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Non per colpa mia. Un bel giorno alla signorina l’argomento spiacque e lo lasciò. Forse si riprenderà!

      Federico parlò contro i lavori fatti in collaborazione. Un lavoro non poteva essere buono se fatto in due e, se risultava buono, era segno che ogni singolo dei due collaboratori sapeva fare di meglio.

      Alfonso non si sentì il coraggio di sostenere una discussione:

      — Secondo i casi e i temperamenti, credo, — disse modestamente.

      A modi amichevoli fra’ due non si arrivò mai. Alfonso si sentiva specialmente seccato che Federico non sapesse ascoltare e non prendesse interesse che alle cose concernenti la propria personcina o che alla medesima potessero dare maggior risalto. Pensò che anche quella persona aristocratica doveva essere poco abituata a frequentare società e a subirne il peso, perché il primo risultato che si ha dall’abitudine di avvicinare i proprî simili, specie gl’intelligenti, è di saper sopportare la noia delle idee altrui. Bastava questo solo difetto di Federico per dividere definitivamente i due uomini, perché, dal canto suo, Alfonso, — era un frutto della sua ambizione letteraria, — esigeva talvolta di essere ascoltato attentamente. Sospettava che il contegno di Federico fosse tale soltanto in sua compagnia, per disprezzo.

      Anche dopo di aver riconosciuto che non v’era la possibilità di amicarsi Federico, di tempo in tempo veniva trascinato a dei tentativi a questo scopo dei quali unico risultato era il suo avvilimento. L’ultima sera in cui Alfonso dovette trovarsi col fratello di Annetta, nella gioia di vederlo partire, volle usargli una grande cortesia e stringendogli la mano gli disse con dolcezza:

      — A rivederci, signor Federico!

      Federico lo guardò con sorpresa impertinente e poco lusingato della cortesia dell’impiegato di suo padre. Poi s’inchinò anche lui cortesemente, ma non rispose che con un “buona sera” ch’era troppo poco per non essere villano in risposta all’amichevole saluto di Alfonso.

      Neppure dopo la partenza di Federico, Alfonso non seppe affettare con Annetta la freddezza che s’era proposta. Lasciato di nuovo libero, solo con lei, si sentiva troppo bene di poter ritornare ai rapporti di prima per rinunziare volontariamente a quella felicità. Non valse a fortificarlo nella sua risoluzione qualche ammonizione che gli fece Francesca velatamente. Doveva essere molto seccata di vederlo sempre uguale a se stesso. Un giorno ch’egli non seppe trovare la soluzione di un indovinello, ella gli disse:

      — Ella è meno intelligente di quanto io avessi creduto.

      Gli sorrideva per farsi perdonare l’insolenza, ma nella sua voce tremolava ira o impazienza, qualche cosa di violento, mal rattenuto, così ch’egli comprese trattarsi di tutt’altra cosa che dell’indovinello. Poco prima ella lo aveva sorpreso molto vicino ad Annetta, il volto infocato, mentre Annetta aveva la faccia rosea tranquilla, e nello stesso tempo si ricordò che a Francesca la sua attitudine doveva dispiacere. Arrossì e si vergognò.

      L’insistenza di Francesca a rammentargli il suo consiglio finì col fargli temere di costei come se ella avesse avuto il diritto di fargli dei rimproveri. La evitava, e per debolezza, non per proposito, dinanzi a lei trattava Annetta con maggior freddezza come se avesse voluto farle credere di aver finalmente adottato il suo consiglio. Ma Francesca non mancava di spirito d’osservazione e il disdegno sul suo volto pallido non scomparve.

      Quando però egli per caso fu indotto a adottare quel sistema, fu dessa la prima ad accorgersene, anche prima che Annetta stessa, e fece leggere ad Alfonso sul suo volto l’approvazione ch’egli ancora non sapeva di meritare.

      Alfonso aveva giurato, digrignando i denti dall’ira, di vendicarsi di Annetta per una parola offensiva ch’ella gli aveva detta. Una sera ella aveva avuto per lui maggior freddezza del solito. Aveva badato a Macario cui era riuscito di fare dello spirito con bastante fortuna e non s’era occupata niente di lui, ciò ch’era bastato a destare gelosia nell’animo dell’innamorato e come sempre a fargli perdere la parola dallo scoramento. Incorse poi in un errore grandissimo; con un pretesto nullo rimase anche quando Macario se ne andò, mentre Annetta aveva sempre voluto ch’egli usasse la massima prudenza dinanzi a Macario. Non appena si vide solo con essa, volle tirarla a sé, ma ella si difese risolutamente e gli disse con disprezzo:

      — Questi baciucchiamenti mi seccano.

