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la mamma rivelandosi del tutto suocera. — Neanche un biglietto vi manda! Ci scommetto!

      — Forse sì e forse no.

      — Oh che pretendereste da lui? Cosa può regalare a un impiegato così.... modesto come voi?

      — Il lume! — rispose in modo di canzonatura Gustavo.

      Frattanto la Gigia pregava:

      — Smettetela; finitela....

      — Il lume dovevate chiederlo a quel tanghero; e adesso non avreste due servizi da caffè!

      — Ma sono un profeta, io? — urlò Terpalli.

      — Profeta, no; timido, sì.

      .... — Mamma! Gustavo!

      — Timido?

      — Timidissimo! Avete avuto paura d'obbligarvi troppo con vostro zio, e gli avete domandato quel che costa meno!

      — Sissignora! E ho fatto uno sforzo a domandare anche così poco!

      — Ma Dio vi ha castigato! Chi non si aiuta..., mio marito lo diceva sempre, muore senza aver goduta una zuppa calda!

      — Mio marito; — grugniva Gustavo senza attendere alla Gigia che lo tirava per la giacca. — Sempre «mio marito»! Lui, lui sapeva stare al mondo!

      — Ah, meglio di voi, signorino!

      — Infatti....

      .... E la Gigia scoppiò in pianto. E lo sposo afferrò il cappello, e scappò via.

      — Gustavo! Gustavo!

      — Mio marito era un uomo! — la suocera gli gridava dietro. — Si può dir forte: era un uomo lui! Se fu disgraziato....

      Insomma, la buona donna aveva bisogno di sfogare un gran malumore; e la buona figliola ebbe ragione di gemere:

      — Il cuore me lo diceva che eravamo troppo felici!

       Indice

      ALLA CITTÀ DI PARIGI.

       Grande assortimento di orologi e sveglie.

       Novità in ogni genere.

       Bijouteria — Chincaglieria — Argento christofle.

       Revolvers e fucili.

       Emporium per regali — giocattoli.

      Il commesso s'inchinò ai tre signori, che entrando l'uno dopo l'altro gettarono uno sguardo intorno, come per sorprendere un oggetto e riposarvi il pensiero incerto; quindi, dopo i tre inchini, chiese:

      — Desiderano?

      — Un regalo per nozze.

      — S'accomodino. Ne abbiamo di tutte le sorta.

      Infatti troppe cose attiravan l'occhio là dentro.

      Per di più, Bonariva, Sandri e Guizzi, quantunque d'accordo a spendere poco in cosa che desse apparenza di molta spesa, erano discordi nel dono da scegliere.

      — Se prendessimo.... un tavolino da lavoro, per la sposa? — suggerì primo Bonariva; quantunque poco lieto lui stesso della proposta.

      — Ti pare? — esclamò Sandri. — Tocca farli ai parenti cotesti regali da buona famiglia! Tocca alle amiche della sposa.

      — Piuttosto due vasi — proponeva Guizzi.

      — Vasi di vero Giappone, o d'imitazione tedesca.... Da trecento lire a quindici. Vedano.... — Così dicendo il commesso accennava a quelli da trecento lire.

      — Ce ne mostri da venti — rispose Guizzi, intanto che Bonariva disapprovava col capo.

      — Belli, eh? Mi piacciono. — Piacevano anche a Sandri, e costavano poco.

      — Osservo — disse Bonariva — che i vasi sono pericolosi....

      — Già, se vanno in terra....

      — No, non per questo! Chi non sa che cosa regalare, regala due vasi, sempre: c'è il pericolo d'una combinazione.

      Nè Sandri poteva dargli torto. Guizzi allora mutò consiglio.

      — Prendiamo uno specchio.

      — Peggio! Credi che non l'abbiano uno specchio?

      — Ma bello; per il salotto.

      — Che! Non son gente da salotto!

      — Veramente sarebbe meglio conciliare il bello con l'utile — mormorava Sandri.

      E a lui il commesso:

      — Un nécessaire da viaggio?... Un lavabo?

      — No, no. — Bonariva insisteva per qualche cosa di più utile e di meno comune.

      — Un astuccio per guanti? un cofanetto? Sono di moda; servono a tanti usi! Guardino questo: dorato a fuoco. Resterà tale e quale cent'anni.

      — Perchè no? — Guizzi quasi quasi.... Ma Bonariva scoteva il capo.

      — Costa? — domandò Sandri.

      — Ottanta lire!

      — Ahi!

      — Un calamaio?... un portafogli?... un fermacarte? un portabiglietti?

      — Io torno alla mia prima idea — Sandri disse —: un bell'album con i nostri ritratti....

      — È pericoloso! Potrebbe indur la sposa in tentazione — fece Bonariva, mentre Guizzi, per gusto suo, maneggiava e considerava un bastone dal pomo cesellato, e diceva:

      — Vuoi che non l'abbiano un album?

      — Eppoi, io non l'ho neanche il ritratto! — aggiunse Bonariva. Quand'ecco, a sollevare o a distrarre la pazienza del commesso, entrò una signora. I tre rimasero così a guardarsi in viso, con un'aria di tacito e vicendevole rimprovero; finchè uno chiese a un secondo giovane del negozio:

      — Cos'è quell'affare là, di vetro?

      — Un portafiori in cristallo di Boemia: stupendo! Se vuole....

      — No, no! È troppo bello!

      Guizzi adesso mormorava:

      — Non abbiamo pensato a un ventaglio.... — Quasi a sì bella idea fosse possibile il consenso degli amici!

      — Ohibò!...

      — Si regalano alle signore che non si maritano, i ventagli!

      — Dunque?

      Parlava il giovine:

      — Scusino.... Vogliono fare un dono cumulativo?

      — Cioè?

      Ah, l'aveva avuta lui l'idea buona!

      — Dodici posate d'argento Christofle...?

      — Troppo, troppo!

      — Sei, allora....

      — Poco: troppo poco!

      — Poi le avranno già le posate! — Sandri ripeteva.

      Proseguiva il commesso:

      — Oggetti di toilette? Candelabri?...

      — Un lume! — esclamò Bonariva alla fine, contento. Se non che Guizzi si mise a ridere.

      — Un lume! Gli amici che mandano il lume! — E al commesso che proponeva: — Un orologio? una sveglia? —, rispose: — Da sveglia farà la sposa: non dubiti!

      Così fu eccitato il riso anche in Bonariva, che

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