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Macario diede un grido di sorpresa e volle sapere qualche cosa del lavoro che Annetta preparava e di cui nulla fino ad allora gli aveva detto. Conoscendo il carattere letterario di Annetta unicamente per la descrizione faceta che gliene aveva fatta Macario, Alfonso pensò che, poiché ella fino ad allora ne aveva taciuto, il lavoro doveva trovarsi in uno stato anche più embrionale del suo e che ne aveva parlato per soddisfare alla vanità stuzzicata.

      Finalmente la conversazione deviò e per opera di Annetta stessa. Si parlò dell’imminente stagione dei teatri ma più del contegno nei palchetti e in platea che sulla scena, e Alfonso stette zitto. Macario e Annetta si divertirono a nominare e a descrivere alcuni giovanotti frequentatori della platea, e dal momento in cui Annetta fece dello spirito accompagnando i suoi frizzi di certe sue risate lunghe, fragorose che la facevano contorcersi, mettere in mostra un collo bianco, grassoccio, sul quale la tensione faceva visibili poche leggere pieghettature, Alfonso si sentì impacciato. Gli pareva di vederla di nuovo cantare quella canzone bizzarra e saltare dinanzi a lui con una spudoratezza simile a quella delle matrone romane dinanzi ai loro schiavi.

      Ancora una volta si parlò di arte o quasi, come Annetta sorridendo disse al momento del congedo. Alfonso, che per poco che avesse frequentato il teatro s’era già accorto quale danno apportasse allo spettacolo il chiacchierio degli spettatori, proponeva di introdurre nei teatri il sistema dei teatri tedeschi, d’imporvi il silenzio e di abbassare nella sala i lumi. Gli spiacque di non poter più dare ragione ad Annetta per la semplice ragione ch’ella adottò il parere contrario al suo dopo ch’egli già lo aveva emesso. A teatro ad Annetta importava meno lo spettacolo sulla scena che quello in platea. Diceva che le piaceva osservare i suoi simili più che gli omicciattoli fatture di altri omicciattoli.

      — L’arte ci perde, lo riconosco, ma l’arte a teatro è poi arte?

      Fece una smorfia di disprezzo che lasciò Alfonso di nuovo ammirato Egli non sapeva abbracciare così ciecamente delle idee altrui.

      Uscendo, Alfonso scorse una donna sul pianerottolo superiore, la quale, al vedere Macario, si ritirò con precipitazione. Aveva la statura di Francesca, ma Alfonso non poté vederne il volto.

      Si sentiva avvicinato a Macario più da quella visita che da mesi di relazione. Fu subito indiscreto:

      — Strano che la signorina Francesca non sia rimasta a farci compagnia. L’altra volta mi era sembrata di carattere espansivo e allegro. Che cosa può avere da renderla così selvaggia?

      — Mal di capo probabilmente, — rispose Macario brevemente e cambiò discorso. — Ha veduto che mia cugina è migliore della sua fama e dell’idea ch’ella se ne era fatta. Ha inteso il suo invito. Da oggi ella appartiene a quello che Spalati chiama il club del mercoledì. Procuri di diventare il buon amico di mia cugina perché è una amicizia che a lei potrebbe essere utile.

      Parlava seriamente. L’utile a cui alludeva era la protezione di Annetta per l’impiego. Alfonso trovò l’allusione poco delicata e arrossì ma non protestò e si congedò anzi con una stretta di mano molto amichevole. Egli poteva dolersi di venir considerato quale una persona che tentasse di giungere per vie insolite al proprio utile; gli parve però di dover essere tanto più riconoscente a chi dimostrava di volerlo aiutare anche dopo di averlo riconosciuto per meno scrupoloso.

      R

      La signora Carolina scriveva ad Alfonso con grande regolarità. Dalle sue lettere trapelava la noia di scrivere e che non c’era che l’alta idea ch’ella s’era fatta della maternità per indurla ad inviare con regolarità al figliuolo le due paginette delle sue zampe di mosca. Soltanto per le persone colte lo scrivere può tenere luogo al parlare. Solitamente riempite da raccomandazioni, da saluti per proprio e per conto altrui, si comprendeva di quanto la scrivente venisse sollevata nella sua fatica quando c’era qualche grosso avvenimento, un matrimonio fra conoscenti nel villaggio oppure qualche morte. Allora le due paginette diventavano anche tre o quattro.

