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alle carte quasi non ci pensava più. Pensandoci diceva tra sè: «Se mi sbagliai nel metodo di correggere Luisella, che è una bestia, non sbagliavo certo per Claudia, che è un angelo. Nessun dubbio che dalla mia abnegazione era già nata la pietà, e che dalla pietà sarebbe venuto l'amore. Luisella però — che sia benedetta in eterno! — l'ha fatta innamorare e guarire del vizio in un colpo solo. Adesso posso star sicuro che di gioco non se ne parlerà mai più.» Infatti chiodo scaccia chiodo, o un diavolo scaccia l'altro.

      Compiuti dunque i preparativi, subito Claudia telegrafò: Sono pronta; e Gianni, che era pronto da un pezzo, accorse....

      *

      .... I testimoni e i congiunti più stretti hanno accompagnati gli sposi alla ferrovia, ammirando la disinvolta esperienza nella sposa, la semplicità d'uomo un po' inesperto in certe cose di circostanza, ma sicuro di sè, nello sposo. E senza lagrime si affrettan gli addii; sono giocondi gli auguri di buon viaggio.

      Tatà.... Un fischio.... Partenza!

      Nè il treno è ancor fuori della tettoia che già lo sposo tira le tende della carrozza, forse perchè il sole a loro festa dardeggia i cristalli, o perchè non gl'importa, a Gianni, della veduta esterna. Or come la sposa lascia cadere il mazzo di fiori, che effondono una fragranza soverchia, lo sposo mormora:

      — Finalmente soli! liberi! Sei mia, Claudia! Legàti per sempre! Oh Claudia!

      Ella sorride in un modo, in un modo....

      Ma ecco: si alza, si svincola; e mentre col braccio risanato trattiene lui e l'impedisce, dalla tasca del mantello trae fuori un pacchetto, e mostrandolo vittoriosa, gloriosa, irresistibile:

      — Facciamo una partita?

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      .... — Gioielli, no; che a te come a me non piace il lusso; e neanche alla sposa, speriamo. Dunque?

      — Ma niente, zio.... Non si disturbi!

      — E tu dàlli! Torno a dirti che non voglio sfigurare in faccia a nessuno. Cosa daranno i parenti della sposa, quelli così signori? E i testimoni?

      — Ma....

      — Eh eh! Me l'imagino: chi la spilla, chi le boccole, chi il monile.... Vedrai...: sciocchezze, grandezze! moda! fumo, insomma! Ma se io avessi preso moglie (non l'ho presa perchè le donne costano), primo patto: fuori di casa i parenti della sposa, i parenti alla moda!

      — Già!, chi potesse....

      — Niente regali! nessun obbligo, con nessuno! Perchè, si sa, i parenti che non hanno più cuore che quattrini, presto o tardi ti fan scontare le carezze e i regali. Ma io....

      — Oh sì! lei è buono; mi ha sempre voluto bene.... — interruppe Terpalli.

      — Mio dovere. Dunque?

      — Non so....

      — Al corredo ci avrà pensato la mamma della sposa; alla mobilia ci hai pensato tu. Scommetto anzi che hai provveduto a tutto, da bravo omino; che non vi manca proprio nulla!

      — Ho fatto il possibile...; ma provvedere a tutto.... capirà....

      — Ti bisognano tovaglie e salviette? Hanno aperto un bel negozio in via Garibaldi....

      — No: grazie; ne abbiamo.

      — Seggiole?... Tende?...

      — Grazie....

      — Che imbroglio, Signore Iddio! Parla! Di' su! spiegati!

      — Faccia lei!... Quel che vuole....

      — Quel che voglio? Io non voglio niente, io! L'orologio? l'hai. Vestito, sei vestito.... A meno che non ti bisognasse.... Oh! Vuoi un bel lume?

      — Piuttosto...; giacchè lei è così buono, se crede...; se non le par troppo...; anche la Gigia gradirebbe «un servizio da caffè».

      Pareva avesse invocata una cosa dell'altro mondo!

      — Un servizio da caffè? — esclamò lo zio.

      — Prendete il caffè voi altri?... Non vi dà ai nervi?

      — Ma.... per gl'invitati; per qualche amico che capiti, alle volte....

      — Bene bene! Vada per il «servizio »; conforme, però, alle mie povere forze; se vi contenterete....

      Contentissimo, Gustavo Terpalli invitò lo zio alla colazione nuziale; lo scongiurò che non mancasse.

      Poi quando egli fu giunto di corsa dalla fidanzata, ed ebbe detto a lei e alla madre del casuale incontro con lo zio Tarabusi, tutti e tre scoppiarono in una risata gioconda. Infatti, da che aveva avuta notizia del prossimo matrimonio, lo zio sfuggiva il nipote — al quale, scontroso e timido, rincresceva andare a cercarlo — e per risparmiarsi il dono di nozze si sarebbe nascosto sotterra; quantunque fosse pieghevole ai rispetti umani e sempre dubitasse di apparire avaro come era.

      — Figuratevi con che aria mi diceva «me ne rallegro!»; con che inchini ha risposto all'invito della colazione, e con che bocca mi ha detto (e Terpalli boffonchiava): «Grazie! Vedrò..., potendo.»

      La fidanzata rideva sino alle lagrime e le sembrava vedere quella faccia nuda e tonda simile a quella d'un comico, e il lungo soprabito, e gl'inchini....

      — E figuratevi come è diventato rosso a udire chi sono i vostri parenti. Ah ah! signori!... signoroni!

      — E il regalo? — domandò la mamma.

      — L'ha proposto lui!

      — Lui?

      — Lui? Che cosa?

      — Eh! dopo mia lunga tiritera..., per non cascare in cose di troppo costo..., ha offerto.... un lume!

      La Gigia battè le mani.

      — Io invece mi son fatto coraggio e gli ho domandato un «servizio da caffè».

      — Bravo! — esclamò la Gigia. — È meglio! molto meglio!

      Ma la madre scosse il capo.

      — No. Era meglio il lume.

      — Scusi — ribattè Gustavo —; ieri sera non diceva anche lei che il «servizio da caffè» ci sarebbe necessario? Chi deve pensare a regalarcelo?

      — Una bella lampada nel salottino ci vuole: l'ho detto sempre — insisteva la vecchia. — Adesso è fatta....

      — La compreremo.

      No e sì. Comprerebbero piuttosto due candelabri. Sì e no. Ma l'orologio avvertì Gustavo che era trascorsa l'ora, perchè aveva perduto tempo con lo zio.

      — Addio, Gigia; addio, mamma....

      E via.

      .... Povero e bravo Terpalli! La buona volontà, la nativa tendenza ai protocolli e ai libri mastri, la mano calligrafica e il bisogno gli consentivano poco più di mezz'ora ogni giorno e di un'ora ogni sera agli amorosi colloqui con la sposa e con la suocera. Oggidì quanti giovani potrebbero enumerarsi che stiano dalle nove alle quindici in un ufficio comunale; poi dalle sedici alle diciotto e quindi dalle venti alle ventidue in un ufficio privato, ove senz'astio, tranquillamente, sommare rendite e spese d'un conte milionario? A un uomo che si sottoponga a così disumano lavoro e che non scorga al suo termine una oasi o un giardino fiorito, non la gloria, non la ricchezza, ma sempre cammini con passo uguale per una pianura uguale sempre, per un deserto lungo una vita intera, a un tal uomo non basta il conforto

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