Скачать книгу

Governo, e contemporaneamente partecipò anche il genere di morte ideato dallo Spinelli per Maurizio (ciò che farebbe credere essergli stato del pari comunicato dal Vicerè), partecipò il supplizio inflitto a sei de' carcerati sulle galere, ed aggiunse che il Campanella ed il Ponzio negavano la ribellione ma confessavano l'eresia, per tentare, come credevasi, di «prolongar la pena con esser condotti a Roma»; quest'ultimo apprezzamento usciva in campo per la prima volta e potè forse provenire dal medesimo Vicerè, ma senza dubbio il fatto era riferibile agli altri frati e clerici e non già a' due che venivano citati. Il Nunzio poi avea veduto anche prima il Vicerè, «havendo… havuto notitia che le Galere erano a Nisida per entrar al notte (sic) in porto», allo scopo di ricordargli che ordinasse al carceriere del Castello di tenere a sua istanza gli ecclesiastici carcerati, i quali avea saputo essere al numero di 14 (al di sotto del vero); e il Vicerè gli disse che tutti i carcerati erano 160, che tra gli ecclesiastici vi erano 8 clerici selvaggi della diocesi del Vescovo di Mileto (la qual cosa non era vera), che aveva anche qualche indizio contro il Teologo di quel Vescovo (tale era stato nell'anno precedente il Campanella), e perciò scrivesse al Vescovo di venire a Napoli insieme col Teologo, aggiungendo che farebbe tenere i carcerati nel Castello ad istanza di lui, ma in quanto alla congiura era necessario l'intervento di qualcuno de' suoi ufficiali negli esami. Ricordiamo che, nel settembre, il Vicerè aveva espresso desiderio che si mandasse in Calabria un delegato del Nunzio, il quale sarebbe intervenuto negli esami degli ecclesiastici da farsi innanzi agli ufficiali Regii, e da Roma si era scritto che la causa degli ecclesiastici dovea farsi in Napoli dal Nunzio, vale a dire nel modo normale: ora, venuti i carcerati in Napoli, il Vicerè affacciava la medesima pretensione, ma naturalmente sotto forma diversa e senza dubbio più temperata, e per appoggiarla metteva innanzi, ad occasione del processo di congiura, i clerici selvaggi, Mons.r di Mileto e il suo Teologo, mentre sapeva bene che non c'era alcuna relazione tra essi e la congiura. Da ciò si vede pure che non nacque allora la contesa giurisdizionale, siccome scrissero poi il Parrino e il Giannone, ma soltanto si rinfocolò, non potendo nemmeno entrare in mente che per vederla nascere dovessero passare oltre due mesi, quando tra l'uno Stato e l'altro non si faceva che lottare per la giurisdizione ogni giorno. Il Nunzio non tardò a trasmettere a Roma le pretensioni del Vicerè, tanto sul modo di formare il tribunale, quanto sul far venire a Napoli Mons.r di Mileto, e in tale circostanza partecipò le esecuzioni fatte, aggiungendo che avea mandato una prima volta il suo Mastrodatti in Castello, e non si era potuto dargli udienza, l'avea mandato una seconda volta e gli si era detto che i carcerati erano tenuti ad istanza del Vicerè! Faceva inoltre conoscere che si era presentato a lui fra Cornelio del Monte e gli aveva consegnato gli esami raccolti in Calabria d'ordine del Card.l di S.ta Severina, annunziando che dirigevasi a Roma per dar conto del suo operato, ed egli intanto avrebbe letto questi esami per valersene a tempo opportuno. – Come ben s'intende, fra Cornelio consegnava il processo di Monteleone e quello di Gerace, che d'allora in poi rimasero nelle mani del Nunzio, mentre una copia ne era stata già mandata dalla Calabria a Roma; ed è notevole, da una parte, che il Nunzio non aveva mai saputo nulla de' processi fatti in Calabria da ecclesiastici, e d'altra parte, che nemmeno questa volta fra Marco di Marcianise credè opportuno di mostrarsi, la qual cosa apparisce da una lettera posteriore scritta dal Nunzio al Vescovo di Gerace6.

