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      Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 17 luglio 2007, n. 15953, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 5 febbraio 2008, n. 2751, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 6 giugno 2008, n. 15087, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 9 gennaio 2009, n. 284, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 27 febbraio 2009, n. 4819, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 28 maggio 2009, n. 12670 e Cassazione Civile, sez. I, sentenza 6 novembre 2009, n. 23635 in Altalex Massimario.

      Art. 263. Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità. (1)

      Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.

      L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

      L’azione di impugnazione da parte dell’autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Se l’autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver ignorato l’impotenza del presunto padre. L’azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall’annotazione del riconoscimento.

      L’azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Si applica l’articolo 245.

      (1) Articolo così sostituito dall’art. 28, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014,

      Art. 264. Impugnazione da parte del riconosciuto. (1)

      L’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto quattordici anni, ovvero del pubblico ministero o dell’altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio, quando si tratti di figlio di età inferiore.

      (1) Articolo così sostituito dall’art. 29, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

      Art. 265. Impugnazione per violenza.

      Il riconoscimento può essere impugnato per violenza dall’autore del riconoscimento entro un anno dal giorno in cui la violenza è cessata.

      Se l’autore del riconoscimento è minore, l’azione può essere promossa entro un anno dal conseguimento dell’età maggiore.

      Art. 266. Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione giudiziale.

      Il riconoscimento può essere impugnato per l’incapacità che deriva da interdizione giudiziale dal rappresentante dell’interdetto e, dopo la revoca dell’interdizione, dall’autore del riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca.

      Art. 267. Trasmissibilità dell’azione.

      Nei casi indicati dagli articoli 265 e 266, se l’autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l’azione, ma prima che sia scaduto il termine, l’azione può essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi. Nel caso indicato dal primo comma dell’articolo 263, se l’autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l’azione, ma prima che sia decorso il termine previsto dal terzo comma dello stesso articolo, sono ammessi ad esercitarla in sua vece i discendenti o gli ascendenti, entro un anno decorrente dalla morte dell’autore del riconoscimento o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti. (1)

      Se il figlio riconosciuto è morto senza aver promosso l’azione di cui all’articolo 263, sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio riconosciuto o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti. (1) La morte dell’autore del riconoscimento o del figlio riconosciuto non impedisce l’esercizio dell’azione da parte di coloro che ne hanno interesse, nel termine di cui al quarto comma dell’articolo 263. (1)

      Si applicano il sesto comma dell’articolo 244 e l’articolo 245. (1)

      (1) Comma aggiunto dall’art. 30, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

      Art. 268. Provvedimenti in pendenza del giudizio.

      Quando è impugnato il riconoscimento, il giudice può dare, in pendenza del giudizio, i provvedimenti che ritenga opportuni nell’interesse del figlio.

      Capo V.

      Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità (1)

      (1) Intestazione così sostituita dall’art. 7, comma 9, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014. Precedentemente l’intestazione era la seguente: «§ 2 Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturale».

      Art. 269. Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità.

      La paternità e la maternità possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso. (1)

      La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo. La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.

      La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità. (1)

      (1) Comma così modificato dall’art. 30, comma 2, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

      Art. 270. Legittimazione attiva e termine.

      L’azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità è imprescrittibile riguardo al figlio. (1)

      Se il figlio muore prima di avere iniziato l’azione, questa può essere promossa dai discendenti, entro due anni dalla morte. (2)

      L’azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.

      Si applica l’articolo 245. (3)

      (1) Comma così modificato dall’art. 31, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

      (2) Comma così modificato dall’art. 31, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

      (3) Comma aggiunto dall’art. 31, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.

      Art. 271.

      (…) (1)

      (1)

      “Legittimazione attiva e termine.

      L’azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità naturale può essere promossa dal figlio entro i due anni dal raggiungimento della maggiore età o, nel caso indicato nel secondo comma dell’articolo 252, dalla data dello scioglimento del matrimonio per effetto della morte del coniuge, se lo scioglimento avviene successivamente al raggiungimento della maggiore età. Se egli muore prima di tale termine, l’azione può essere promossa dai discendenti legittimi di lui.

      Nei casi preveduti dal n. 2 dell’articolo 269 l’azione può essere promossa anche dopo la scadenza del termine indicato nel comma precedente, entro i due anni dal giorno in cui è passata in giudicato la sentenza o è stato scoperto il documento contenente la dichiarazione di paternità.

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