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Albizzi, senza cappuccio, con le vesti scomposte, pallido, lo sguardo fisso, tolto fuori di sè, rabbiosamente spronava, quando ad un tratto gli balza indietro il cavallo, forte squassato pel morso, e una voce minacciosa gli grida:

      «Fermatevi!»

      «Per la Madonna santissima della Impruneta», tutto affannato in suono di pianto supplicava il Commissario, «non mi ammazzate! Non vi mettete l'omicidio sull'anima! Sono un povero marraiuolo... un fante di stalla...; a buona guerra non mi potete toccare un capello..., vorreste dire ch'io sono un nemico preso con le armi alla mano?... Frugatemi in nome di Dio...; io non ho armi... Le vesti... le vesti non mi appartengono. Lasciatemi andare, e ve le darò... mi basta andarmene in farsetto... con i fiorini che troverete in tasca... un riscatto da principe in verità..., ma lasciatemi... lasciatemi per tutti i santi del paradiso...»

      Per quanto s'ingegnasse o dicesse, il cavallo non poteva avanzare, una mano di ferro lo teneva fermo al terreno.

      Vico Machiavelli, quantunque avesse sotto peggior cavallo del Ferruccio, avendo notato più quieto come tirando diritto dentro la macchia si venisse ad acquistare considerabile spazio di cammino, vi si era messo alla ventura, e, trovatala sgombra, potè riuscire ad arrestare il Commissario.

      Quando il Ferruccio ansante ebbe trascorsa la curva descritta dalla macchia ed ormai immaginava il Commissario lontano, con somma sua maraviglia se lo trovò di subito davanti, e, preoccupato com'era, dall'Albizzi in fuori, non gli venne fatto di vedere null'altro:

      «Commissario!... Commissario!...» prese a favellare il Ferruccio, così come l'anelito glielo concedeva; «se alla salute e all'onore della patria non si potesse, come spero, riparare, la tua testa rotolerebbe adesso per la polvere della strada.»

      «O capitano! siete voi! Venite, difendete il nostro Commissario. Voi siete valentuomo, voi, e l'ho sempre detto. Difendete il vostro Commissario; mi vi raccomando...»

      «Vile uomo! difenderti io? Di' piuttosto, perchè fuggi? Così tieni il posto alla tua fede commesso? Perchè hai lasciato Arezzo? perchè?...»

      «Signore! O che anche voi mi uscite fuora nemico? Voi eravate nella cittadella e non potete aver veduto il tumulto della città... Io stavo sopra un vulcano... la terra mi si franava sotto... tutti insorti... tutti armati e minaccianti la morte...; o che doveva far io?»

      «Morire.»

       Questa risposta percosse il Ferruccio, il quale, essendosi alquanto rimesso da quel primo furore, declinò lo sguardo e si accorse della presenza di Vico; onde, geloso com'era della militare disciplina, increscendogli che altri avesse ascoltato le acerbe rampogne profferite contro il Commissario, con mal piglio rivolto al giovane, gli disse:

      «Anche voi qui? Partite.»

      «Ma io...»

      «Partite, vi comando! Davvero, voi andrete molto oltre nel mestiere delle armi, se al primo incontro abbandonate così la vostra bandiera...»

      «Mente per la gola chi lo sostiene», rispose Vico vermiglio fino al bianco degli occhi, traendo mezzo fuori la spada...

      Sentì il Ferruccio a quell'atto superbo commuoversi l'anima, e per poco stette che non lo abbracciasse e baciasse; pur, sempre mantenendo il sembiante severo, riprese:

      «Tornate, Vico, alla vostra ordinanza e quivi con l'esempio mostrate quello che tanto bene sapete raccomandare con parole.»

      Vico, a capo dimesso, traendosi dietro per le briglie il cavallo, mestamente si allontana e pensando come il capitano, di cortese e benigno che gli si era fino a quel giorno mostrato, a un tratto avverso gli si facesse e oltraggioso, sospira nel profondo del cuore, e gli prorompe il pianto dagli occhi.

      Il Ferruccio, accompagnandolo col guardo, non potè impedire che a sua posta gli si velasse di lacrime, perocchè dentro gli si sporgesse un pensiero il quale diceva: Crescono i figli nostri migliori di noi, e forse, ahi! indarno.

      «Dove scorgessi in te parte alcuna di uomo, spécchiati, comanderei, in cotesto giovanotto e vergognati. O casa Albizzi, funesta sempre a Fiorenza, sia che nascano da lei genti feroci, come Pietro, Maso e Rinaldo, o codarde, come sei tu...[48]. Or via, scendi da cavallo...»

