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che cosa lo occupasse, perchè mai avesse voluto esaminare la facciata e passare a rassegna le finestre dell'albergo di Francia. E continuò a discorrere per due, evocando i ricordi d'altri tempi; quando, giunta la carrozza sulla Gettata, in faccia al mare, Lodovico lo interruppe ancora una volta:

      — Vogliamo passare dal semaforo, se non ti dispiace?

      — Non mi dispiace niente affatto. Ma prima di tutto, scusa, che vuoi farvi, al semaforo? Aspetti telegrammi col telegrafo senza fili?

      Un ambiguo sorriso, un sorriso veramente strano, increspò le labbra di Lodovico.

      — Forse!

      — E poi, perchè non l'hai detto prima? Il semaforo non è al mare, è sulla collina di San Rocco.

      — Andiamo sulla collina.

      — A San Rocco!

      La carrozza prese un'altra direzione, e la conversazione dei due amici, o piuttosto il monologo di Perez, anch'esso. Ora lo scrittore dimostrava allo statuario, con un senso di compiacimento, l'enorme sviluppo preso dalla città industre, i quartieri sorti come per incanto sul lido orientale, verso la cinta delle vecchie fortificazioni.

      — Guarda quante ville e quanti fumaioli!... Vedi quelle caserme? Sono le case degli operai: il primo tentativo di risolvere seriamente questa parte del gran problema sociale.... Un borgo marinaro sulla riva, un rione industriale dalla parte opposta: in mezzo la città vecchia che si va rinnovando! Vedi quella selva di antenne? È il porto....

      — Sapranno al semaforo — domandò a un tratto Bertini — a che ora arriverà il «Senegal»?

      — Ma come? — esclamò Perez, con aria di stupore. — Volevi salire fin lassù solo per questo? Ma gli arrivi dei piroscafi sono annunziati alle Messaggerie! C'è di meglio: basta passare dalla Vedetta!... Vetturino, torna indietro. Alla Vedetta marittima.

      Ancora una volta la carrozza cambiò rotta. Perez restò un pezzo in silenzio aspettando che il suo compagno dicesse qualche cosa; poi, vedendolo assorto, con lo sguardo vagante per il panorama della città, domandò a bruciapelo:

      — Aspetti un amico, con questo «Senegal»?

      Lo stesso sorriso, sottile e falso, spuntò sulle labbra dello scultore.

      — Sì!

      — Chi, se è lecito?

      L'interrogato non rispose subito. Mosse il capo con un breve atto d'imbarazzo, lo volse a guardare dietro di sè, esitante e sospettoso; poi, afferrata la mano di Perez, proferì:

      — Lo saprai fra poco.... Non mi chieder nulla, per ora....

      Il bidello non s'era ingannato: c'era qualcosa di molto strano nell'aspetto di Bertini, un pensiero molesto che corrugava la sua fronte e fermava il suo sguardo, una inquietudine che rendeva nervosi i suoi minimi gesti. Perez rispettò la preghiera; non interrogò, non disse più nulla, mentre la carrozza rotolava sordamente sull'inghiaiato della riviera Margherita, domandando solo a sè stesso da che parte del mondo veniva quel piroscafo, quale persona restituiva in Italia che stesse tanto a cuore a Lodovico. Una donna, probabilmente? La vita intima dello scultore era stata sempre molto mossa: egli aveva nutrito passioni gagliarde e tempestose. Non era più giovane, certo; doveva ormai aver varcato la quarantina. L'aveva varcata senza meno: due anni addietro, a Valsorrisa, non ne aveva annunziato l'arrivo imminente? Ma per una natura appassionata come la sua, non era ancora l'età della rinunzia; era anzi la più pericolosa. Proprio a Valsorrisa, nelle poche settimane che vi avevano trascorse insieme, non si era infiammato per la bella signora Lariani? Poco dopo, nell'autunno, era andato improvvisamente a porre il suo studio a Firenze, per finire — aveva detto — il monumento a Mazzini: verità, o non piuttosto semplice pretesto? Cominciata infatti a Promonte e destinata a Palermo, perchè mai quell'opera doveva esser compiuta proprio in Toscana? Qualche grossa novità era sopravvenuta nella vita dell'artista: nonostante il suo silenzio, Perez ne aveva pur avuto qualche sentore, aveva udito parlare di una signora, una straniera, per la quale l'amico suo doveva aver fatto una nuova passione. Forse costei aveva dovuto lasciarlo, era andata lontano, ed ora tornava a lui? Ma nel suo aspetto, nelle sue parole, non c'era la gioia, se pur trepida e ansiosa, di chi aspetta una persona cara; c'era l'inquietudine, l'ambascia, una specie di paura....

