Скачать книгу

di Papa-moscas rammentava al Re il grido che la sua salvatrice aveva lanciato nella foresta per spaventare i tre lupi. La storia narra che Don Enrico avrebbe voluto udire ripetere da Papa-moscas anche le parole d'amore della donna; ma che l'artista moro che costrusse l'automa, dopo molti sforzi vani, si dichiarò incapace di soddisfare il desiderio del pietoso monarca.

      Udita la storia, feci ancora un giro per la Cattedrale, pensando con tristezza che non l'avrei riveduta mai più, che di lì a poco tante meravigliose opere d'arte non sarebbero più state per me che un ricordo, e che questo ricordo un giorno si sarebbe turbato, o confuso con altri, o perduto. Un prete predicava sul pulpito davanti all'altar maggiore: la sua voce si sentiva appena; una folla di donne inginocchiate sul lastrico, col capo basso e le mani giunte, stavano ascoltando; il predicatore era un vecchio di aspetto venerabile, parlava della morte, della vita eterna, degli angeli, con un accento soave, e facendo ad ogni frase un atto della mano, come se volesse porgerla a una persona caduta, e dicesse:—Sorgi.—Io gli avrei porto la mia, gridandogli:—Sollevami.—La cattedrale di Burgos non è trista come quasi tutte le altre di Spagna; m'aveva rasserenato l'animo, e disposto quietamente ai pensieri religiosi. Uscii ripetendo a fior di labbra, quasi senza accorgermene:—Sollevami;—mi voltai a guardar ancora una volta le ardite guglie e gli svelti campanili, e fantasticando mi diressi verso il centro della città.

      Svoltando a una cantonata, mi trovai dinanzi a una bottega, che mi fece rabbrividire. Ce n'è di uguali a Barcellona e a Saragozza, e in tutte le altre città della Spagna; ma non so come, non ne avevo mai viste. Era una bottega ampia, pulita, con due stupende vetrine a destra e sinistra della porta; sulla soglia, una donnina sorridente, che faceva la calza, e un ragazzo, in fondo, che giocava. Eppure, guardando quella bottega, l'uomo più freddo avrebbe sentito una stretta al cuore, l'uomo più allegro si sarebbe turbato. Ve la do in mille a indovinare. Nelle vetrine, dietro i battenti della porta, lungo le pareti, e su, fin quasi al soffitto, l'una sull'altra, in bell'ordine, come ceste di frutta, quali coperte di un bel velo ricamato, quali infiorate, dorate, scolpite, dipinte, v'eran tante casse da morto. Dentro, le casse per gli uomini; fuori, quelle pei bambini. Una delle vetrine combaciava dalla parte esterna con la vetrina d'una bottega da salumaio, in modo che le casse toccavan quasi le uova e i formaggi; e si poteva dare benissimo che un cittadino frettoloso, credendo d'andarsi a comperar la colezione, sbagliasse la porta, e andasse a inciampar nelle bare: scambio poco atto a stuzzicar l'appetito.

      E poichè sono a parlar di botteghe, entriamo in una bottega da tabaccaio, a vedere che c'è di diverso dalle nostre. In Spagna, all'infuori dei cigarritos e degli Avana, che si vendono in botteghe a parte, non si fumano altri sigari che i così detti di tres cuartos (un po' meno di tre soldi), della forma dei nostri sigari romani, un po' più grossi, squisitissimi o cattivissimi, secondo la fattura, che è un po' trasandata. Gli avventori abituali, che in spagnuolo si chiamano col curiosissimo nome di parroquianos, pagando qualcosa di più si fan dare i sigari escogidos (scelti); i buongustai raffinati, aggiungendo ancora il contentino alla giunta, ottengono los escogidos de los escogidos, i scelti dei scelti. Sul banco v'è un piattino con una spugnetta intrisa nell'acqua per inumidire i francobolli, senza quella seccatura di star lì a leccare; e in un canto una cassetta per le lettere e per le stampe. La prima volta che s'entra in una di queste botteghe, specie quando c'è molta gente, vien da ridere a veder quei tre o quattro che vendono, sbatter le monete sul banco in maniera da farsele saltare fin sopra la testa, e coglierle in aria, con un gesto da giocatori di bussolotti; e fan così da per tutto per accertarsi col suono che le monete sian buone, poichè ne corron moltissime false. La moneta più usuale è il real, che vale poco più di cinque soldi nostri; quattro reales fanno una peceta, cinque pecetas un duro, che equivale al nostro scudo di buona memoria, aggiuntovi ventisei centesimi; cinque scudi fanno un doblon de Isabel, d'oro. Il popolo fa i suoi conti a reales. Il reale si divide in otto cuartos, o diciassette ochavos, o trentaquattro maravedis; monete dei mori, che han perduta quasi la forma primitiva, e rassomigliano a bottoni schiacciati piuttosto che a monete. Il Portogallo pure ha una unità monetaria più piccola della nostra: il reis, che vale presso a poco la metà d'un centesimo; e tutto si conta a reis. Figuriamoci un povero viaggiatore, che arrivi là senza saperne nulla, e che fatto un buon pranzetto e domandato il conto, si senta dire a muso duro, invece di quattro lire:—Ottocento reis!—Gli si rizzano i capelli.

