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per quanto ne avesse avuto una stretta di mano amichevole per saluto.

      Francesca sedeva in disparte sul canapè, con un ricamo in mano. Alfonso la salutò andando a lei che si alzò per dare maggior calore alla sua parola come sempre asciutta e alquanto brusca. Non si trovava mai in imbarazzo la signorina Francesca. Egli l’aveva udita parlare amichevole e allegra oppure irritata, sempre però brevemente con un fare deciso da persona che non si lascia imporre. Maller sedeva alla destra di Annetta, Spalati alla sinistra. Costui era sempre seduto accanto ad Annetta e sembrava che molto ci tenesse.

      Alfonso, quantunque più degli altri turbato dalla presenza di Maller, poté notare quanto costoro mutassero il loro contegno per tale presenza.

      Era l’epoca in cui quando si parlava di letteratura necessariamente si discuteva di verismo e di romanticismo, comoda questione letteraria a cui tutti potevano prendere parte.

      Maller era partitante del verismo, però, volendo sembrare piuttosto spiritoso che dotto, confessava che i veristi gli piacevano più che altro perché non erano morali. Del resto faceva mostra di disprezzarli perché pensava che coi loro metodi fosse facile di giungere alla popolarità.

      Spalati, di cui le massime, per quanto Alfonso ne sapesse, non dovevano troppo bene accomodarsi ai gusti di Maller, trovò subito il punto di vista dal quale poteva consentire al giudizio di Maller:

      — Sì, ella che legge unicamente per diletto ha ragione di trovarci gusto.

      Prarchi volle fare troppo. Volle provare a Maller, che lo negava, che il piacere che trovava a leggere quegli autori immorali derivava da un senso artistico inconscio.

      — Ella crede di amarli per la ragione che dice, ma è certo che, senza ch’ella se ne accorga, sono i pregi artistici di quei libri che glieli fanno piacere.

      — Sarà come ella dice, — disse Maller che sembrava di non comprendere che i due letterati facevano del loro meglio per lusingarlo — non capisco però perché certe pagine, che io mi so, più mi piacciano. Saranno forse le più artistiche.

      Se aveva compreso che lo si voleva adulare, derideva allegramente gli adulatori.

      Quando Maller aveva cominciato a fare le sue confessioni letterarie, Annetta disse ad alta voce ad Alfonso:

      — Stia attento perché ne sentirà delle grosse.

      Alfonso stette meno attento precisamente perché agitato dalla frase che in quel generale discorrere gli perveniva come un regalo inaspettato.

      Maller ben presto si alzò e salutò tutti con un inchino. Si diresse verso Francesca seguito dallo sguardo attento di Alfonso. Sembrava che Francesca non si accorgesse ch’egli si avvicinava, ma quando le fu vicino, senza curarsi di affettare sorpresa, alzò gli occhi dal lavoro, lo guardò calma e gli stese la manina ch’egli altrettanto calmo strinse nella sua:

      — Perché si rovina la vista facendo di tali lavori?

      Ella ritirò la mano ch’egli ancora avrebbe trattenuto:

      — Non mi fa male.

      Quando Maller passò ancora una volta dinanzi al tavolo per uscire, gli uomini si alzarono per salutare. L’unica che alla sua uscita non aveva né da sentirsi sollevata né da mutare contegno era Annetta.

      Soltanto all’atto di congedarsi, Annetta sottovoce chiese ad Alfonso a che punto fosse il romanzo.

      — Non ho saputo far nulla perché c’è il guaio che ancora non so che cosa fare.

      Dopo aver riflettuto per un istante, Annetta gli disse a bassa voce:

      — Venga domani alle sette; può?

      — Certo! — e si sentì battere il cuore.

      Così a bassa voce si davano anche gli appuntamenti amorosi.

      R

      Alfonso venne accolto da Santo sulle scale.

      — L’attendevo, — disse costui sorridendogli con grande amicizia.

