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la domenica alla chiesa, senza far motto ad alcuno: tutte e due rigide e pallide: senza mai dar al sagrestano, che andava attorno per la questua, l'elemosina che non gli rifiutavano i più tapini.

      Non pochi avevano notato in Enrica un ghigno feroce come se la travagliassero cattive, irresistibili passioni: come se ella covasse in sè una forte inclinazione a odiare e distruggere.

      In breve, le due donne non comparvero più nella chiesa: un prete andava a dir la messa la domenica nella cappella entro il parco di Montrone…. Ed Enrica e la cameriera l'ascoltavano dietro la grata d'un coretto, in alto.

      Non erano più uscite dal parco per varii mesi, allorchè il duca tornò all'improvviso, inaspettato.

      Il duca adorava la sua unica figlia; era partito, affidandola ad una sua sorella, poichè egli era vedovo da molti anni. La gentildonna era stata colta da una grave malattia: per consiglio dei medici avea dovuto recarsi in altro clima. Enrica era rimasta con Cristina e aveva persuaso, il che non le riesciva mai difficile, il duca che così stava benissimo, senza pericoli.

      Il duca non potea aver inquietudini: era di carattere leggero, spensierato, confidava molto nella serietà di Enrica, nella stretta solitudine in cui viveva, nel vigile amore di coloro che la circondavano.

      Cristina, poi, ispirava al duca una fiducia senza limiti.

      —Ecco…. ecco Domenico!—gridò un contadino che era andato molto innanzi sulla strada, fuori del parco, quasi subodorando che il giardiniere dovesse venire di là.

      Subito la lieta notizia andò di bocca in bocca.

      Domenico entrò correndo, ansando, nel parco: ruppe ogni domanda inopportuna sulle labbra degli indiscreti.

      —Qua…. qua…. venite…. è tardi…. riuniamoci…. per andare tutti insieme al palazzo…. Dove sono gli stendardi di fiori?… Le ragazze sono arrivate?… Qua…. qua….—e accennava con la mano verso un viale ove si vedevano aggruppate parecchie diecine di ragazze vestite di bianco.

      —E la musica? la musica?…—gridava Domenico, che non voleva dar tempo agli altri d'interrogarlo.

      Ma il suo viso acceso, i suoi occhi stralunati, l'eccitazione de' suoi gesti rivelavano, senz'altro, come e dove egli aveva passato quelle ore.

      —Cristina vi cercava!—gli susurrò all'orecchio il vecchio intendente del duca.

      —Ah! Ah!

      Malgrado il piglio di leggerezza con cui rispondeva, la fisonomia di Domenico diventò contraffatta, come se le parole dettegli dall'intendente gli avessero sgradevolmente ricordato qualche brutta cosa, ch'egli dovea compiere, e che il vino, propizio o no, gli avea fatto dimenticare.

      —E il duca?…—chiese Domenico, sopra pensiero.

      —Il duca non è ancora uscito dalla villa,—replicò l'intendente.

      Domenico respirò.

      —La duchessina è molto debole…. Sta sempre assai male…. E il duca voleva persuaderla a uscire con lui, e venir a ballare sul prato le prime quadriglie con le nostre ragazze.

      —Sarà impossibile!—scappò detto a Domenico. E subito si guardava attorno, sospettoso.

      Vide che erano arrivati molti signori, amici e parenti del duca.

      C'erano fra gli altri il conte di Squirace, il marchese di Trapani, e parlavano in quel punto con l'avvocato del duca, fra i più reputati di Napoli, Maurizio Cotella.

      —Marchese,—diceva il conte di Squirace,—siete molto inquieto….

      —E come no?—rispondeva il marchese, cugino del duca,—ho lasciato a casa mia moglie in gravissimo stato…. Da un momento all'altro può arrivare qui un messo ad anunziarmi che ho avuto un figlio, o pure…. Essa soffre tanto…. Ci voleva proprio questo ritorno improvviso di mio cugino perchè la lasciassi, anche per poco….

      Il marchese era veramente concitato.

      Aveva l'aspetto sconvolto, lo sguardo incerto, un tremito in tutta la persona.

      Era come un uomo, la cui vita è affidata a una suprema risoluzione, d'esito incerto, e magari all'esito d'un delitto.

