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la voce di Roberto, e si nascose, com'Enrica gli aveva indicato.

      Roberto si era inginocchiato dinanzi alla giovane e le diceva:

      —Un'altra cosa mi ha colpito: il trovarti così accasciata, così disfatta. Qual è il motivo?… Che cosa ha logorato una parte della tua floridezza?

      Enrica mostrava che quelle osservazioni la annoiassero.

      —Ma tu sei sempre bella, anche così,—aggiunse l'innamorato, che l'attirava a sè, le premea la vita, i ginocchi: e lo invadeva un fremito al sentire, sotto l'abito leggerissimo indossato da Enrica, non ostante il pallore e la stanchezza del volto, molto più della sua floridezza ch'egli non avrebbe pensato.

      —Però vorrei sapere il motivo perchè sei sì affranta e sì debole…—continuava.

      Enrica cercava allontanarlo da sè: e finalmente gli disse, tanto per guadagnar tempo, e perchè realmente ciò voleva, in estremo, alla disperata, se altro partito non riuscisse:

      —Ecco qual è il mio pensiero. Tu devi ripartir subito… e per un lungo viaggio. Fa di star lontano ancora da questi luoghi tre, quattro anni, di crescere in grado, in fortuna…. Io aspetterò…. Lascia che si parli di te, di ciò che farai: mio padre ne avrà certo compiacenza. Egli, se può esser rigoroso, intrattabile su certi punti, è poi abituato a considerare tutti i suoi servitori come della sua famiglia…—aggiunse con qualche sprezzo.—E chi sa non perdoni, quando la sua collera abbia anni per raffreddarsi.

      Non stiamo a dire se Roberto fosse turbato.

      —Io sono già tua sposa dinanzi a Dio,—continuò la dissimulatrice,—lo sarò un giorno dinanzi a tutti…. In questi anni saprò trovar un momento propizio per parlar a mio padre; mi getterò a' suoi piedi: gli racconterò ciò che fu: ch'io ti scelsi, non già che tu mi prendesti a forza….

      —Basta, Enrica,—esclamò Roberto con voce concitata, vibrante di rabbia, di passione, di disgusto.—Ho tutto capito in un istante…. Tu sei una traditrice….

      E i suoi occhi corruscavano: e le sue mani or si accostavan verso

       Enrica, or egli le ritraeva come inorridito.

      —Tu vuoi perdermi: tu speri che in tre, quattro anni, io, che esco ora per miracolo da un naufragio, possa lasciar la vita…. Oh!…

      E, scorgendo che Enrica non faceva alcun energico segno di diniego:

      —Creatura perversa,—continuò,—sento che tu farai la rovina di me e de' miei…. E l'ho più volte sentito nella mia solitudine…. Già, fin dal principio, fin da' giorni delle nostre ebbrezze, la tua bellezza, la tua avidità del piacere, la crudeltà che avevi spiegato contro di me, mi facevan paura….

      Avea i capelli irti, il sudore gli grondava dalla fronte, si muoveva com'un uomo che non sa più dominarsi.

      —Senti,—disse, prendendo Enrica per le mani e costringendola ad alzarsi,—io potrei farti cadere in ginocchio: poichè tu sei qui davanti al tuo vero signore: all'uomo che ti ha posseduta e che ti vuole possedere per sempre…. Ciò è irrevocabile!… Non ho più la mia ragione: tu me l'hai tolta: sono in preda a una vertigine tremenda…. Nella mia famiglia abbiamo nelle vene le fiamme del vulcano: e, in questo punto, vedi, mi salgono al cervello…. Io ti faccio ormai due proposte: le uniche ch'io possa e voglia farti nell'estremo cui siamo giunti: o tu ti risolvi a partir subito con me… so una strada che ci menerà in un attimo fuori del parco… ti alzerò io sulle mie braccia sopra un muro… e fuggiremo senza che nessuno ci veda…. Usciremo dai possessi del duca: ti porterò subito palesemente a Napoli… come mia moglie… e vi saremo in poche ore. Tu entrerai in una casa, ove è preparata la camera nuziale…. E il duca verrà là, se vuole e se crede, a strapparti dalle mie braccia…. Vedremo!… Acconsenti?…

      Enrica non avea più parole; cercava con occhi furenti l'aiuto, aspettato: dentro di sè scherniva quell'uomo forte, entusiasta, che pur, ella confidava, dovesse esser vittima degl'intrighi preparati da una debole donna. E Roberto lesse ne' suoi sguardi quel furore e quella fredda malignità.

