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di Spagna li hariano lasciati vivere in Repubblica, Che dicendoli Mauritio che detta Republica non si possea fare senza aiuto di Potentati esterni, Lui rispose che non havevano d'assaltare il Regno, et per questo non haveano bisogno di potenza esterna; mà che con la mutatione del Regno, che havea da soccedere secondo havea trovato per Profetie, loro soli bastavano con l'eloquenza et con gl'amici. Che l'Imperio Torchesco s'havea da dividere in due parti, Et una saria stata da parte de Christiani, Et un'altra dalla parte Maumettana, et che di quella parte di Christiani se n'haveriano visto dove per fato inclinavano. Che havendoli ditto Mauritio, che lui era andato sopra le Galere Torchesche à parlare con Morat Rais, che l'havesse voluto dare aiuto in fare detta Republica, esso fra Thomaso lo riprese di questo, che non havea fatto bene, per che li turchi sempre sogliono essere infedeli et inimici. Che lui dicea che succedendono detti romori, et mutationi nel Regno, si seriano fatti grandi, ò della parte del papa, ò della parte del Rè. Che in detto anno del 600 havea da essere unum ovile et unus Pastor, et che lui con li compagni suoi Monaci con detta occasione haveriano predicato in favore di detta Republica profetizata in benefitio del Papa». Ma dovè nominare quelli co' quali egli avea fatti tali discorsi, in ispecie poi i frati compagni suoi che avrebbero predicato con lui, giacchè il tribunale doveva occuparsi appunto degli ecclesiastici; ed ecco nominati parecchi, e s'intende che a noi sono propriamente pervenuti i nomi degli ecclesiastici già carcerati. Forse si era al secondo giorno, ed egli avea dovuto riflettere a' casi suoi; ad ogni modo troviamo qui pure l'animo suo, come sempre, soggetto all'impeto de' risentimenti, malgrado la confusione suscitata dall'atrocità de' dolori. Scorgesi infatti senza riguardi verso il Pizzoni, il Lauriana, il Petrolo, che si erano da poco tempo confrontati con lui a suo danno, abbastanza riguardoso verso fra Dionisio e naturalmente anche più verso fra Pietro di Stilo, abbastanza riguardoso perfino verso Giulio Contestabile, al quale già prima in Calabria, per lo stesso motivo de' risentimenti, aveva usato tutt'altro che riguardi. «In interrogatione chi sono questi altri religiosi, che volevano agiutare col predicare et eloquentia in detta Republica et Novità? dice che era esso deposante, Fra Gio. Battista de Pizzoni, frà Dominico Petrolo, frà Silvestro de Lauriana, frà Dionisio Pontio, et frà Pietro de Stilo lo seppe all'ultimo quando stavamo per fugire, et non seppe manco tutto lo negotio, et non ci confidiamo comunicarli questo, per che era un pazzo»! Con questo titolo di pazzo, dato al più giudizioso della compagnia, evidentemente egli quasi venne a porre fra Pietro di Stilo fuori causa. Rispetto a fra Dionisio non potea fare altrettanto, e si limitò a dire che «era consapevole di quanto si trattava, et esso fra Dionisio havea trattato, et parlato di questo negotio di fare republica la provintia in genere con fra Gioseppo Yatrinoli et fra Gioseppo Bitonti, et con Cesare Pisano, li quali vennero una sera à Stilo, et la matina per tempo si partero et non li parlò». Rispetto al Pizzoni fu più largo ed anche molto ostile, a differenza di quanto avea fatto nella Dichiarazione scritta in Calabria. «La prima volta che esso frà Thomaso ne parlò con detto frà Gio. Battista fù l'anno passato del mese di Settembre 98 in Stilo, conferendo certe conclusioni che esso frà Gio. Battista havea da tenere nel capitolo». In dette conclusioni «trattò… de statu optimae Reipublicae, et dicendoci Io le legge di quella, Lui disse, volesse Dio, che si trovasse, ma è quella di Platone, che non si trovò mai, et Io le risposi che s'haverà da trovare questa republica innanzi la fine del mondo per compire li desiderij humani del secolo d'oro, et che così era profetato, et non se ne parlò più, et dopò à Giugnetto 99. venne fra Gio. Battista à Stilo, et per strada ragionammo, et li disse io tengo per fermo che l'anno 600 facendosi mutationi, ne haveriamo fatti grandi ò da la parte del Papa, ò da la parte del Rè, et lo frà Gio. Battista cominciò à dire venesse presto questa mutatione, finalmente disse che io volesse andare à Pizzoni à parlare con Claudio Crispo et animarlo con questa novità, che non pigliasse moglie. Et in conformità di questo quando frà Gio. Battista me disse che volea portare Claudio Crispo in Arena li persuadesse che non si maritasse, per che volea che ll'agiutasse à fare le sue vendette, et finalmente dopò d'essere andato à Pizzoni rechiesto da frà Gio. Battista, mi parlò Claudio, et ragionammo un giorno sopra l'astrolabio, acciò che con questa occasione havesse possuto subintrare a trattare con detto Claudio de la mutatione del mondo, et persuaderlo à volersi trovare pronto à la novità predetta, et à fare la Provintia di Calabria Republica, et