      —Se mio cugino non viene l'andrò a cercare,—osservò a un tratto, con certa impazienza, il marchese….—Mi dicono che è nella camera di sua figlia, ammalazzata… forse per la sorpresa di rivederlo, dopo tanto tempo!

      Il marchese si allontanò.

      —Ci prende per semplici,—disse il conte all'avvocato.—Non è l'amore per suo cugino che lo ha fatto accorrere qui così presto…. Egli vuole ottenere un ufficio molto lucroso e spera ottenerlo con la sempre maggior influenza che il duca, dopo le sue ultime gesta, ha acquistato sull'animo del Re.

      —Il marchese è rovinato,—riprese l'avvocato Cotella.—Vi rammentate che, anni or sono, corse voce che egli era morto in Egitto…. Poi tornò in Napoli…. Suo padre dette fondo al patrimonio di famiglia con le più bizzarre dissipazioni. Ma ebbe una virtù: benchè nobile, si consacrò al più umile lavoro. Fu in America: si fece commerciante in pianoforti, quindi agricoltore, impresario: fu proprietario di uno dei più grandi alberghi di New-York, ove tutti i servizi erano fatti da negri e da negre: fondò un giornale, l'Evening Standard. Morì, e lasciò al figlio circa tre milioni di franchi.

      —E il figlio?

      —Si è divorato tutto in pochi anni a Parigi, ove tenne una scuderia di cavalli da corsa, ove il suo sfarzo attirò l'attenzione della Corte, degli ambasciatori, de' principi che si trovavano di passaggio. Egli si ridusse… diceva almeno il duca di Lari… a vivere cogr imprestiti fattigli danna famosa avventuriera italiana: la Barrucci…. Ebbe l'eredità di due zii, e sfumarono l'una accanto all'altra…. Sposò la principessa di Morella, cugina dei Montrone; gobba, malsana, la sposò per la dote… che ha già mangiato….

      —Non ho mai visto la principessa….

      —Essa sta quasi sempre a Parigi, per far la corte a sua nonna, ricchissima: e che lascerà al Papa, o agli Orléans, i suoi milioni, se si disgusta con la sua unica nipote…. È una vecchia mezzo fanatica, mezzo demente… di una sordida avarizia. Si ricuce le calze da sè: non accende il fuoco d'inverno: fa rattoppare i vestiti: mangia soltanto pochi legumi: e ciò in un palazzo splendido, fra lo scintillio degli ori, gli arazzi, gli oggetti d'arte, il lusso d'ogni maniera, profuso dagli antenati di suo marito. La principessa ha pure una zia, anch'essa millionaria, a Genova: e così passa la sua vita fra Genova e Parigi, o viceversa…. Intanto, ottiene cospicui assegni, che il marchese ghermisce, mentre la tiene di sentinella alle due eredità…. che sono ormai la sua sola speranza. È con questa speranza ch'egli paga i suoi numerosi creditori…. Il marchese è in una di quelle condizioni, che rendono l'uomo capace di tutto….

      —Intendo; la nonna, la zia resistono, ed egli deve prendere un partito estremo….

      —Siamo ora ad una catastrofe,—soggiunse il primo avvocato di Napoli.—Io ho in mano protesti di cambiali firmate dal marchese; altri gravi documenti…. So che la rovina irreparabile, palese, e il disonore possono da lui esser protratti, con sforzi titanici, soltanto di pochi giorni…. Gli rimane però un'altra debole speranza: e in questo momento egli ha raccolto su di essa tutte le sue energie, come il naufrago le sue forze sull'unica tavola di salvezza che gli si presenta…. La principessa, dopo il suo matrimonio col marchese, ha avuto due parti molto laboriosi e molto infelici…. Essa sta ora di nuovo per divenir madre…. Hanno fatto venir da Vienna un celebre specialista. Egli mi ha detto, poichè avevo interesse a saperlo, che la marchesa questa volta ben difficilmente sopravviverà al suo parto: e ben difficilmente anche questa volta il frutto di lei sarà vitale…. Se ciò accade, il marchese è perduto: nè la nonna di Parigi, nè la zia di Genova lasceranno a lui un picciolo, poichè lo aborrono…. Ecco in quali speranze e in quali terrori si dibatte in questo momento il marchese…. E forse, temendo il peggio, vorrà propiziarsi, in questo stesso momento, suo cugino. Ma, domani, il duca non potrà aiutarlo, senza

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