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con l’aspetto non di persona che chieda favori, ma che ne accordi.

      Ma Alfonso non ascoltava quel vano cicaleccio. Attraversando la via dei Forni guardò la casa Maller bruna come tutte le altre e triste nel colore indeciso dell’aurora, a cielo annuvolato. Nella via grigia, vuota, essa conservava l’aspetto signorile essendo di soli due piani, le finestre più larghe, con qualche tentativo di ornato, del resto priva di grazia. Egli fuggiva causa la tempesta che stava per scoppiarvi, e sentendosi più che mai lieto di poter allontanarsi volle scusare il proprio egoismo e lo fece con una ragione ch’era dettata dall’egoismo in persona: Non valeva la pena di soffrire per cosa che non desiderava.

      Non ragionò più e non sentì più il bisogno di scusarsi quando si trovò solo nella carrozza di terza classe e allorché non vide più la faccia triste del vecchio Lanucci. Era libero finalmente! Per soli quindici giorni, ma durante i quali non voleva neppure ricordarsi della città ove aveva tanto sofferto. Voleva dimenticare le proprie azioni poco oneste e le proprie e le altrui sventure. Fuggiva Annetta, quella ragazza che gli si era data per una curiosità da adolescente e che lo perseguitava col suo amore fittizio, ma respirava anche all’uscire da quell’ambiente o di cattivi o di disgraziati in cui era stato costretto a vivere. Francesca che si era data a Maller perché il più ricco, e, simulatrice astuta, celava sotto un aspetto di sommissione un volere ferreo, un’attività intelligente nell’intrigo con cui tentava di risollevarsi; quella triste casa dei Lanucci ove si sentiva tanto male in mezzo a quegl’imbarazzi, accanto a quella ragazza che già amava colui che le avevano detto che nel suo interesse doveva amare. Oh! gente trista e disgraziata! Gli sembrava che la ferrovia correndo sull’argine piano lo portasse in alto ad un punto donde poteva giudicare tutte quelle persone che correvano dietro a scopi sciocchi o non raggiungibili. E di là si chiese: — Perché non vivono più quieti?

      Si fece allo sportello. La città con le sue bianche case alla riva in largo semicerchio abbracciava il mare e sembrava che tale forma le fosse stata data da un’onda enorme che l’avesse respinta al centro. Era grigia e triste, una nube sempre più densa sul capo sembrava da essa prodotta perché a lei tinta dalle sue nebbie, l’unica traccia della sua vitalità. Era là dentro, in quell’alveare, che la gente si affannava per l’oro, e Alfonso, che là aveva conosciuto la vita e che credeva che così non fosse che là, respirò liberandosi con la foga da quella cappa di nebbia.

      R

      Nell’agitazione degli ultimi giorni aveva del tutto dimenticato che il suo viaggio non gli apportava soltanto il piacere di sfuggire i luoghi odiati ma anche la felicità di rivedere il suo paesello.

      Lo evocò dinanzi alla mente e fu subito liberato da ogni amarezza. Si sentiva una gioia purissima all’idea del piacere inaspettato che apportava alla madre.

      Il villaggio era un gruppo di case gettato là in un cantuccio dell’immensa e verde vallata attraversata diagonalmente dalla ferrovia. La stazione giaceva a un tiro di schioppo dal villaggio. Era un casotto da cantoniere elevato alla dignità di stazione in seguito alla domanda fattane dal deputato della regione. Prima si doveva lasciare la ferrovia alla stazione precedente e andare al villaggio in carretta. — Povera ma gente felice! — pensò Alfonso rammentandosi del gaudio che era regnato nel villaggio allorché ottenne la sua stazione. E la bella via che avevano costruito per congiungere la nuova stazione al villaggio! Diritta come sulla carta e larga che ci potevano correre simultaneamente tre carri.

      La casa dei Nitti essendo lontana dalla stazione quanto il villaggio stesso, il padre di Alfonso per giungervi aveva voluto avere anche lui una via più breve che quella oltre il villaggio, e a questo scopo aveva fatto migliorare un viottolo già esistente che andava oltre ai campi dalla sua casa e che si ricongiungeva circa a mezza via alla strada comunale. A quanto Alfonso se ne rammentava, suo padre era stato uomo che aveva dovuto aver vissuto anche in centri popolati; eppure anche lui con quanta semplicità si compiacque che quel viottolo venisse denominato nel villaggio: “Via Nitti”.

