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       Federico De Roberto

      La messa di nozze; Un sogno; La bella morte

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066071837

       LA MESSA DI NOZZE.

       I. L'arrivo del “Senegal”.

       II. Il convegno.

       III. Sul lago.

       IV. Il rito.

       V. L'addio.

       UN SOGNO.

       LA BELLA MORTE.

       I.

       II.

       III.

       IV.

       Indice

       L'arrivo del “Senegal”.

       Indice

      Alle tre, quando la campana annunziò la fine della lezione, il professore Domenico Perez non lasciò liberi, come avrebbe dovuto, i suoi discepoli. Spiegava da due ore un atto dell'«Edipo Re» e non voleva interromperlo. Dominando con la voce ferma e severa i moti d'impazienza della classe, andò avanti per un'altra diecina di minuti, sino alla fine; poi pronunziò la frase sacramentale:

      — Basterà per oggi.

      Appena uscito nel corridoio, in compagnia degli alunni più diligenti che gli rivolgevano ancora domande intorno alle cose udite, si vide accostare da Baldassarre, il bidello.

      — Signor professore, c'è un signore che lo aspetta.

      — Chi è?

      — Non ha detto il nome.... Dice che è venuto da Firenze apposta per lei.

      — Da Firenze?... Dov'è?

      — L'ho fatto accomodare nella sala di convegno.... Vi è rimasto un pezzo a dormire, sul divano!... Prima di sonare la campana sono andato ad avvertirlo; allora è sceso giù nel cortile!... Ha un'aria.... una cert'aria....

      Perez sorrise vedendo la smorfia con la quale Baldassarre intendeva esprimere l'aria dello sconosciuto, e s'affacciò dal ballatoio. Non distinguendo nessuno in mezzo alla folla degli scolari sciamanti giù per la corte, discese le scale; sull'ultimo ripiano, scorgendo il visitatore che pareva appostato per attenderlo al varco, — una figura alta e smilza, un paio di gambe lunghe chiuse in calzoni strettissimi, una faccia magra tagliata da due baffi chiari uncinati — esclamò:

      — Bertini!... Ma come? Sei tu, Lodovico?

      — Sono io.

      — Senza avvertirmi?... Senza scrivermi una parola?... — soggiunse, buttandogli le braccia al collo e baciandolo con grande effusione sulle due guance. — Non importa; grazie egualmente!... Che piacere!... Sai che non ci vediamo da Valsorrisa?... Quant'è? Due anni!... Quando sei arrivato?

      — Da un'ora.

      — E sei venuto per me? Che bravo! Andiamo via! Sono libero. Sono tutto per te. Quanto ti tratterrai?

      — Riparto stasera.

      — Come? — protestò l'altro, fermandosi, tra stupito e crucciato, sul punto di varcare il portone del Liceo. — Ma niente affatto!... Dopo due anni che aspetto questa tua visita, vieni per mezza giornata? Che dico? Per qualche ora appena!

      — Non posso fermarmi di più.

      — Hai da fare? Che hai da fare? Non ammetto pretesti! Ti sequestro. Almeno sino a domani.

      — Ti prego di non insistere. Non posso.

      Perez gli fermò addosso lo sguardo. Nel primo momento, nella sorpresa del riconoscimento, non aveva fatto attenzione all'aspetto dell'amico suo; ora, udendo quella risposta proferita brevemente, in tono che non ammetteva replica, e rammentando le parole di Baldassarre sullo strano atteggiamento del visitatore, scorgeva realmente qualche cosa d'insolito in lui. Magrissimo era sempre stato, ma d'una magrezza sana, ossea e nervosa; ora il suo viso lungo ed affilato pareva emaciato come dopo una malattia; le tempie, dove i capelli cominciavano a incanutire, eran solcate da vene inturgidite; gli occhi si volgevano intorno esitanti, inquieti, quasi sospettosi; anche il passo era malfermo.

      — Sia come vuoi, — concesse Perez, tenendo temporaneamente per sè quelle osservazioni, ma proponendosi di cogliere o di far nascere più tardi l'occasione di manifestarle. — Vieni a casa mia?

      — Per fare?

      — Niente! Sono libero, ti ripeto; posso dedicarti tutto il pomeriggio. Dicevo così, nel caso che volessi riposarti. Sei all'albergo?

      — No, ho lasciato la valigia alla stazione.

      — Dovresti essere stanco; ho sentito che ti sei addormentato, aspettandomi.

      — Ora sono riposato.

      — Va bene; allora verrai da noi a pranzo stasera: è inteso. La mamma sarà felice di vederti. Per il momento vogliamo andare al caffè?

      — Grazie; io non prendo nulla.

      — Allora.... — fece Perez, un poco imbarazzato, cercando che cosa potesse piacere all'amico; — allora.... montiamo in carrozza e giriamo un poco in città o in campagna?

      Solo quell'offerta riuscì gradita all'invitato.

      — Andiamo al mare? — propose.

      — Dove tu vuoi!... Vetturino!... — chiamò, fermando con un gesto del braccio una carrozza che passava loro dinanzi in quel momento. — Monta su, caro, ti prego.... Vetturino, alla Gettata!... — Poi, accomodatosi nel suo cantuccio, battendo con la mano sul ginocchio dell'amico, esclamò giocondamente: — E così?

      — E così? — ripetè l'altro, come un'eco. Cavata di tasca la borsa del tabacco e cominciando ad arrotolare una sigaretta, soggiunse: — Che fai?... Sei contento?... Lavori?

      — Lavoro, sì. E tu?

      — A che lavori? — insistè l'interrogato, come se non avesse udito la domanda. — Vuoi? — concluse, offrendogli da fumare.

      — Grazie! Ti dirò che sono in un periodo di grande fecondità.

      Mentre la carrozza attraversava

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