      Pertanto il Vicerè si era già dato pensiero del tribunale pei laici, avea fatta la scelta del personale, e nella stessa sua lettera del 9 novembre l'annunziava a Madrid. «Avendo trattato nel Consiglio Collaterale della gravità di questo negozio e come conveniva procedervi con molta ponderazione, ho stabilito di nominare in qualità di Delegato Marco Antonio d'Aponte del Consiglio di S.ta Chiara, che è un uomo molto letterato, molto savio e di molta prudenza, e in qualità di Fiscale D. Giovarmi Sanchez del medesimo Consiglio, che lo assistesse il dottor D. Luigi Xarava Avvocato fiscale di Catanzaro, e che mi dessero conto nel Collaterale di tutto ciò che si andrebbe facendo, perchè lì si risolvesse ciò che fosse più conveniente. Credo bene che S. S.tà debba volere quanto all'eresia che il Nunzio giudichi i frati e i clerici, quanto alla ribellione procurerò che giudichiamo tutti». Noi abbiamo potuto trovare nell'Archivio di Stato in Napoli la lettera Vicereale di commissione, la quale venne spedita a' suddetti Consiglieri il 15 novembre, e ci dà anche il nome del Mastrodatti di cui si prescrisse servirsi, che fu Giuliano Canale. Ricordato l'invio dello Spinelli in Calabria per la congiura che vi si trattava, l'informazione e gli atti da lui compiti, il gastigo dato a' più colpevoli e il trasporto in Napoli di tutti gli altri contro i quali non era «tanta subsistentia et chiarezza», il Vicerè si esprimeva in questi termini: «vi dicemo et ordiniamo, che reconoscendo le dette informationi et atti, debbiate nomine regio et nostro, summarie, simpliciter et de plano, sine strepitu et figura Judicii procedere ad omnes et singulos actus usque ad sententiam exclusive, però delli incidenti di maggior momento, che in ciò occorreranno, ci ne verrete a far relatione nel regio collaterale consiglio, et quando seranno le cause a sententia, debbiate similmente venire a farcine relatione, attal' che in presentia nostra si possano votare et sententiare, e dopoi essequirle (sic) quello che serà sententiato, et potrete procedere a tutti li atti incumbenti etiam in dì festivi et feriali, non compiendo che si vada ritardando in questo la bona et breve administratione della giustitia» etc.7. È una grande iattura che sieno perduti appunto i volumi intitolati Notamentorum relativi a questo periodo: in essi si sarebbero certamente trovate, co' processi verbali del Consiglio, le notizie, i pareri e le risoluzioni prese nei suddetti incidenti di maggior momento e nelle sentenze da doversi emettere8. La perdita è rincrescevolissima, poichè siamo ridotti ad avere a nostra disposizione un numero ristrettissimo di documenti, mentre sappiamo che il processo ebbe a travagliare almeno un 130 persone, e sebbene fosse stato spinto innanzi con quella sollecitudine che il Vicerè aveva ordinata, rimase aperto per più anni, come crediamo di poter dimostrare con sicurezza. – Per ora gioverà dare qualche notizia su' Consiglieri delegati a formare il tribunale pe' laici. Essi erano entrambi assai distinti personaggi. Marco Antonio d'Aponte, o de Ponte, apparteneva alla nobile famiglia di questo nome ascritta al Seggio di Portauova, alla quale, oltre varie Signorie, vennero mano mano i titoli di Marchesi di Morcone, di S. Angelo, della Padula, di Collonise, e poi anche quello di Duchi di Flumeri. Marco Antonio era del ramo di Nicolò 3.o de Ponte, primogenito di Gio. Felice Signore di S. Angelo e di Vincenza Galeota; Consigliere fin dal 1594 in luogo di Pompeo Salernitano, Prefetto dei Deputati della pecunia nel 1598, divenne poi Membro del supremo Consiglio d'Italia, 1.o Marchese di S. Angelo, Presidente del sacro Regio Consiglio, Reggente del Collaterale. Il Santanna nella sua Storia de' De Ponte, ce ne diede il ritratto, che lo rivela uomo autorevole ed austero: molti ce ne trasmisero le lodi, un Codice manoscritto, che si conserva nella Nazionale di Napoli, ci trasmise le pessime qualità de' tre suoi figliuoli che ne amareggiarono gli ultimi anni9. Quanto a D. Giovanni Sances de Luna, apparteneva anch'egli ad una nobile famiglia di origine spagnuola, ascritta al Seggio di Montagna nel 1570, ed insignita del Marchesato di Grottola nel 1574. Era secondogenito di D. Alonso iuniore 1.o Marchese di Grottola, Tesoriere Generale, Consigliere del Collaterale e Grasciere, e di D.a Caterina de Luna figlia di D. Giovanni Martinez de Luna Castellano di Milano per Carlo V.o e poi Generale d'armata. Divenne, per donazione del padre, Signore di S. Arpino, comunque glie ne fosse stato contrastato il possesso da' suoi parenti con molte liti transatte più tardi10. Consigliere fin dal 1593 godè sempre moltissima riputazione, «fu amato, riverito e dopo morte desiderato» come dice il De Lellis. Una circostanza del suo parentado merita qui speciale menzione: la sua cugina D. Anna Sances, figlia di D. Loise Sances fratello del 1.o Marchese di Grottola, avea sposato Gio. Battista Morano Barone di Gagliato e quindi era cognata di Gio. Geronimo Morano: trovavasi poi già intavolato a questo periodo un matrimonio tra l'unica e ricca erede del Barone, D.a Camilla Morano, e un altro D. Giovanni Sances cugino di lei e del Consigliere, figlio di D. Giulio Sances. Potremmo aggiungere ancora che una sua nipote D.a Caterina Sances, nata da D. Alonso 2.o Marchese di Grottola e D.a Beatrice de Marinis, sposò il fratello di Carlo Spinelli D. Gio. Battista, che divenne Marchese di Buonalbergo11. Abbiamo già notato altrove, che il Campanella ha reso la circostanza del parentado del Sances col Morano assai importante per la nostra narrazione.