      Ricevette una lettera dalla madre il giorno dopo la visita ad Annetta e anche nell’agitazione in cui si trovava il suo contenuto lo interessò vivamente. Era una lettera di quattro facciate di cui le due prime erano le solite perché fatte evidentemente senza che la scrivente sapesse di doverci aggiungere le altre due. Nell’ultima parte la signora Carolina raccontava che la signorina Francesca le aveva scritto chiedendole se avesse abbastanza posto in casa sua per cederle una stanza. La lettera della signorina Francesca doveva essere stata molto affettuosa e le doveva essere caduta dalla penna anche qualche parola triste. La signora Carolina, cui non faceva difetto intelligenza, ne era sorpresa e supponeva che la signorina Francesca dovesse sentirsi molto disgraziata per scrivere con tale affetto a persona che le era quasi del tutto sconosciuta. «Del resto, parla di questa sua venuta fra noi con tristezza. Io le ho concesso la stanza ch’ella mi chiede, ma avrei bisogno di una compagnia un po’ più allegra.»

      Certamente la causa che induceva la signorina Francesca a lasciare la casa di Maller era la stessa che le aveva fatto mutare a quel modo il suo contegno. Doveva esserci stata con Annetta qualche forte disputa, dopo la quale la più debole doveva abbandonare il campo.

      Forse vedendo che ne conosceva tanta parte, Macario gli avrebbe comunicato anche il resto di quell’affare. Alla sera lo trovò che camminava accanto ad un uomo attempato, il quale gestiva raccontando qualche cosa che doveva essere molto interessante perché Macario ascoltava con attenzione. Ad Alfonso parve di scorgere fra quei due la medesima relazione che correva fra lui e Macario.

      Non usava fermare Macario che di spesso vedeva con altre persone o camminare con passo celere assorto nei suoi pensieri, ma avendo da raccontargli qualche cosa che non doveva essergli indifferente, non ebbe riguardi. Gli si avvicinò:

      — Avrei a dirle una parola!

      Quando non aveva ancora udito la sua domanda Macario accennava di passare oltre con un saluto cortese. Non appena uditala si volse al suo compagno per congedarsi, poi però chiese ad Alfonso se fosse cosa lunga.

      — Un solo istante! — gridò Alfonso già pentito d’averlo fermato.

      L’altro acconsentì di attendere.

      Si trattava ora di essere conciso, esponendosi al rischio di venir corrisposto da Macario con una alzata di spalle per rimproverarlo di averlo fermato per cosa futile. Questo non avvenne anzi fu tutt’altro. Macario stette a udire attento e fece dei gesti di sorpresa. Alfonso, per aumentare l’importanza della cosa, si lasciò scappar detto anche delle osservazioni fatte dalla signora Carolina sulla tristezza della signorina Francesca. Supponendo che il tutto gli fosse stato raccontato per chiedergli un consiglio, Macario gli disse di pregare la signora Carolina che aiutasse la signorina Francesca in quanto poteva. Poi andò all’altro che lo attendeva e Alfonso si trovò di aver raccontato tutto e di non aver appreso nulla.

      Pochi giorni dopo Maller lo fece chiamare. Non era stato mai tanto gentile con lui e parlò con semplicità senza volgere lo sguardo ad un canto o all’altro del suo tavolo come quando si ostinava a non guardare in faccia il suo interlocutore. Gli disse che non potendo scrivere ella stessa perché indisposta la signorina Francesca lo pregava di scrivere lui alla signora Carolina, che volesse scusarla e considerare nulla la domanda fattale pochi giorni prima. Alfonso, pronto, dichiarò che voleva scrivere sul momento.

      Maller sorrise, s’inchinò ringraziando e prendendolo in parola gli disse che desiderava che la signora Carolina fosse subito avvisata del mutamento nelle disposizioni prese dalla signorina Francesca precisamente per evitarle i disturbi di preparativi inutili. Doveva però esserci anche altra ragione per cui desiderava tanta premura perché si abbassò fino a raccomandarla un’altra volta come se non avesse dovuto bastare una sola parola per dare ad Alfonso le ali.

      — Posso dunque essere sicuro ch’ella scriverà oggi stesso?

      — Ma certamente! — assicurò Alfonso meravigliato.

      Scrisse infatti immediatamente alla madre comunicandole che la signorina Francesca aveva abbandonato l’idea di ritirarsi nel villaggio. Assorbito ogni altro pensiero dalla cura di eseguire

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