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il vecchio, cui mancavano altri argomenti, ripeté ch’era stanco di lavorare lui per tutti, ella senza ritegno gli disse che non era vero che lavorasse per tutti e ch’egli guadagnava appena tanto da sostentare se stesso.

      Bastò per far tacere il Lanucci; avvilito, le labbra pallide, gli occhiali fuori di posto, perché male costruiti pendevano a destra quando egli dimenticava di sostenerli, dopo un lungo silenzio disse con dolcezza:

      — Non era per te ch’io parlava ma per quel poltrone. È poi giusto ch’egli viva alle nostre spalle quando persino Lucia trova il modo di guadagnarsi il suo pane?

      La signora Lanucci s’era subito commossa e Alfonso credeva ch’ella già rimpiangesse le dure parole lanciate al marito. Vedendo che il vecchio non voleva ancora quietarsi, ella s’adirò di nuovo e gli gridò imperiosamente:

      — Basta, basta, — gettando un’occhiata ad Alfonso il cui silenzio interpretava sinistramente. Egli invece taceva per commozione e comprendeva la ragione di quei litigi. Prese le parti del vecchio e pregò la signora che gli venisse lasciata la libertà di difendersi. Allora ella, essendo sicura che ad Alfonso la vista delle loro dispute non destava né sdegno né disprezzo, divenne più mite come sarebbe stata da bel principio, se non le fosse importato più di diminuire la cattiva impressione in Alfonso che di offendere il marito.

      — Adesso basta! — ripeté però. — Tu, lo spero, ti degnerai di cercarti un altro impiego e così ogni argomento a litigi fra te e tuo padre sarà scomparso. Forse anche quello che oggi per noi è una sventura, domani può divenire una fortuna. Puoi divenire colui che ci renda un poco più ricchi e quindi più buoni!

      Strinse la mano al marito e le lagrime le vennero agli occhi.

      Al principio della disputa, dimostrativamente e gridando, Lucia s’era turate le orecchie con le mani, e unicamente il contegno di costei disgustò Alfonso. Se lo avesse dimostrato, la signora Lanucci non avrebbe più saputo gioire del compatimento da lui manifestato, perché se temeva di disgustare Alfonso era sempre perché non aveva ancora abbandonato le speranze riposte in lui per Lucia. Le sembrava che se un giovine come Alfonso fosse entrato nella sua famiglia, l’avrebbe riformata, e di più, per quanto Lucia lo negasse, ella supponeva che costei ne fosse innamorata; non le sembrava che potesse essere altrimenti. Ma Lucia aveva i gusti differenti e non sapeva scorgere in Alfonso le virtù che la madre ci trovava.

      Naturalmente, non essendo cieca, da molto tempo le speranze della vecchia andavano diminuendo, ma vivevano sempre. Non ne aveva parlato con la figliuola che quando Alfonso aveva principiato a darle lezioni, e le spiegazioni della madre erano bastate a Lucia per sopportare quell’inferno di professore che le avevano imposto. Ciò era un segno della sua intelligenza, ma ancora maggiore fu quello ch’ella diede abbandonando ogni speranza molto tempo prima della madre. Colpita da qualche atto d’indifferenza di Alfonso, qualche volta la signora Lanucci dichiarava al marito di aver perduto le sue speranze, ma realmente erano anche allora piuttosto movimenti d’ira che di sconforto. Sarebbe stato troppo bello e secondo il comune buon senso era cosa che non soltanto poteva accadere, ma che doveva accadere, perché quando due giovini, amabili ambidue, si trovano continuamente insieme, è inevitabile che prima o poi si amino. Così le speranze della signora Lanucci vissero sempre non comunicate che al marito, a bassa voce, in letto, prima di chiudere gli occhi al sonno e sognarne.

      In casa Lanucci fu dessa la prima a scoprire che Alfonso era innamorato di Annetta. Non la conosceva affatto, e prima che non le fosse divenuta interessante per la passione di Alfonso, ne aveva anche ignorato l’esistenza, ma di quest’amore aveva saputo quasi contemporaneamente ad Alfonso stesso. Lo vide inquieto, di umore variabile; ne trasse la conclusione, per caso giusta, che lo agitava amore, e l’altra che quest’amore fosse ispirato da Annetta Maller. Non le tolse le speranze questa scoperta perché giustamente pensò che la sua passione doveva apportare ad Alfonso molti dolori dai quali avrebbe potuto rifugiarsi fra le braccia sempre aperte di Lucia. Quando Alfonso ancora passava buona parte del suo tempo con essi, ella s’era divertita a fare qualche allusione maliziosa allo scopo di saperne di più, e il contegno di Alfonso fu tanto balordo ch’ella, sulle indicazioni tratte da lui in questo modo, poté persino seguire le fasi per cui passò quest’amore, vicende solite ch’ella caratterizzò all’ingrosso come le sapeva: — Caldo... freddo... disputa… pace… lo amava!