      Mentre il tribunale pe' laici si costituiva, il Nunzio

Скачать книгу


<p>6</p>

Ved. Doc. 61, pag. 53.

<p>7</p>

Ved. Doc. 209, pag. 109.

<p>8</p>

La serie de' Notamentorum che si è salvata dalle tante sciagure dell'Archivio di Stato comincia appena col 1610, e non vi manca la risoluzione presa quando, dopo 26 anni, il Campanella fu liberato; così avremmo avute egualmente tutte le altre risoluzioni prese ogni volta intorno a' principali imputati e a' diversi gruppi degl'imputati minori.

<p>9</p>

Pel De Ponte come Consigliere, ved. Reg. Sigillorum v. 30, a. 1594, a 17 10bre; come Deputato della pecunia, ved. Reg. Curiae v. 43, fol. 11, let. del 18 giugno 1598. Intorno alla famiglia o alle notizie biografiche ved. Santanna, Della Storia genealogica della famiglia del Ponte, Nap. 1708, pag. 98 etc.

<p>10</p>

Ved. Registri Privilegiorum vol. 141, fol. 120.

<p>11</p>

Ved. per tutte lo notizie sul Sances, De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, Nap. 1654-71, voi. 2.o part. 3a p. 390; pel parentado co' Morano ved. specialmente Della Marra Duca della Guardia, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese ne' Seggi di Napoli, Nap. 1642 p. 264.