in quella occasione havendosi aboccato esso deposante con Claudio Crispo presente fra Gio. Battista Pizzoni li dissi, che la fine del mondo era presta, et che innanzi à questo havea da essere una Republica la più mirabile del mondo, et che li monaci di san Domenico l'haveano da preparare secondo l'apocalissi, et che havea da cominciare dall'anno 600, et esso Claudio s'offerse stare in ordine, et se ricorda ancora esso deposante che in Arena li mostrò una lettra, à Claudio Crispo, et à fra Gio. Battista Pizzoni di Giulio Condestabile, dove l'avisava che Mauritio era andato sopra le galere in Costantinopoli (sic). Et dice de più che frà Gio. Battista Pizzoni, et Claudio Crispo mandorno à chiamare Eusebio Soldaniero da Serrata per frà Silvestro Lauriana, et non ci volse venire. A frà Silvestro Lauriana esso deposante non hà parlato di questo negotio, se non genericamente, dicendo, volesse Dio, che fusse tutto quello, che aspettamo, presupponendo, che lo sapesse per quanto frà Gio. Battista m'havea referito». Citò pertanto (e questo forse era un po' troppo) anche il Lauriana tra quelli «che volevano agiutare col predicare et eloquenza… con li quali da Pasqua di resurrettione dell'anno passato 99 in quà havea trattato di fare detta Republica, et mutatione». Rispetto al Petrolo dichiarò avergli «parlato à Stilo dicendoli che nell'anno 1600 havea da cominciare ad essere Unum ovile, et Unus Pastor, et che noi haveriamo predicato in favore di questa republica profetizata in beneficio del Papa, et che il Papa l'haveria esaltati perchè loro si voleano pigliare alcuna parte della Provintia, et esso fra Domenico si ne contentava, et di questo ne hà parlato più volte, et esso fra Domenico era tutto cosa di esso deposante, et sempre lo hà sequitato, et cossì se offerse sequitarlo in questo». Onde lo citò egualmente tra' futuri predicatori, ed aggiunse che «con fra Domenico petruolo et fabritio Campanella andammo a Davoli, et trovò Mauritio che stava in casa di donno Marco antonio pittella, et per lettre Mauritio mandò a chiamare da Catanzaro Gio. thomase franza, et Gioan paulo de Cordoa». Infine rispetto a Giulio Contestabile confermò che era intervenuto al trattato, «quale si contentava trovarsici et era uno delli capi», aggiungendo «ch'un giorno del mese di Maggio il detto Giulio steva in camera d'esso fra Tomaso, et dicea male del Capitano di Stilo ch'era spagnolo, et in questo il vento fe cascare in terra il ritratto del Rè nostro Sig.re, et detto Clerico Giulio uscendo la porta l'incontrò innanti, et lo calpestrò, dicendo, mira à che stamo soggetti, à uno sbarbato, Re dell'uccelli». Fu dunque il vento che fece cadere il ritratto del Re, e Giulio l'incontrò innanti e così ebbe a calpestarlo, non già che lo prese e se lo pose sotto i piedi, secondochè il Campanella medesimo avea dichiarato in Calabria: non è dubbio qui che il risentimento con Giulio Contestabile si era calmato, e il fatto di lui veniva attenuato; invece col Pizzoni, col Lauriana e col Petrolo, il risentimento era vivissimo, e i fatti occorsi con loro venivano aspramente asserti.

      Da' suddetti brani, i soli che ne rimangono e così trivialmente redatti, possiamo rilevare che la confessione orale in tortura non suggellava soltanto la dichiarazione scritta, ma faceva anche emergere manifesto il disegno del Campanella di rendere il paese indipendente da Spagna e costituirlo in repubblica, essendone autore non altri che lui, ed avendolo ad istanza di lui accettato diversi frati che doveano d'accordo predicarlo, come pure diversi laici, specialmente fuorusciti, che doveano con le armi per lo meno sostenerlo. Vero è che tale disegno presentavasi subordinato alla condizione di future rivolte e mutazioni; ma questo importava poco, non potendosi ammettere nemmeno con riserva l'apostolato per una forma di Governo diversa da quella costituita, e tanto meno il preparativo dell'azione rappresentato dalle ricerche e concerti di persone che doveano promuovere quella forma di Governo con la parola e con le armi. D'altronde non appariva decifrabile per opera di chi sarebbero avvenute le rivolte e le mutazioni antivedute con le Profezie e co' segni astronomici, nè in qual modo la detta repubblica dovesse riuscire tollerata dal Papa e dal Re, essendo stata profetizzata in beneficio del Papa; egualmente non appariva decifrabile che il Campanella, mentre non voleva l'aiuto de' turchi per la detta repubblica ed avea rimproverato Maurizio che si era spinto a chiederlo, ammettesse doversi una parte de' turchi porre dal lato dei Cristiani, ed avesse continuato a trattare con Maurizio il quale avea concordato l'aiuto de' turchi, e a confabulare con persone disposte o chiamate a fare delle armi un uso più spinto e più pronto. Con ciò manifestamente veniva confermato quanto il Pizzoni, il Lauriana, il Petrolo, oltrechè molti laici,

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