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ne studiano l'accampamento, osservano la maniera di allestire i cammelli; l'aspettano al varco, e allora, la sera o il mattino, quando mercanti, servi e cammellieri sono occupati a scaricare o a caricare le tende, le casse, il mobilio, la cucina, i viveri, le mercanzie, o nel momento che si prendono un po' di riposo, un po' di cibo, o appena desti dal sonno, gli Arabi, ad un cenno del loro Capo, si slanciano contro di loro, uccidono quanti si oppongono all'improvviso loro assalto e tutto portano via, non lasciando colà che un campo di morti.

      Qualche anno prima del mio arrivo nel Sudàn, una grossa carovana, composta di 120 uomini e 200 cammelli, cadde vittima d'una insidiosa aggressione degli arabi Benì-Geràr. Un solo uomo, di nome Abd-El-Kàder, ebbe la sorte d'aver salva la vita e di poter dare esatti ragguagli del crudele e pietoso avvenimento.

      La carovana, partita da Dòngola, era diretta a El-Obèid nel Kordofàn, ove trasportava merci provenienti dall'Europa e dall'Egitto, e datteri di Nubia. Essa si trovava vicina al pozzo Bir-Uày, ove si sarebbe accampata; quando 600 Arabi dei Benì-Geràr, montati sopra 300 cammelli e guidati da un Capo de' più arditi, passarono un po' a sud del pozzo allo scopo di sorprendere e derubare i Kubabìsc del numeroso loro gregge che intorno a quei luoghi da qualche giorno pascolava. I pastori però ch'erano alla custodia di quel bestiame non appena ebbero qualche sentore dell'avvicinarsi dei Benì-Geràr, lasciarono quel posto e s'avviarono verso il pozzo di Elài, che dista da Bir-Uày un giorno e mezzo circa di cammino. E quando i Benì-Geràr s'accorsero della ritirata dei Kubabìsc, due esploratori annunziarono al loro Capo la venuta della carovana al pozzo Bir-Uày. Quindi il Capo adunò la sua gente per chiedere se fosse miglior partito quello di dar tosto l'assalto alla carovana, o l'altro di seguir prima le orme dei Kubabìsc e impadronirsi dei loro bestiami. E tutti furono d'avviso di mover tosto verso il pozzo di Elài, imperciocchè la carovana per tre giorni almeno sarebbe rimasta al pozzo Bir-Uày per ristorarsi delle fatiche del viaggio e per dar riposo e nutrimento ai cammelli.

      Partíron subito, e dopo alquante ore di buon trotto giunsero in Elài, ove il gregge dei Kubabìsc non era custodito che da qualche vecchio e da alcuni giovinetti, i quali, come videro i Benì-Geràr, si diedero alla fuga. I Benì-Geràr s'impadronirono di tutto il bestiame e lo incalzarono verso Bir-Uày, ove arrivarono dopo due giorni. Colà si misero in agguato, presso la carovana, dietro a due lunghe colline di sabbia aspettando il momento opportuno per assalirla.

      I mercanti frattanto coi loro servi vivevano sicuri, tranquilli, allegri almanaccando intorno ai guadagni che speravano ricavare dal traffico delle loro mercanzie.

      La vigilia del giorno fissato per la partenza, colui che soleva dirigere la carovana diè l'ordine di riunire i cammelli ch'erano sparsi qua e là, lasciati liberi di pascere gli arbusti spinosi della vallata. Tutti furono rinvenuti ad eccezione di un solo, che apparteneva a un mercante, il quale non poteva darsi pace d'averlo perduto; e vedendo appressarsi la notte, comandò a un suo schiavo di ricercarne le tracce e di seguitarle finchè l'avesse trovato. Lo schiavo, riconosciute le pedate, rinvenne il cammello del mercante, ma presso i Benì Geràr, i quali, come del cammello, divennero padroni anche dello schiavo.

      Frattanto il mercante, passate alcune ore, vedendo che oltre il cammello anche il servo era scomparso, voleva egli stesso mettersi in cerca dell'uno e dell'altro; ma il suo amico Abd-El-Kàder: no, disse, è notte, e temo che tu smarrisca la via; andrò io, che sono un po' più pratico del deserto.

      Abd-El-Kàder aspettò che tutti si fossero ritirati nelle loro tende; si ravvolse in una cappa bianca, e con un triste presentimento nell'anima si diresse pian piano a quella parte verso la quale s'era incamminato lo schiavo. — In tutto l'accampamento regnava un silenzio profondo. — Dopo circa un quarto d'ora, salì sopra una collina di sabbia, discese, traversò una stretta valle, ove qua e là vedeva qualche macchia nera. — Erano cammelli accosciati. — Ebbe allora per un momento la tentazione di rinunziare all'impresa di procedere più innanzi; cominciò a sospettare d'un'imboscata, e temeva d'essere sorpreso da qualcheduno dei nemici. Ma la curiosità vinse la paura e tirò avanti in punta di piedi, finchè trovossi sur una seconda collina e vide a un tratto brillare davanti a' suoi occhi i fuochi accesi dei Benì-Geràr. — L'oscurità della notte lo proteggeva; egli potè arrestarsi un istante; contò press'a poco i fuochi e gli uomini; si stese in terra, e tese l'orecchio; udì confusamente qualche discorso che gli parve si riferisse alla sua carovana; e tutto commosso di ciò che aveva veduto ed udito tornò frettoloso e tremante all'accampamento de' suoi.

