Скачать книгу

per prendersela colla padrona di casa:

      — Già, la colpa è tutta della principessa. Che rispetto volete che s'abbia, quando si danno certi esempi!... Lei non vive che per il giuoco, il cugino mangia alle sue spalle, chi va e chi viene!...

      — Grazie! — diceva il cavaliere Fornari al cameriere, allontanando il vassoio col gesto. — In fatto di liquori, non mi contento che della mia sciartrosa. Oggi, sotto un cartellino fiammante, vi danno un po' d'acqua inzuccherata...

      E si voltava a criticare la composizione dei menus del Grande Albergo con Filippo Mordina, un povero diavolo sul cui viso magro e patito si leggeva la fame.

      — Non pensa che a mangiare e a bere! — faceva osservare il professor Quartini al pretore Restivi. — Ma il pretore Restivi, rincantucciato nell'angolo del divano, con la testa reclinata sulla spalliera, dava al suo interlocutore uno sguardo spento, fra le palpebre socchiuse, poi le richiudeva nuovamente e ripigliava il sonno interrotto. Dall'altro lato del divano, don Felice Giordano sonnacchiava anche lui, quando sua moglie veniva a destarlo bruscamente, sul punto di andar via:

      — Che modo è questo di stare in società? Dove hai imparato l'educazione?...

      A poco a poco la gente se ne andava e le sale restavano vuote, illuminate a giorno, nella notte alta. Nella stanza dei giuocatori le candele finivano di consumarsi, con una fiamma lunga, rossastra, illuminante le faccie gialle o infocate. La principessa trangugiava la terza o la quarta tazza di caffè. Al profondo russare del Restivi rispondeva in cadenza, come un'eco, il ronfo leggiero, inquieto, del cameriere nell'anticamera.

       Indice

      Alla luce del giorno, i guasti prodotti nella casa della principessa apparivano da ogni parte. Sui divani, sulle poltrone, il grasso delle capellature aveva messo delle macchie nerastre nel rosso cupo, nel giallo, nell'azzurro delle stoffe, i cui piccoli strappi andavano allargandosi, scoprendo qua e là la ruvida tela; i tappeti erano costellati di sputacchiature, cosparsi di mozziconi di sigari calpestati, di fiammiferi spenti, di ogni sorta di residui; le dorature delle porte si discrostavano; le tende cadevano a lembi; le seggiole zoppicavano; nell'anticamera i mattoni rotti, distaccati, risuonavano sotto i passi: una rovina lenta e continua.

      — Un giorno o l'altro bisognerà rifare ogni cosa!

      E chiusa nella sua camera, insieme coll'amministratore, una bella mattina la principessa si occupava finalmente dei suoi affari.

      — Avete fatto i conti della Falconara?

      — Principessa, non ho avuto tempo. Sa che il mio romanzo è cominciato a pubblicarsi nell'appendice dell'Imparziale?

      — E le cambiali?

      Ma don Peppino, col capo alla letteratura, non sapeva mai la situazione precisa della casa, e chiamava Agostino Giarrusso, il contabile, per esserne informato.

      — Le cambiali di Strignoni scadono il mese venturo; quelle della Banca l'altro mese. Si farà un estratto dell'appendice: la principessa deve promettermi di leggerlo, assolutamente!

      — Sentite, ho bisogno di denari.

      Allora don Peppino lasciò da parte il romanzo.

      — Denari? Dove vuole ch'io li prenda? La proprietà è tutta ipotecata, i creditori non si possono tenere a bada, le terre deperiscono per mancanza di migliorie...

      — Ma l'anno scorso...

      — L'anno scorso? Sa di quanto è cresciuto il passivo, in quest'anno? Di trenta mila lire...

      Sotto l'impressione di quelle cifre, la principessa si disturbava, sinceramente contristata dello sperpero della sua fortuna.

      — Come si fa, un rimedio...

      A un tratto, risuonò il campanello.

      — Padre don Agatino — annunziò la cameriera.

      Allora la principessa non resse più.

      — Fate, fate voi, don Peppino. Vi do carta bianca. Mi raccomando, trovatemi denaro. Scusate, mi aspettano...

      — Vendiamo? — proponeva don Peppino trattenendola.

      — Sì, sì; fate voi...

      — E senta... verrà alla Filodrammatica? Ci sarà una cosuccia mia: La moglie del vedovo, una farsa brillantissima...

      Padre Agatino, appena vide comparire la principessa, agitò in aria un fogliolino di carta giallastra.

      — Questa volta non può fallire; tre numeri d'oro!

      — Sentiamo, sentiamo — disse l'altra, cupidamente ansiosa.

      — Otto, quarantadue e sessanta!

      La principessa chiamò il duca di Santa Cita perchè andasse a giuocarle i numeri.

      — Quant'è la posta?

      — Mettici due onze. Si possono vincere trentamila lire?

      — Non sapete fare il conto?

      — Mi confondo... Trentamila lire, però, sarebbe una bella vincita!... Vinceremo, Ferdinando?...

      Don Ferdinando andò a giuocare per conto suo quelle venticinque lire alla Birreria.

      — La ricevuta? — chiese più tardi la principessa.

      — L'ho messa da parte...

      E come la speranza della vincita la riconfortava, ogni traccia di rimorso si dissipava dall'animo suo, e tornava alle carte con lena rinnovellata.

       Indice

      A carnevale, ogni anno, le frequentatrici del palazzo Roccasciano assediavano di preghiere la principessa, perchè aprisse le sue sale a qualche ballo.

      — Via, si persuada una volta! — insisteva complimentosamente la signora Giacomina Giordano. — Nessuna casa è adatta più di questa; e poi, sotto la sua direzione, sarebbe assicurata la più splendida riuscita!

      Donna Cecilia Morlieri, disgustata, metteva fuori tutto quello che aveva in corpo:

      — Ora viene a farti la corte, dopo averti sparlato che peggio non si potrebbe! Scusa, cara Sabina, ma certa gente io non capisco come tu la riceva...

      — Perchè?

      — Ma perchè questa signora è l'amica di Motta... e tutta la famiglia ci vive su...

      — Chiacchiere! — la principessa difendeva la Giordano — Non dare ascolto alle male lingue. D'altronde, se aspettano il ballo, vogliono aspettare un pezzo. Non ho denari, come debbo dirlo?...

      — Non ha denari? — borbottava la signora Giacomina vicino alle Valdieri — Sfido io! dopo che sta giuocandosi perfino la camicia che indossa!

      — Sicuro! E poi — rispondevano quelle — quando si è in una certa posizione, vi sono degli obblighi. Nostro cugino il conte ha dato una festa, a Trapani, che è stata una meraviglia.

      — Volete dire che se dovesse stare a ricevere gl'invitati non potrebbe, Dio liberi! toccar le carte per una serata!

      — È una vergogna!... Nostra zia la marchesa aveva un abito fatto venire appositamente da Parigi.

      — L'ho sempre detto io, che questa non è casa!

      Ma come la stagione s'avanzava, la principessa si vedeva, con un sospiro di sollievo, sempre meno gente attorno. Ora lei restava padrona di sè, sicura di non esser disturbata. E al rianimarsi del giuoco, tutti ricominciavano a lagnarsi

Скачать книгу