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obbediscono a quelle stesse leggi che regolano tutto il mondo animato: in forza di questa argomentazione egli non dubitava della capitale importanza della venustà. Così pensando, si proponeva questo problema: «Che cosa varranno le mie doti morali e quella poca bellezza che posseggo, se un giorno un uomo veramente bello tenterà di portarmi via il mio bene?...» Egli non prevedeva ancora, non sospettava neppure che l'amica sua l'avrebbe tradito, — nè realmente ella poi lo tradì per un Adone! — ma, pur concedendo che la virtù di costei avrebbe saputo resistere a ogni seduzione, egli temeva d'essere menomato nel concetto di lei, di dover necessariamente scapitare ai suoi occhi quando ella avrebbe conosciuto un vero Adone.

      [pg!17] Un giorno essi andarono insieme a Schönbrunn. Provveduti d'un permesso, visitarono il Palazzo d'estate. Nella corte, mentre stavano per avviarsi alla scalea, apparve dinanzi alla coppia amante un militare, un alfiere delle Guardie del Corpo. Ermanno Raeli soffermossi, turbato dalla maraviglia. Quell'uomo aveva la bellezza d'un Dio. Alto oltre la media, e tanto che appena un poco più sarebbe parso sgraziato, la sua dominatrice statura, il portamento marziale, la stupenda proporzione delle membra, la felice armonia dei lineamenti, l'agile forza che rivelavasi all'incesso, alle mosse; la delicata morbidezza della carnagione, la serica biondezza dei capelli e dei baffi, la dolce e nobile espressione degli occhi, le stesse smaglianze della divisa che non pareva sovrapposta alla persona ma far tutt'uno con essa, mortificavano ed avvilivano ogni altra figura, intorno a lui. Ed Ermanno, con una stretta acutissima al cuore, sentiva di non valere più niente, d'esser meschino, povero, inutile, spregevole; ma tuttavia il senso di felicità che la vista di quella miracolosa creatura gli procurava, il sentimento estasiato che lo invadeva quasi contemplando una sublime opera d'arte, erano ancora più forti della sua umiliazione. Se in lui, uomo, rivale, si produceva un effetto tanto profondo, che cosa doveva provare l'amica sua?... Egli si volse verso di lei: la donna non esprimeva meraviglia alcuna. Quando il militare, allontanatosi, non potè più udirli, le domandò:

      — Hai visto che bella figura?

      Ella rispose semplicemente:

      — Sì, molto bella.

      Più tardi, quando furono proprio soli, intimamente, egli tornò a interrogare:

      — È proprio vero che sei rimasta indifferente dinanzi a quell'uomo?... Ne vedesti mai di più belli?... Non è possibile che tu non abbia nulla provato!...

      Ella continuò a rispondere che gli era parso molto bello, che non rammentava d'averne visti altri così, e che aveva appunto pensato: «Ecco propriamente un bell'uomo!....»

      [pg!18] Ma da quel giorno egli non la lasciò più in pace, cupido di sapere. Le descriveva con calore la divina bellezza del militare, le domandava se lo avrebbe amato; ella rispondeva che le persone non si amano così, per averle viste a pie' d'una scala. Le diceva ancora:

      — Se io sembro una marionetta, vicino a lui, come ti posso ancora piacere?

      Ed ella rispondeva:

      — Tu non mi piaci soltanto, ti amo.

      — Riconosci dunque che è più bello di me?

      — È bello come una statua. Le statue s'ammirano, non si amano.

      — Se non amassi me?...

      — Che idea!

      Gli sfuggiva; ma Raeli sentiva che in fondo al pensiero di lei c'era qualcosa che ella non diceva, che non voleva dire. Naturalmente la paura di offender l'amato, di perdere la stima di lui, la vergogna e il morale pudore le impedivano di rivelare il proprio sentimento, di confessare che la sola venustà della forma bastava ad accendere il suo desiderio. Ermanno voleva però ad ogni costo ottenerne la confessione. E una volta, in uno di quei momenti che ogni pudore è dimenticato e la sincerità trionfa di tutte le vergogne, dopo aver ripreso a descrivere, ammirato, la bellezza del militare, egli le domandò improvvisamente, prendendole una mano, guardandola negli occhi:

      — Ascolta: se io partissi, se tu non avessi più notizie di me, se fossi come perduto, come morto per te; se in queste condizioni tu ti trovassi sola con lui e se egli ti cadesse ai piedi, che cosa faresti?...