      Tutti erano quieti nelle loro tende; solamente l'amico l'attendeva con qualche buona notizia; ma quando intese ciò ch'eragli avvenuto: ci siamo, sclamò; ora convien pensare a salvarci.

      Furono tosto chiamati a consiglio i mercanti, i servi e i cammellieri, ai quali Abd-El-Kàder raccontò ogni cosa e gli invitò a una pronta deliberazione.

      Ecco i due quesiti proposti: «dovrem noi partire stanotte?... o sul far dell'alba?...

      Meglio sarebbe stato, secondo il parer mio, appigliarsi al primo partito. I mercanti però risolsero di differire la partenza allo spuntar del giorno, poichè nella notte, com'essi dicevano, il grugnito de' cammelli avrebbe svegliato i nemici, i quali sarebbero accorsi per impedire che fossero caricati. — Ma il grugnito de' cammelli, io dico, gli avrebbe pure svegliati all'alba, quando fossero stati addormentati. — Meglio era partire la notte, perchè allora i Benì-Geràr dormivano senza dubbio; avrebbero dovuto quindi svegliarsi, accordarsi, riunire i loro cammelli; la qual cosa richiedeva tempo e presentava maggiori difficoltà fra le tenebre della notte. Oltre a che la carovana, se fosse riuscita a partire prima d'essere assalita, poteva mutar direzione nel suo cammino e rendere così malagevole al nemico l'inseguirla; e nel caso fosse stata raggiunta, essa avrebbe potuto opporgli una resistenza assai meno pericolosa che durante la lunga e faticosa operazione del suo allestimento, il quale sarebbe stato certamente interrotto dagli Arabi all'alba del mattino. Di fatto, mentre un po' prima dell'aurora i cammellieri, i servi e i mercanti stessi s'affaccendavano a mettere in pronto la carovana, duecento Benì-Geràr montati sopra cento cammelli sboccarono nella valle, e al primo vedere la loro preda saltaron giù dalle cavalcature, e sparpagliati in un grandioso disordine, agitando convulsivamente le lance, imprecando, e mandando grida selvagge, le s'avventarono contro come leoni affamati. I mercanti credendo dapprima di non avere altri nemici da combattere tentarono di resistere all'improvviso assalto; tirarono alcuni colpi di fucile contro di loro che non erano armati che di lance: ma, tutt'a un tratto, e nel momento in cui la carovana cominciava a pigliar confidenza nelle proprie forze, cento cammelli da una parte e cento dall'altra trasportarono sul campo di battaglia quattrocento Arabi ancora. Fu quindi un terrore, un'angoscia da non potersi descrivere. La gente della carovana stretta tutt'all'intorno dai Benì-Geràr venne barbaramente trucidata in pochi minuti. Solo Abd-El-Kàder, non avendo ricevuta alcuna ferita, riuscì a gittarsi a terra e a fingersi morto. Ma un Arabo passandogli accanto lo punse leggermente colla sua lancia, e da un movimento che vide lo riconobbe per vivo; lo fece alzare e lo condusse davanti al suo Capo. — La carneficina era già consumata; tuttavia il Capo allettato dall'odore del sangue propose di legarlo a un albero, e così per passatempo di ucciderlo a colpi di giavellotto. — A un segnale del Capo il crudele divertimento incominciò a spese di quel disgraziato. Ma per un singolare accidente, cui il Capo ascriveva a miracolo, dieci o dodici colpi successivi di lancia sfiorarono la pelle di Abd-El-Kàder senza ferirlo gravemente. Il Capo allora stupito esclamò: la tua vita, o amico, è molto dura, o Dio ti vuol salvo. Ebbene! sii adunque libero, e vattene pure ove meglio ti aggrada. — Abd-El-Kàder che da quel momento era libero, ma libero in mezzo al deserto, senza camicia e senza cibo, stette fermo al suo posto. — E dunque! gli domandò il Capo, tu non pensi di andartene? e che altro t'aspetti? — E dove mai, egli rispose, vuoi tu ch'io me ne vada? e come potrò campare la vita senza alimento alcuno? ho io nè manco un otre per conservarvi un po' d'acqua? — Gli Arabi frattanto si dividevano i datteri tolti ai mercanti; e per far giuste le parti li contavano ad uno ad uno. — Il Capo quindi, messa la mano in una cesta, ne prese trenta e li consegnò ad Abd-El-Kàder, a cui diede pure un vecchio otre, e poi gli disse: or vattene; che ti guidi Iddio e che ti benedica. — Abd-El-Kàder, incerto della via che avrebbe dovuto

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