      — D'ordinario, i postali dall'Africa arrivano nel pomeriggio?

      L'improvvisa domanda distolse Perez dalle sue riflessioni.

      — Non lo so, — rispose, comprendendo confusamente che dall'Africa Lodovico non poteva aspettare un'amante. — Ma ti caverai la curiosità fra due minuti. Stiamo per arrivare.

      La carrozza si era messa al passo, per la rampa di Bevagna. Lo scultore non levava gli occhi dall'immensa distesa delle acque, liquido smeraldo sotto le balze della costa, d'un azzurro carico come inchiostro più oltre, fino all'estremo orizzonte.

      — Ecco la Vedetta.

      Scesero entrambi dinanzi al gabbiotto di legno dipinto di verde, con pretese da chiosco orientale. Dall'uscio socchiuso si scorgeva un cannocchiale girevole sopra un treppiedi piantato nel centro del bussolotto. Una tabellina di lavagna, sull'entrata, portava scritto col gesso: «Il piroscafo Senegal arriverà oggi alle ore 17».

      Bertini, consultato l'orologio, osservò, come parlando tra sè:

      — Dovrebbe essere in vista.

      L'uomo di guardia rispose:

      — Sissignore. Già si scorge a occhio nudo. Guardi in direzione della punta di Platania.

      Lo scultore si accostò alla ringhiera che correva lungo l'orlo della balza e vi si afferrò con tutt'e due le mani sprofondando lo sguardo nella direzione indicata. Perez guardò anch'egli verso quel punto, ma non distinse nulla. Ad occidente era tutto uno sfolgorio d'oro, nel cielo dove il sole rutilava, nel mare dove l'immensa scaglia del suo riflesso si stemperava tremolando.

      — Lodovico! — gridò a un tratto Perez, riportando lo sguardo verso il compagno e vedendolo talmente piegato sulla ringhiera, che un altro poco e sarebbe precipitato nell'abisso. — Lodovico, bada!... Non facciamo scherzi!...

      L'altro si ritrasse, guardando gli scogli della riva sottoposta, bruni e brulli a fiore delle acque smeraldine.

      — Quanto sarà alto?... — disse. — Trenta metri?... Quaranta?... Temi che non sarebbe igienico tuffarsi in mare da qui?...

      Senza rilevare la lugubre facezia, Perez rispose con un'altra domanda:

      — Dove vuoi andare, ora?

      — Vorrei andare al porto, ma non in carrozza. Congeda il vetturino.

      — Come ti piace.... Ecco fatto, — soggiunse, dopo aver pagato la corsa. — Andiamo?

      Mentre la carrozza se ne tornava in città dalla parte alta, essi discesero la china. Bertini si voltava tratto tratto, guardando il mare della Platania, dove una nubecola di fumo rivelava ormai la corsa del «Senegal». Perez restò ancora un poco senza dir nulla; a un tratto, prendendo il braccio dell'amico, con voce di dolce rimprovero, esclamò, piano:

      — Allora, senti, io non crederò più che tu sia venuto per i miei begli occhi!... — E ancora più piano, con tono di affettuosa confidenza: — Chi aspetti?... Che hai?...

      Bertini si fermò, si tolse il cappello passandosi la destra sulla fronte, se lo ripose in capo con un gesto brusco, poi disse:

      — No, Domenico; non sono venuto per te.... Sono venuto da te perchè non posso sentirmi solo, in quest'ora d'angoscia; perchè ho bisogno di udire una voce fraterna, di appoggiarmi ad un braccio sicuro....

      — Eccomi qua!... — esclamò Perez, chinandosi verso di lui, offrendogli il braccio, che egli prese un momento e poi lasciò. — Che posso fare per alleviare la tua pena? Non dirmene nulla, se ti costa....

      — Mi costa tacere!... Ho bisogno di gridare!... Perdonami se non ti ho dato retta.... Ma ti ho udito bene, sai! Certe tue proposizioni mi hanno

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