      Ella liberò la mano dalla stretta, chiuse gli occhi, portò le mani agli occhi chiusi, stette un istante così, in silenzio, come per raccogliere tutta la propria pazienza contro l'offensiva insistenza dell'amico suo; poi, molto piano, rispose:

      — Non me lo domandare...

      [pg!19]

       Indice

       Mia cara amica,

      E va bene! Ancora una volta ella ha ragione!... Noi dovevamo discutere se l'impero della bellezza è maggiore del prestigio del genio, e per dimostrare che il genio è posposto alla bellezza io le ho riferito il sentimento d'una donna che del genio non poteva comprendere il valore. «Questa vostra signora Woiwosky, per vostra stessa confessione, non aveva ancora idea d'una sensibilità squisita, d'una imaginazione feconda, d'un intelletto acuto come quelli del vostro amico. Ed aveva avuto altri amanti prima di lui, e lo tradì: come volete dunque che io la prenda sul serio? Era, evidentemente, una di quelle disgraziate che non obbediscono se non agli istinti, che ignorano il mondo superno dei sentimenti e delle idee: e vi meravigliate, allora, che un paio di baffi biondi la titillasse e che ad un paio di baffi biondi ammettesse di poter sacrificare un'anima come quella del vostro amico? Ma se voi volete provare che la musica è superiore alla pittura, fatemi un poco il piacere di non addurmi il giudizio d'un cieco!...»

      [pg!20] E se io le dicessi, contessa, che rispetto al genio tutte le donne sono cieche?... Ella non si offenderebbe di questo giudizio; perchè, se noi non andiamo spesso d'accordo, molte volte ella ha riconosciuto, con una schiettezza che non so se faccia più onore alla sua intelligenza o alla sua modestia, l'intellettuale inferiorità delle donne. Così stando le cose, se la mente muliebre non vive nè arriva alle altezze dove il maschio intelletto opera e spazia, che cosa importerà alle donne la grandezza intellettuale? Che cosa faranno esse di ciò che non intendono?... Naturalmente, noi metteremo da parte le eccezioni. Nè mi dica che la galanteria mi suggerisce questa concessione. Io non commetterò ora l'insulsaggine di lodare l'intelligenza di lei; ma, se dobbiamo discutere il nostro problema, il quale, mentre mi pareva risolto con un assioma, sta per diventare — grazie alla sua ostinazione! — un apòro, io le ripeterò che alle donne di molta levatura sicuramente la grandezza importa più della bellezza; farò anzi di meglio: le riferirò il motto d'una non volgare Amatrice dinanzi a cui qualcuno, riferendo certe fortune galanti di Guy de Maupassant, diceva, quasi per giustificarle, che il grande scrittore era anche un bell'uomo.

      — Chi si chiama Maupassant non ha bisogno di essere bello, — rispose costei; ed ella batta pure le mani, si giovi fin che vuole di questa risposta: io debbo dichiararle che questi ed altri simili esempii sono tutti esempii dell'eccezione, non mai della regola. Esempio della regola è quello che racconta Chamfort e che ella mi permetterà di riferirle. Il filosofo Elvezio era, da giovane, bello come l'amore. Una sera che se ne stava, al teatro, tranquillamente seduto vicino alla celebre Gaussin, un molto ricco e noto banchiere venne a dire all'attrice: «Mademoiselle, vous serait-il agréable d'accepter six-cents louis, en échange de quelques complaisances?...» L'attrice rispose, forte abbastanza perchè il giovane filosofo potesse udire, e additandolo: «Monsieur, je vous en donnerai deux-cents, si vous voulez venir demain matin chez moi avec cette figure-là...»

      [pg!21] La regola, signora mia, è che al più gran numero delle donne il genio importa poco e che quasi tutte gli preferiscono un bel viso. Se noi enunzieremo il nostro psicologico problema così: «Dato un uomo di genio, il quale sia anche un bell'uomo, trionferà egli più presto per il suo genio o per la sua bellezza?» io dico che la soluzione non può esser dubbia: la bellezza eserciterà l'azione più pronta ed efficace. E se le ho dianzi citato un esempio storico, glie ne aggiungo un altro che non è storico ancora, ma sarà tale, perchè riguarda un genio non meno grande nell'arte di quel che fosse Elvezio nella filosofia. Stia un poco attenta: la storiella che le narrerò è una delle più graziose

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