      Lo trattava con rispetto, lasciandogli il passo alle porte e inchinandoglisi profondamente dopo di avergli aperta la porta della biblioteca. Anche alla banca coglieva ogni occasione per provargli la sua deferenza.

      In biblioteca trovò Annetta e Francesca, questa sul suo eterno ricamo, quella scrivendo.

      — Facevo il primo abbozzo, — gli disse Annetta. — Venga, venga, mi aiuterà perché da sola non ci riesco.

      Gli pose d’innanzi la carta, piccola e elegante carta da lettera, e una penna.

      — Starà maluccio ma il posto è sufficiente quando c’è tanta voglia di fare come da noi due.

      Il tavolo era troppo basso e non c’era posto perché ella non s’era curata di asportare giornali. Francesca supplì alla dimenticanza di Annetta.

      — Capisco che se non vi aiuto, da soli non ne verreste a capo.

      Prese un fascio di giornali e lo gettò in un canto.

      Sembrava che le relazioni fra le due donne fossero migliorate. Francesca non aveva più l’aspetto da sofferente quantunque sul suo volto, ch’era sempre pallido, soltanto le labbra fossero meno bianche, e Annetta non evitava di rivolgerle la parola.

      — Bada di non voler mettere la tua idea nel romanzo, perché si può ammettere di fare un romanzo in due ma non in tre.

      Avevano anzi il desiderio di rivolgersi la parola di spesso come due persone che ad ogni istante bramano di rammentarsi che non si tengono più il broncio.

      — Un paio di parole di prefazione! — disse Annetta con qualche gravità. — Vorrei spiegarle il metodo che penso si dovrebbe seguire nel lavoro per non lasciarvi troppo chiare le traccie di due menti, di due intenzioni differenti. Naturalmente che prima di tutto bisognerà far sì che le due intenzioni sieno meno differenti che sia possibile. Sarà la cosa più difficile, ma con qualche concessione da una parte e dall’altra credo che ci si arriverà. In quanto al metodo, bisognerà semplicemente dividere il lavoro.

      Con mano nervosa tracciò dei cerchi sulla carta che aveva dinanzi per render chiara quest’idea della divisione. Aveva però delle esitazioni, almeno essa lo asseriva, per spiegare come la divisione dovesse venir fatta nel caso concreto, perché temeva che la parte ch’ella gli riserbava fosse trovata da lui inferiore di troppo.

      — Dica senza riguardi, — le disse Alfonso con un sorriso e arrossendo, — di lavorare m’importa assai, ma non tanto da farmi dimenticare ch’è già un onore per me di essere stato chiamato a suo collaboratore.

      Il complimento non era stato detto male e Annetta ringraziò.

      — Ecco, ella ha idee buone, questo lo sappiamo, e a lei daremo da proporre e sviluppare idee. Io che conosco meglio la società farò il dialogo e farò la descrizione. Ella visse già sempre fra libri.

      Anche quest’osservazione era stata fatta per consolarlo di avergli negato la conoscenza della società. Molto lusingato, Alfonso accettò la proposta. Ogni singolo capitolo doveva venir fatto da lui prima e poi rifatto da Annetta.

      — Spero almeno di essere da tanto di poter riconoscere e lasciare intatte le buone idee. — Più modesta non si poteva essere. — Oh! questo è stabilito! — ed ebbe un sospiro di soddisfazione come se con ciò parte del romanzo fosse stata terminata.

      — Passiamo ora a stabilire il soggetto!

      Anche qui bisognava fare delle premesse. Era necessario tenersi presente, avvertì Annetta, che a loro occorreva il successo. Avrebbero pubblicato con uno pseudonimo ma, se non c’era il successo, il piacere di tale pubblicazione sarebbe stato troppo piccolo. Non desideravano la gloria futura e non pensavano affatto alla posterità, ma volevano il pronto successo.

      — Anche per raggiungere

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