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Fra Tommaso Campanella, Vol. 2. Amabile Luigi
Читать онлайн.Название Fra Tommaso Campanella, Vol. 2
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Автор произведения Amabile Luigi
Жанр Зарубежная классика
Издательство Public Domain
Intorno a Cesare Pisano, che il Nunzio aveva nella sua lista qual clerico, e il Governo riteneva doversi continuare a trattare qual laico, non sappiamo come si sia veramente proceduto nel tribunale di Napoli: sappiamo solo ciò che ne disse il Nunzio quando venne a conoscere l'esito del giudizio, scrivendone una lettera di lagnanza al Vicerè, nella quale lo avvertiva aver inteso che contro del Pisano «si procede con tanto rigore per il capo della ribellione, che senza ammettergli ne anche la probanza del Clericato è stato condannato à morte». Forse il tribunale stimò che avesse confessato abbastanza, e che invece di far nascere la quistione giurisdizionale col rumore di nuovi esami e nuovi tormenti, fosse preferibile dare un saggio di vigore confermando la condanna ed eseguendola senza curarsi d'altro. Lo argomentiamo dal conoscere la prolissa maniera di rispondere, che il Pisano era solito di usare ne' suoi interrogatorii, onde non sarebbe mancata poi la citazione di qualche notizia tratta da un nuovo interrogatorio, laddove questo ci fosse stato.
La condanna di Maurizio, e così pure quella analoga del Pisano, doverono pronunziarsi o almeno decidersi nel Consiglio Collaterale il 10 o 12 dicembre, poichè il 13 già si trasmetteva a Madrid la notizia di prossime esecuzioni. Difatti pel giorno 20 si allestiva certamente l'esecuzione di Maurizio, e molto probabilmente anche quella del Pisano, onde il Nunzio nel giorno 19 potè conoscere che costui era stato condannato a morte, e potè scriverne in fretta al Vicerè, facendogli notare, che non solo come clerico il Pisano avrebbe dovuto essere giudicato pure da lui «secondo l'appuntamento fatto con S. S.tà», ma anche come molto informato dell'eresie suscitate dal Campanella, «e forse della medesima setta», dovea essere riserbato; «non per campargli la vita, egli scriveva, se merita perderla per il capo della ribellione, ma per riscontro et castigo di quel che appartenesse al S.to Officio», supplicandolo di «non permettere che la causa della ribellione humana si solleciti tanto che pregiudichi à quella della ribellione divina, perchè si sarà in tempo di castigar l'una et l'altra»36. Il Vicerè sospese allora la faccenda in quanto al Pisano, per farla sopire e darle poi corso più tardi a modo suo, di sorpresa. Rispose al Nunzio in termini generali, che in tutto ciò che si poteva servirlo, stesse certo, che lo si farebbe, e sarebbero liberati coloro che non paressero colpevoli in delitti così gravi, etc.37; non prese quindi alcuno impegno determinato, ed egualmente fece allorchè più tardi il Nunzio glie ne parlò, dimostrandogli che bisognava sempre mantener vivo il Pisano per riscontro delle cose del S.to Officio, anche quando i suoi Ministri non lo ritenessero clerico, come non lo ritenevano perchè non avea nemmeno indossato l'abito clericale «non ostante che mostrasse di haver preso gli anni passati gli ordini minori»38. Il Vicerè non lasciò intendere la sua opinione, e frattanto, con molta unzione, si diè premura d'intercedere a Roma, perchè fosse assoluto il Principe di Scilla, già scomunicato per l'affare di Marco Antonio Capito dal Vescovo di Mileto.