      Prima di sera andai a vedere il luogo dove nacque il Cid; se non ci avessi pensato io stesso, me lo avrebbero rammentato i ciceroni, chè per tutto dove passavo mi mormoravano all'orecchio:—Resti del Cid; casa del Cid; monumento del Cid.—Un vecchietto maestosamente avvolto nella sua cappa, mi disse con aria di protezione: “Venga Usted conmigo,” e mi fece salire su per una collina posta a cavaliere della città, sulla cima della quale si vedono tuttora i resti d'un enorme castello, antica dimora dei Re di Castiglia. Prima di giungere al monumento del Cid, s'incontra un arco di trionfo, di stile dorico, semplice e grazioso, fatto innalzare da Filippo II, in onore di Fernan Gonzales, nel luogo stesso, si dice, ove sorgeva la casa in cui nacque il famoso capitano. Un po' più oltre si trova il monumento del Cid, eretto nel 1784. È un pilastro di pietra, poggiato sur un piedistallo in muratura, e sormontato da uno scudo araldico, con questa iscrizione: «In questo luogo sorgeva la casa, nella quale nacque l'anno 1026 Rodrigo Diaz di Vivar, chiamato il Cid campeador. Morì in Valenza il 1099, e il suo corpo fu trasportato nel monastero di San Pietro di Cardena presso questa città.» Mentre leggevo queste parole, il cicerone mi espose una leggenda popolare sulla morte dell'Eroe: “Quando il Cid morì,” mi disse con molta gravità, “nessuno rimase a custodire il suo cadavere. Un ebreo entrò nella chiesa, si avvicinò alla bara e disse:—Ecco il grande Cid al quale nessuno, fin che visse, ebbe il coraggio di toccare la barba; io gliela tocco, e voglio vedere che mi può fare.—Così dicendo allungò la mano; ma nello stesso punto il cadavere afferrò l'elsa della spada e ne trasse un palmo fuori della guaina. L'ebreo gettò un grido e cadde a terra tramortito; i preti accorsero, l'ebreo fu sollevato, tornò in sè e raccontò il miracolo; allora tutti si volsero verso il Cid, e videro che teneva ancora la mano sull'elsa in atteggiamento minaccioso. Dio non aveva voluto che la salma del grande guerriero fosse contaminata dalla mano d'un miscredente.” Dicendo questo, mi guardò, e visto che non facevo il menomo segno d'incredulità, mi condusse sotto un arco di pietra, che doveva essere d'un'antica porta di Burgos, pochi passi lontano dal monumento, e indicandomi una scanalatura orizzontale che si vedeva nel muro a poco più d'un metro da terra, mi disse: “Questa è la misura delle braccia del Cid, quand'era giovanetto, e veniva qui a giuocare coi suoi compagni.” E tese le braccia lungo la scanalatura per farmi vedere quanto ce n'avanzava; poi volle che mi misurassi anch'io, ed ero anch'io più corto; allora mi diede uno sguardo di trionfo e si mosse per ritornare in città. Giunto in una strada solitaria, davanti alla porta d'una chiesa, si fermò, e mi disse: “Questa è la chiesa di Santa Agneda, dove il Cid fece giurare al re Don Alfonso VI di non aver avuto parte nell'uccisione di suo fratello Don Sancho.” Lo pregai di dirmi tutta la storia: “Eran presenti” continuò “i prelati, i cavalieri, gli alti personaggi dello Stato. Il Cid mise il Vangelo sull'altare, il Re vi stese su la mano, e il Cid disse:—Re Don Alfonso, voi mi dovete giurare che non vi siete macchiato nel sangue del re Don Sancho, mio signore; e se giurate il falso prego Iddio che vi faccia perire per la mano d'un vassallo traditore.—E il Re disse:—Amen;—ma cangiò di colore. E il Cid ripetè:—Re Don Alfonso, voi dovete giurare che non avete nè ordinata, nè consigliata la morte del re Don Sancho mio signore; e se giurate il falso, possiate morire per la mano d'un vassallo traditore!—E il re disse:—Amen;—ma cangiò una seconda volta di colore. Dodici vassalli confermarono il giuramento del Re; il Cid gli volle baciare la mano; il Re non glielo permise, e l'odiò da quel momento per tutta la vita.”—Soggiunse poi che un'altra tradizione narrava non avere il re Don Alfonso giurato sul Vangelo, ma sul chiavistello della porta della chiesa; che per molto tempo i viaggiatori di tutti i paesi del mondo eran venuti ad ammirare quel chiavistello, che il popolo gli attribuiva non so quali virtù soprannaturali, e che se ne faceva tanto parlare in ogni parte, e gli si appioppavano tante e sì strampalate favole, che il vescovo Don Fray Pascual fu costretto a farlo togliere, come quello che creava una pericolosa rivalità di potere tra la porta e l'altar maggiore.—Il cicerone non disse altro; ma ci sarebbe da metter assieme dei bei volumi se si volessero raccogliere tutte le tradizioni del Cid che corrono in Spagna.

Скачать книгу