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Mulino per cereali Questo è davvero un “di più”, ma considerate l’acquisto se diventate dei panificatori seriali… image Lamette per incidere il pane Sono le classiche lamette da rasoio. Si comprano al supermercato e costano pochi euro. Lo “scoring” può diventare un’arte, ma anche solo una semplice incisione a croce personalizza il pane e lo rende, oltre che buono, anche bello da vedere. image Canovacci È utile avere una bella scorta di canovacci di stoffa da utilizzare per coprire il pane. Io conservo i lenzuoli vecchi ormai bucati, li taglio in rettangoli e ci faccio i miei canovacci da pane. Ho anche un tessuto specifico per pane: un runner di lino grosso che utilizzo quando faccio la ciabatta. Questo tessuto grosso e grezzo impedisce all’impasto (che è molto liquido) di attaccarsi alla stoffa. image Cloche La cloche è una cupola di terracotta che si mette in forno e dentro la quale si cuoce il pane. La cottura nella cloche “simula” la cottura nel forno a legna, donando al pane una crosta più dorata e croccante e un interno più morbido rispetto alla semplice cottura in forno. In alternativa potete usare, se già l’avete, una pentola di ghisa con coperchio (che non abbia parti in plastica, visto che va in forno). Mettete la cloche (o la pentola in ghisa) in forno, accendetelo e lasciate che si scaldi bene. Quando il forno raggiunge la temperatura tirate fuori la cloche dal forno, disponete velocemente la pagnotta, incidetela (se vi piace), chiudete con la cupola e rimettetela subito in forno. Il tempo di cottura è lo stesso. image image

      La pasta madre e la comunità

      Ho cominciato a panificare con la pasta madre circa dieci anni fa. A quel tempo era difficile trovare qualcuno nelle vicinanze che potesse cedere un po’ del suo lievito madre. Soprattutto qui al nord, la tradizione del lievito naturale era praticamente scomparsa. Resisteva meglio al sud, ma il network di panificatori casalinghi che esiste oggi allora non c’era.

      Nella tradizione tedesca esiste, e non si è mai interrotta, la tradizione del pane con la pasta acida, la Sauerteig. Ma è una cosa diversa: la Sauerteig è una pasta madre fatta esclusivamente con farina di segale, e può essere utilizzata solo per fare il pane di segale (in tutte le sue varianti). Ha un sapore marcatamente acido e l’acidità è la caratteristica anche del pane che ne risulta. Con la Sauerteig, però, non è possibile panificare nient’altro che non sia fatto con farina di segale.

      In Italia dobbiamo la nascita del network della pasta madre a una persona: Riccardo Astolfi, il fondatore di “Comunità del cibo pasta madre”. Riccardo è stato il primo a capire che il web potesse unire quella grande comunità che, in chiave moderna, avrebbe restituito al pane e al lievito madre la sua dimensione di “collante sociale”. E così è stato: la rete di “spacciatori di pasta madre” da lui creata nel 2011 è ancora oggi attiva ed è stata il seme da cui è nata la nuova, a oggi molto numerosa, comunità di panificatori naturali. Grazie anche al suo lavoro pionieristico oggi è molto facile, in Italia, trovare qualcuno nelle vicinanze che ti regali un pezzettino della sua pasta madre.

      La mia storia d’amore con il lievito madre ha avuto un inizio un po’ travagliato. Avevo letto tutto quello che si trovava allora in internet (non molto nel 2010) e avevo capito, più o meno, come fare per creare la mia pasta madre da zero. Il procedimento sembrava semplice, e lo è, come avete già letto.

      Piena di buona volontà ho dunque fatto “nascere” il mio lievito madre personalissimo, e dopo qualche giorno di maturazione ho iniziato a usarlo. Un vero disastro! Non mi ricordo quali ingredienti avessi usato, ma il risultato fu che mangiammo per mesi un pane acido e duro come una piastrella (e anche lievitato come una piastrella!). Per mesi ho cercato di convincere la mia famiglia che il sapore acido era sinonimo di salubrità e qualità… In realtà era sinonimo di lievito madre mai diventato maturo. Tenete conto che allora non avevo termini di paragone su come dovessero risultare sapore e aspetto di un pane fatto con il lievito madre, mi muovevo abbastanza al buio, supportata solo da tanta teoria, ma nessuna pratica.

      Venne in mio aiuto, giusto un attimo prima che la mia famiglia si ammutinasse contro di me e il mio povero lievito, una cara amica, Daniela. Aveva ricevuto in dono un lievito madre da un’amica, che a sua volta lo aveva ricevuto da un’altra signora e così via, fino ad arrivare a un paesino della Calabria, ben cinquant’anni addietro. Da quel momento tutto cambiò.

      Questa è la storia della mia pasta madre, quella che ancora oggi, dopo dieci anni, utilizzo per fare il mio pane. Ve l’ho raccontata anche per darvi un consiglio: se trovate qualcuno che già panifica con la sua pasta madre (e fa un buon pane), chiedetegli di darvene un po’. Soprattutto se siete principianti assoluti.

      Le colonie di lieviti e batteri che colonizzano una pasta madre hanno bisogno di tempo per diventare stabili e dar luogo a fermentazioni equilibrate. E so per esperienza che la fretta di cominciare a panificare può farci venire voglia di utilizzare la pasta madre neonata prima che sia davvero pronta.

      Avere una pasta madre autoprodotta, se non è una stretta necessità, è un “lusso” che consiglio di prendersi quando si ha un po’ di dimestichezza con la panificazione naturale. Allora sapremo esattamente qual è il risultato ottimale, e sapremo valutare il momento giusto per cominciare a usarla.

      C’è anche un altro motivo per cui vi consiglio di mettervi in cerca di una pasta madre già matura e in attività nella cucina di qualcuno: quella dei panificatori naturali è una comunità di cui è molto bello fare parte.

      In un mondo che ci vuole consumatori passivi, rinchiusi nelle nostre case, davanti a schermi che ci permettono di fare quasi tutto dal nostro salotto, il cibo può davvero diventare, nuovamente, rivoluzionario. Dico “nuovamente” perché è dal cibo, dal bisogno di nutrirsi e di nutrire la propria famiglia e comunità che sono nate le grandi rivoluzioni umane. Il cibo è la base del nostro essere vivi. Il cibo è ciò che introduciamo nel nostro corpo, tutti i giorni, più volte al giorno.

      Sono banalità? No. Non oggi.

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      Siamo così abituati ad avere tutto a disposizione che non ci soffermiamo più sul vero valore delle cose. Ecco, la pasta madre, fare il pane in casa lentamente, con consapevolezza, può aiutarci a ricostruire una scala di valori e una lista di priorità che siano davvero umane.

      •La consapevolezza è figlia della lentezza.

      •Il mercato ci vuole veloci e inconsapevoli.

      Fare il pane non deve essere un’attività “solitaria”, anche se ognuno la svolge nella propria cucina.

      Andare in cerca di altri panificatori, “contaminare” la propria pasta madre con quella di altri, leggere libri, blog, storie di pane e persone, condividere ricette e metodi… anche questo fa di noi dei “panificatori naturali” e, in qualche modo, dei “rivoluzionari”.

      Io credo che i social abbiano delle potenzialità favolose per la costruzione di queste comunità che, a differenza del passato, invece di condividere un luogo geografico condividono una passione, una visione del mondo. Ho imparato tantissimo da persone conosciute sui social, molte sono poi

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