi in Tirolo e offre le basi per ulteriori studi futuri sulla storia medievale della moneta, dei prezzi e dei salari.

      Nell’articolo di Stefano Mangullo, invece, viene analizzato da una prospettiva innovativa un aspetto centrale della storia italiana successiva al 1945. Esso affronta infatti il “meridionalismo” nell’Italia del Sud subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. L’autore analizza questioni sociali, economiche e politiche che mostrano come dopo la guerra si sia diffuso in Italia meridionale un nuovo, ampio movimento che rispondeva alle richieste di industrializzazione e di sviluppo generale di un territorio ritenuto arretrato. Sullo sfondo dell’interazione tra attori politici di diversa origine, delle istituzioni che si occuparono di queste tematiche e del quadro giuridico del tempo, viene tracciato un quadro complesso di richieste e rivendicazioni, che si propone di spiegare l’originale temporalità dello sviluppo del “Mezzogiorno”.

      Molto diversi tra loro per temi analizzati, ambiti cronologici e approcci storiografici, i tre saggi che compongono la parte monografica di questo numero affrontano dunque tre questioni storiografiche: le origini del feudalesimo; il potere d’acquisto della moneta tra basso medioevo e prima età moderna; il meridionalismo. Lo fanno studiando uno o più casi regionali e i tempi della storia a essi collegati.

       Giuseppe Albertoni e Karlo Ruzicic-Kessler

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