      La frase era molto offensiva. Con essa Annetta metteva a nudo il ridicolo da lui già sentito nella loro relazione e di più ella vi si sottraeva lasciandone tutto il peso sulle sue spalle. Così sorgeva una persona che poteva deriderlo, Annetta stessa.

      Fu allora ch’egli si propose di secondare il volere di Francesca, e per vendicarsi prima di tutto. Voleva ricacciare in gola ad Annetta quelle parole e dimostrarle che, se v’era del ridicolo nella loro relazione, non ne aveva la colpa soltanto lui. Oh! egli ne era convinto: ella aveva bisogno di lui, di quella relazione e precisamente nella forma ch’ella aveva voluto deridere. Anche Francesca era del suo parere, si capiva. Gli dava una grande fiducia l’opinione altrui; senza di questo consenso, anche avendo la convinzione di aver ragionato giustamente, non ne aveva mai tanta da dargli la risolutezza necessaria per agire.

      Poi, messosi risolutamente alla sua parte, si sentì bene. L’ira era ben presto scomparsa in lui, ma egli continuò nel contegno che gli era stato dettato da lei. Avvistasi dell’effetto prodotto dalle sue parole, Annetta subito era divenuta gentile ed egli pensò che ella volesse fargliele dimenticare. Per la prima sera ella non ebbe sorprese. Egli era quale ella aveva voluto che fosse; soltanto sorrise ironicamente quando egli se ne andò stringendole la mano con freddezza. Ella non credeva che la lezione che gli aveva dato servisse per molto tempo, e voleva far credere o credeva che essa per la prima sarebbe stata lieta d’ingannarsi.

      Era stato gentile ma con difficoltà, perché non era facile per lui di ritrovare con Annetta quel tono di amichevole cortesia da lungo tempo abbandonato per il tono di passione che fino ad allora, quando gli era mancato spontaneo, aveva imitato con sforzo.

      Ben presto s’imbatté in altra difficoltà e maggiore. Per continuare la commedia era necessario di trovare un argomento per passare le serate con Annetta senza lasciare ch’ella provasse noia o che egli, pur provandone, — vi si rassegnava, — la lasciasse trasparire. Fino allora gli erano bastate quelle piccole insidie che tendeva ad Annetta per riempire tutto il tempo; gli davano una tensione di nervi che escludeva la noia. Da lungo tempo avevano cessato di lavorare al romanzo e restava bugia quanto avevano detto a Federico soltanto perché mai quando si ritrovavano soli Annetta aveva tralasciato di preparare l’occorrente per scrivere. Fra di loro avevano sempre continuato a manifestare l’intenzione di continuare nel lavoro.

      — Ci mettiamo al lavoro? — chiese ad Annetta.

      Ella approvò, ma poiché egli subito voleva mettersi a scrivere, dovette far cercare una penna. Per manifestare l’intenzione di continuare il lavoro bastava preparare carta e calamaio e non la penna. Con tutto zelo egli si gettò al romanzo perché sarebbe stato per lui una fortuna di poter distrarsi in altre idee e non avere a fare degli sforzi per essere indifferente. Del nuovo fecero poco perché per procedere oltre sarebbe loro bisognato di rileggere tutto il romanzo di cui qualche parte avevano dimenticata. Il fatto era tanto nuovo che trovandosi soli e così vicini Alfonso rimanesse tranquillo senza minacciare, che Annetta prese un movimento di Alfonso per un attacco e, avendo accennato a difendersi, arrossì accorgendosi che l’allarme era stato ingiustificato. Egli comprese il suo imbarazzo e fu quella la volta ch’egli dovette fare il maggior sforzo per non toglierla all’umiliazione ch’egli sentiva come propria. Ma resistette, e per quella sera Annetta rimase imbarazzata, meno disinvolta del solito, e Francesca, che poco dopo sedette al suo solito telaio, ebbe un lieve sorriso di soddisfazione fatto proprio acciocché venisse veduto da Alfonso.

      In luogo di perdere tanto tempo inutilmente col rileggere il romanzo, Alfonso propose e Annetta accettò, di correggerlo insieme, esaminare frase per frase e poi appena terminarlo. Il lavoro era noioso, ma meno pericoloso per le relazioni letterarie fra’ due collaboratori perché nessuno dei due aveva gusti troppo raffinati in fatto di lingua, e Alfonso, per quel poco che l’avrebbe voluta più sobria, si adattava facilmente al gusto di Annetta

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