      «Voi mi volete uccidere...»

      «Tolgo io forse le sue giustizie al carnefice?»

      «Ma perchè devo scendere?»

      «Perchè quando i Dieci ti deputarono alla salute della patria furono o stolti o ebbri o ribaldi; perchè, durante il tempo che nome conservi e comando di magistrato della Repubblica, ogni turpitudine tua ridonda in onta di lei; e perchè finalmente devi riparare al mal fatto, lasciandoti poi, quando sarai tornato Antonfrancesco Albizzi, facoltà ampia di vivere e di morire infame a tuo senno.»

      «I vostri modi, capitano Francesco Ferruccio, passano il segno...»

      «Taci, obbedisci, o ti taglio la gola.»

      E l'atto col quale accompagnò le parole indusse l'Albizzi a scendere senza farglielo ripetere due volte. Ferruccio si lanciò giù dal suo cavallo ed accennò al Commissario che salisse su quello; dipoi, assicuratosi per questa guisa che Antonfrancesco gli avrebbe tenuto dietro, balzò in groppa al palafreno donde era sceso costui e, tormentandolo nella bocca e nei fianchi, lo costringe ai più strani contorcimenti che mai abbia fatti cavallo nel mondo; — poco dopo lo abbriva di tutta carriera contro le compagnie disperse, le quali come prima ebbe incontrato, cominciò ad esclamare in questa maniera:

      «Che vi caccia, soldati? Procedete in sembianza di fuggitivi, e nessuno v'incalza. — Almeno aspettate, per Dio! che vi sopraggiunga il nemico alle spalle. Il Commissario, ordinandolo i Dieci, comanda la ritirata, e voi fuggite? Davvero io non avrei mai creduto che le milizie allevate alla scuola del signor Giovanni, — le reliquie delle Bande Nere, ignorassero qual corra differenza tra una ritirata e la fuga. I Dieci deliberarono, presidiate le cittadelle del dominio, raccogliere quel cumulo d'arme che si potesse maggiore intorno a Fiorenza... Parvi questo pauroso o improvido consiglio? Su via, ordinatevi, e ben per voi che il Commissario, trasportato lontano da questo mal domo animale, — e qui, ferendolo lo costringeva a inferocire, — non si accorse della vostra vergogna: — presto, — presto, — ordinatavi, che già sopraggiunge, — ognuno al suo pennone; — i sergenti a capo delle compagnie; quattro per fronte; — date nei tamburi; — torni a sventolare la bandiera... Viva la Repubblica! Viva!»

      E quivi nasceva una confusione in apparenza maggiore di prima, ma indi in breve squadronate in bell'ordine comparvero le milizie.

      Intanto il Ferruccio spronando di nuovo alla volta dell'Albizzi, piegato il corpo dalla sella, gli susurrava sommesso all'orecchio:

      «Commissario, la tua onta è coperta, — giustificata la fuga; n'ebbe colpa il cavallo; — dacchè non hai virtù, fa di mentirla; — mostrati in parole valente. Nota bene, contro gl'insegnamenti della milizia io ordinai la ritirata, ed io l'ho fatto a posta onde tu salvi la reputazione di magistrato della Repubblica...; però biasima il comando..., raddoppia di fronte le file..., manda gli archibusieri alla coda..., ai fianchi due squadroni di cavalli per tentare la campagna. L'Altoviti tiene fermo nella cittadella finchè gli basti la vita; — comanda al marchese del Monte, uomo animoso e dabbene, insomma diverso affatto da te, di prendere mille fanti e affrettarsi in soccorso dell'Altoviti. Per onestare la tua infamia, basta che tu mentisca, e di leggieri il farai, imperciocchè i codardi sieno maestri di menzogna. — Addio. — Ora cesso cittadino e, ridivenuto soldato, ti obbedisco.»

      Machiavelli nostro, massimo conoscitore di questa umana natura, scrisse in alcuna parte delle opere sue, difficilmente occorrere uomo del tutto buono, come del pari riesce difficile incontrarlo affatto tristo: però l'Albizzi sentì pungersi il cuore di rimorso profondo più adesso, che il Ferruccio vedeva studioso di giustificarlo, che quando con parole acerbe lo rampognava pur dianzi; e poi cominciava per prova a comprendere quello spirito altissimo; e sè a lui paragonando, lo agitava un gruppo di passioni così diverse, di ammirazione per esso, di avvilimento per sè, di rimorso, di vergogna e di terrore, che il sangue a guisa di marea ora gli si spingeva sul volto, ora, ritraendosi verso il cuore, glielo tramutava in colore di defunto.

      Ma

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