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      m'hai tolto, e fatto il mal che far mi puoi,

      a che più doglia anco serbar mi vuoi?

      44

      Se l'affogarmi in mar morte non era

      a tuo senno crudel, pur ch'io ti sazi,

      non recuso che mandi alcuna fera

      che mi divori, e non mi tenga in strazi.

      D'ogni martir che sia, pur ch'io ne pera,

      esser non può ch'assai non ti ringrazi. —

      Così dicea la donna con gran pianto,

      quando le apparve l'eremita accanto.

      45

      Avea mirato da l'estrema cima

      d'un rilevato sasso l'eremita

      Angelica, che giunta alla parte ima

      è dello scoglio, afflitta e sbigottita.

      Era sei giorni egli venuto prima;

      ch'un demonio il portò per via non trita:

      e venne a lei fingendo divozione

      quanta avesse mai Paulo o Ilarione.

      46

      Come la donna il cominciò a vedere,

      prese, non conoscendolo, conforto;

      e cessò a poco a poco il suo temere,

      ben che ella avesse ancora il viso smorto.

      Come fu presso, disse: — Miserere,

      padre, di me, ch'i' son giunta a mal porto. —

      E con voce interrotta dal singulto

      gli disse quel ch'a lui non era occulto.

      47

      Comincia l'eremita a confortarla

      con alquante ragion belle e divote;

      e pon l'audaci man, mentre che parla,

      or per lo seno, or per l'umide gote:

      poi più sicuro va per abbracciarla;

      ed ella sdegnosetta lo percuote

      con una man nel petto, e lo rispinge,

      e d'onesto rossor tutta si tinge.

      48

      Egli, ch'allato avea una tasca, aprilla,

      e trassene una ampolla di liquore;

      e negli occhi possenti, onde sfavilla

      la più cocente face ch'abbia Amore,

      spruzzò di quel leggiermente una stilla,

      che di farla dormire ebbe valore.

      Già resupina ne l'arena giace

      a tutte voglie del vecchio rapace.

      49

      Egli l'abbraccia ed a piacer la tocca

      ed ella dorme e non può fare ischermo.

      Or le bacia il bel petto, ora la bocca;

      non è chi 'l veggia in quel loco aspro ed ermo.

      Ma ne l'incontro il suo destrier trabocca;

      ch'al disio non risponde il corpo infermo:

      era mal atto, perché avea troppi anni;

      e potrà peggio, quanto più l'affanni.

      50

      Tutte le vie, tutti li modi tenta,

      ma quel pigro rozzon non però salta.

      Indarno il fren gli scuote, e lo tormenta;

      e non può far che tenga la testa alta.

      Al fin presso alla donna s'addormenta;

      e nuova altra sciagura anco l'assalta:

      non comincia Fortuna mai per poco,

      quando un mortal si piglia a scherno e a gioco.

      51

      Bisogna, prima ch'io vi narri il caso,

      ch'un poco dal sentier dritto mi torca.

      Nel mar di tramontana invêr l'occaso,

      oltre l'Irlanda una isola si corca,

      Ebuda nominata; ove è rimaso

      il popul raro, poi che la brutta orca

      e l'altro marin gregge la distrusse,

      ch'in sua vendetta Proteo vi condusse.

      52

      Narran l'antique istorie, o vere o false,

      che tenne già quel luogo un re possente,

      ch'ebbe una figlia, in cui bellezza valse

      e grazia sì, che poté facilmente,

      poi che mostrossi in su l'arene salse,

      Proteo lasciare in mezzo l'acque ardente;

      e quello, un dì che sola ritrovolla,

      compresse, e di sé gravida lasciolla.

      53

      La cosa fu gravissima e molesta

      al padre, più d'ogn'altro empio e severo:

      né per iscusa o per pietà, la testa

      le perdonò: sì può lo sdegno fiero.

      Né per vederla gravida, si resta

      di subito esequire il crudo impero:

      e 'l nipotin che non avea peccato,

      prima fece morir che fosse nato.

      54

      Proteo marin, che pasce il fiero armento

      di Nettunno che l'onda tutta regge,

      sente de la sua donna aspro tormento,

      e per grand'ira, rompe ordine e legge;

      sì che a mandare in terra non è lento

      l'orche e le foche, e tutto il marin gregge,

      che distruggon non sol pecore e buoi,

      ma ville e borghi e li cultori suoi:

      55

      e spesso vanno alle città murate,

      e d'ogn'intorno lor mettono assedio.

      Notte e dì stanno le persone armate,

      con gran timore e dispiacevol tedio:

      tutte hanno le campagne abbandonate;

      e per trovarvi al fin qualche rimedio,

      andarsi a consigliar di queste cose

      all'oracol, che lor così rispose:

      56

      che trovar bisognava una donzella

      che fosse all'altra di bellezza pare,

      ed a Proteo sdegnato offerir quella,

      in cambio de la morta, in lito al mare.

      S'a sua satisfazion gli parrà bella,

      se la terrà, né li verrà a sturbare:

      se per questo non sta, se gli appresenti

      una ed un'altra, fin che si contenti.

      57

      E così cominciò la dura sorte

      tra quelle che più grate eran di faccia,

      ch'a Proteo ciascun

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