      —Non acconsenti?—esclamò con voce cupa, e scuotendola con una stretta vigorosa.—E bene… ci getteremo tutt'e due in quell'abisso,—e la trascinava verso il ponte,—il mare c'inghiottirà: inghiottirà la mia immensa passione, la tua ferocia, il tuo tradimento…. Ti concedo soltanto due minuti di tempo per dir la tua scelta!… Creatura sleale…. Io ti punirò del male che avresti potuto fare a tanti….

      —E chi vi dà questo diritto di punire?—gridò il conte di Squirace, facendosi innanzi, e agitando lo scudiscio che aveva in mano.—Con qual diritto avete osato alzar gli occhi sino alla duchessa, voi, il figlio d'un suo villano?… Ho tutto udito, Roberto Jannacone!

      —Signor conte, voi arrivate in mal punto,—rispose Roberto concitatissimo.—Non curo le vostre ingiurie: sono quelle d'un uomo indegno di stima, d'un gentiluomo che si disonora, appiattandosi per ascoltare un colloquio. Vi disprezzo tanto che non saprei come addimostrarvelo…. Ma prendete un buon consiglio: tornate per la vostra strada….

      —No, villano!… Io rimarrò qui per tutelare la purezza, l'onore, la vita della duchessa: per ricondurla a suo padre e salvarla dalle mani di un assassino….

      —Signor conte,—ribattè Roberto, pestando un piede,—non abusate della mia pazienza! Essa non è molto grande!

      —Venite con me, signorina,—aggiunse il conte di Squirace, porgendo il braccio ad Enrica, che subito vi si appoggiò.—E continuò:

      —Io ardo di raccontare al duca, a tutti, le prodezze di questo ladro, che dopo aver tentato, costringendovi a un matrimonio infame, profittando della vostra inesperienza, impadronirsi d'una parte delle ricchezze del duca, ora vi minacciava di morte. Il villano non è agitato dal delirio di posseder voi; come tutti i pari suoi, cupidi, avari, insidiatori dell'altrui, egli mira al vostro scrigno…. Diciamo tutto al duca: e a voi, signorina,—esclamò il nobile rifinito,—offro io il mio nome per riparare un passato, in cui non avete nessuna colpa….

      Roberto rivolgeva per la mente i pensieri più truci. Gli era sembrato a un tratto che lottava col conte di Squirace e che le sue mani erano lorde di sangue.

      Enrica vedea ben avviati i suoi disegni: voleva spingere quella scena più oltre, inasprire il conflitto; e con arte infernale, soggiunse:

      —No, signor conte, voi non direte nulla a mio padre… ve ne supplico… morirei di dolore e di vergogna….

      —No: il duca, almeno, deve saper tutto: e insieme concerteremo il modo di schiacciare questo… rettile velenoso!

      E, senza sapere ciò che faceva, il conte alzò il suo scudiscio su

       Roberto.

      Il vaso, già pieno sino all'orlo, traboccava.

      —Signor conte,—disse con voce rauca Roberto,—trovate modo di darmi una soddisfazione pronta, immediata anzi: domandatemi scusa del vostro affronto: umiliatevi dinanzi a me e a Enrica: placatemi,—seguitò con spaventosa freddezza,—io ho già la febbre d'avervi tra le mie mani…. Ho sete del vostro sangue….

      —Sì,—interruppe pronta Enrica,—egli può parer vile d'aver sopportato da voi sin ora tanta insolenza! Roberto non può esser vile: nè forse potete, voi, gentiluomo di nascita, domandargli scusa.

      —E che scusa,—rispose il conte,—che soddisfazione volete io conceda al figlio di Ciccillo, il quale ingannava mio padre, vendendogli, come buona, pessima biada per i nostri cavalli? Il duca penserà a esercitar giustizia su questo villano…. Con la sua influenza può farlo intisichire nel fondo di un carcere: può farlo ammazzare, come si ammazza una bestia nociva: e accomodar tutto senza che nessuno si disturbi…. È gente si vile che la loro carne val meno di quella d'un quadrupede…. Va', canaglia, va'….

      E alzò di nuovo il suo frustino.

      Roberto si contorceva, si divincolava.

      Allorchè

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