      Lo amava, certo, lo amava! Ella lo aveva letto sulla fronte di Alfonso quella sera in cui egli era ritornato beato dalla visita ai Maller, dopo tre giorni di disperazione in seguito all’avventura con Fumigi. In quei tre giorni ella aveva tutto sperato; dopo, ella fu là là per disperare perché il bacio di Annetta era quasi visibile sulle labbra di Alfonso: gli aveva mutato la fisonomia.

      Ma subito la mattina appresso sperò d’essersi ingannata vedendolo in tinello, a colazione, molto triste. Gli si sedette accanto e con l’aspetto di affettuosa partecipazione gli chiese la causa dei suoi malumori, dei dolori da cui doveva essere travagliato a giudicarne dalla sua fisonomia. Egli rispose tristamente che era indisposto, ma quando la signora con un poco d’ira lo ammonì che delle signorine del gran mondo non bisognava fidarsi perché si compiacevano di lusingare civettando ma che alla fine abbandonano senza riguardi, egli rispose di non comprendere a chi ella volesse alludere perché egli non veniva lusingato da nessuno. Ebbe però un sorriso lieto e sicuro di persona che sa il fatto suo così ch’ella lo lasciò convinta di aver giudicato giustamente la sera innanzi. Annetta gli aveva detto di amarlo e forse lo amava. Per trarne delle conclusioni, ella voleva attendere di sapere che cosa ne pensasse il vecchio Maller, il quale con la sua opposizione poteva restituire Alfonso a Lucia. Comunicò al marito le sue osservazioni e vi appiccicò una lunga ragionata con la quale volle provare a lui, e nello stesso tempo a sé stessa, che Maller non avrebbe dato giammai il suo assenso al matrimonio della figliuola con un impiegatuccio.

      Il Lanucci, invece, udì con gioia dell’avventura di Alfonso. Da lungo tempo egli non divideva più le speranze della moglie e non poteva non gioire di vedere un suo amico divenire il genero di Maller. Egli sarebbe divenuto il protetto di una persona altolocata e riteneva che gli sarebbe bastata una tale protezione per far bene nei suoi affari. Così mentre la Lanucci trattava Alfonso con maggiore freddezza, egli incominciò a dimostrargli della deferenza, e quando la moglie esaminava le parole di Alfonso cercando di vederne afforzate le sue speranze, egli indagava a quale punto Alfonso fosse arrivato, sempre desiderando di ricevere la buona novella che attendeva.

      Anche Lucia divenne più amica di Alfonso, mentre prima, offesa della sua assoluta indifferenza, lo aveva trattato con affettato disprezzo. Mai bella, nell’ultimo tempo era divenuta più piacente; avendo passato l’epoca dello sviluppo, la sua bocca appariva più piccola e il volto quindi più regolare, le manine erano belle, i piedi piccoli sempre elegantemente calzati. Qualche zerbinotto al Corso le aveva fatto dei complimenti, i quali la facevano risentirsi più fortemente dell’indifferenza di Alfonso. Quando le dissero, la madre non seppe tacere neppure con essa, che Alfonso era innamorato, ella divenne con lui più mite perché quest’amore le parve scusasse il suo contegno.

      Gustavo fu il più franco. Andò diritto da Alfonso e gli raccomandò, per il caso che diventasse genero di Maller, di procurargli un posto di fante alla banca ove sospettava si stesse molto comodi. Costui era ancora l’unica persona della famiglia Lanucci che ad Alfonso non dispiacesse. Preferiva anzitutto la sua franchezza alla falsità degli altri, a quelle allusioni che pure per una o per altra ragione non erano disinteressate. Il carattere di Gustavo gli piaceva. Da lungo tempo il giovane Lanucci aveva cessato di lottare contro la propria poltroneria e per risparmiarsi i rimorsi l’aveva elevata a teoria. Così era divenuto tranquillo tanto, che a parlare con lui, vedendolo sempre quieto, contento di sé, senza dubbi, anche Alfonso trovava pace. Nei suoi lunghi riposi, Gustavo aveva fantasticato molto e il bisogno di denaro gli aveva dato delle idee originali e comiche. Il suo buon umore era inalterabile e non cedeva né alle sgridate dei cari genitori (non ometteva mai l’aggettivo), né ai rimproveri degli eventuali principali cui egli sempre attribuiva dei caratteri bizzarramente infelici: — Non sanno vivere! — diceva veramente sorpreso quando li vedeva adirarsi per un disordine in carte che avevano affidato alle sue cure oppure per qualche sua impertinenza. — Uomini che moriranno giovini — oppure: — Ecco un uomo che io non sposerei.

      Macario

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