Ma in quanto a Maurizio, il 20 dicembre si andò per l'esecuzione; se non che una circostanza affatto impreveduta la fece poi sospendere per quel giorno. Massime il relativo documento da noi trovato nell'Archivio de' Bianchi di giustizia, ed inoltre una lettera del Residente Veneto, ce ne dànno sufficienti particolari. Giusta la consuetudine, il condannato doveva uscire dalle carceri della Vicaria, ed a spettacolo pubblico traversare una gran parte della città, percorrendo la via oggi detta de' Tribunali, scendendo pel vico Nilo (che perciò dicevasi «degl'Impisi» e fino a' giorni nostri fu detto «Bisi»), per dirigersi di là alla piazza del Mercato, ovvero scendendo per la via di Toledo e girando presso Palazzo (e ben s'intende che qui si parla del Palazzo vecchio), per dirigersi alle adiacenze di Castel nuovo. Maurizio fu egli pure tradotto dapprima alla Vicaria, e poi di là, sopra un carro, certamente perchè inabilitato a muoversi dietro le torture sofferte, facendo il lungo giro sopraindicato fu tradotto «a vista del Castel novo»; ma giunto sotto la forca egli dichiarò di voler rivelare ogni cosa, ed allora l'esecuzione fu sospesa. Ecco come il fatto trovasi esposto nel Registro de' Bianchi di giustizia: «et à di xx di xbre se andò in Vicaria con tutta la compagnia, et uscì la giustitia sopra un carro, et essendo già sotto la forca se risolse detto Mauritio confessare et rivelare li complici della ribellione, et così non si eseguì la giustitia et ritornò in Vicaria con essersi trattenuta la compagnia un pezzo dentro la chiesa di Monserrato»39. Come mai Maurizio fece questa risoluzione? Egli stesso nelle sue ultime rivelazioni a' Delegati del S.to Officio, sul punto di essere definitivamente condotto alla forca, lo spiegò in questi termini: «Io sapendo che frà Thomaso si era esaminato contra di me, havendo io avuto più volte la corda, non hò voluto mai dire cosa alcuna contra di essi frati, è si bene poi hò ditto la verità, è stato perche sono stato consigliato che era obligato a dirlo per scarico dela mia conscientia, si come me hà ditto lo mio confessore dela Compagnia di quelli che confortano quelli che si vanno à giustitiare»40. Non altrimenti ne scrisse pure a Roma il Nunzio medesimo quando era già cominciata la causa degli ecclesiastici, ed egli, come Giudice di quella causa, poteva e doveva saperlo: «condotto alle forche si risolvette à dire spontaneamente, et per scarico di conscienza, tutto quello che sempre haveva negato nei tormenti»41. Inoltre, poco dopo l'accaduto, come vedremo più sotto, il Residente Veneto ne fece relazione al suo Governo negli stessi sensi, aggiungendo
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1. o Ne' Reg.i
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Il feudo di Burgorusso, già difesa per le razze de' cavalli di Corte sotto gli Aragonesi, concesso poi al Conte di S.a Severina, era passato fin dal cadere del 1400 a Geronimo de Connestavulo subfeudatario del d.to Conte, e Francesca de Connestavulo lo recò in dote a Gio. Francesco Morano fin dal principio del 1500; era quindi già da un secolo posseduto da' Morano, onde poi con D.a Camilla Morano passò al Sances sud.to che divenne anche Marchese di Gagliato (ved. Reg.i delle
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Ved. Doc. 78, pag. 59.
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Ved. Doc. 79, pag. 59. Questa copia di biglietto Vicereale senza data e senza indirizzo, ma inserta fra le lettere del periodo di cui trattiamo nel Carteggio del Nunzio, ci pare appunto che rappresenti la risposta del Vicerè alla lettera anzidetta.
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Così scrisse poi il Nunzio a Roma con la sua lettera del 21 gennaio 1600; ved. Doc. 83, pag. 60.
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Ved. Doc. 239, pag. 125. Chi conosce Napoli sa che la Chiesa di Monserrato trovasi all'ingresso dell'attuale Strada di Porto e di rimpetto alla torre del Castellano.
40
Ved. Doc. 307, pag. 256.
41
Ved. Doc. 84, pag. 61.