      Alfonso voleva ricordarsi dell’esistenza di quel viottolo che doveva ora condurlo più presto fra le braccia di sua madre.

      Dinanzi al casotto, appoggiato ad un grosso bastone, assisteva al passaggio del treno il notaio Mascotti. Era vestito con una giubba di velluto nero, pantaloni chiari e stivali altissimi. Tozzo e grosso ma alquanto curvo dall’età, una faccia abbrunata dal sole circondata da una barba corta grigia, era una figura da soldato ma da soldato in ritiro.

      — Già qui? — chiese sorpreso ad Alfonso.

      Alfonso altrettanto sorpreso di rimando chiese: — Ella mi attendeva?

      — No! no! — fece il notaio portando lentamente l’indice alle radici del naso che fregò fino all’altezza dell’occhio. Alfonso comprese dal gesto, ch’egli ricordava, che il notaio rifletteva intensamente. Con naturalezza che ingannò anche Alfonso aggiunse: — Mi sorprende di vederla, ecco tutto! Non l’attendevo.

      Scesero dall’argine sulla strada passando accanto al casotto abitato dal cantoniere e dalla sua famiglia, la moglie e due figliuoli seminudi che guardavano con tanto d’occhi Alfonso come se fosse piovuto dal cielo. Dei due fanciulli, uno di sei anni vestito di una camicia e di calzoni che gli arrivavano al ginocchio, teneva in braccio l’altro di due al massimo, vestito della sola camicia fermata a mezzo il corpo da una fascia da cui pendeva un altro camiciotto. Un miscuglio di membra magre e brune perché anche quello che ancora non sapeva camminare da sé aveva la pelle annerita dal sole.

      Alfonso non comprese subito quanto strano fosse il contegno di Mascotti, perché, tutto inteso a gustare le prime sensazioni che si attendeva dal rivedere il villaggio, non trovava il tempo di osservarlo.

      L’autunno aveva già spogliata la valle e così nuda tradiva la vicinanza della regione dei sassi. La campagna non aveva il colore bruno della terra fertile, umida, ma era sbiancata dalla presenza della pietra bianca che pochi chilometri più in giù o anche più in su signoreggiava. Nei campi più vicini si vedevano i piccoli sassi misti alla terra, v’erano lasciati acciocché il vento boreale che anche qui infuriava non spazzasse via la terra libera; qualche masso maggiore era piantato solidamente e interrompeva la regolarità del solco o impediva nel suo sviluppo qualche albero che rimaneva gracile e con la corona povera.

      Le case del villaggio, nella nebbia leggera che copriva la valle, erano appena appena visibili; visibile invece come una striscia lucida la via larga sulla quale doveva poggiare la casa dei Nitti e che senza mutare direzione diveniva la via principale del villaggio. Il paesaggio non gli dava alcuna sorpresa; se ne era rammentato nei minimi particolari. Di là dal villaggio vedeva biancheggiare la punta del colle di sassi, una cupola regolare senza case e senza vegetazione, alla sua destra un piccolo bosco di pini giovani piantato per lottare con una plaga di sassi. Ma dacché egli era partito il boschetto aveva fatto pochi progressi.

      Ebbe una sola sorpresa. Aveva creduto che la sua casa si trovasse più vicina al villaggio; nel suo desiderio che la madre fosse meno lontana dall’abitato, aveva spostata la casa e la cercò ove non c’era. Giaceva proprio molto lontana, perduta in mezzo ai campi, sola, mentre il vecchio Nitti aveva sperato ch’essendo da quella parte la zona più fertile della valle ben presto sarebbe stata più abitata.

      Alfonso accelerava impaziente il passo. Vedeva ora un lato della casa, rosso di terra cotta. La facciata era volta verso il villaggio ed era l’unico lato che avesse delle finestre meritevoli di tale nome; la postica aveva due buchi praticati dal vecchio medico in persona per agevolare il giro dell’aria. Arrivò al viottolo che portava direttamente alla casa. Doveva esser poco frequentato perché per brevi intervalli si confondeva nei campi e mai se ne staccava distintamente.

      Mascotti, che aveva lungamente taciuto, dopo aver atteso invano di essere interrogato, parlò per primo:

      — Badi che ho sessantacinque anni e che se corre tanto non potrò giungere, come voglio, a casa sua con lei! — Si appoggiò ad un albero per riposare. Poi con aspetto indifferente e tutto occupato a guardarsi il cappellone di felpa bianco che s’era levato di testa, disse: — Sua madre non sta del tutto bene!

      Alfonso

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