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nel vasetto di vetro e mettete una stoffa bagnata a coprirlo. Lasciatelo sul bancone della cucina, a temperatura ambiente.

      50 gr impasto del giorno 1

      50 gr acqua

      50 gr farina 0 macinata a pietra

      Passate 24 ore, prendete 50 gr di impasto (buttate il resto) e mescolateli con 50 gr di acqua e 50 gr della stessa farina.

       Giorno 3

      50 gr impasto del giorno 2

      50 gr acqua

      50 gr farina 0 macinata a pietra

      Passate 24 ore, prendete 50 gr di impasto (buttate il resto) e mescolateli con 50 gr di acqua e 50 gr della stessa farina.

      Continuate così per 10-15 giorni. La parte di impasto che non utilizzate dovete buttarla via. Lo so, è un peccato, ma in questa fase non c’è molto che possiate fare con questa pasta madre immatura.

      A un certo punto del processo, dovreste cominciare a vedere delle bollicine sulla superficie dell’impasto e anche sui lati. Significa che sta cominciando la fermentazione. Una pasta madre matura si riconosce da queste caratteristiche:

      •aumenta di volume nelle 8 ore successive al rinfresco

      •ha un profumo acido, ma non troppo; deve ricordare lo yogurt

      Quando avrete ottenuto queste caratteristiche, e comunque non prima di 10-15 giorni, potrete cominciare a fare il pane.

      Conservatela in frigorifero (la fermentazione rallenta con l’abbassarsi delle temperature) e tiratela fuori solo quando vi serve.

      Vi consiglio, una volta che avete la vostra pasta madre, di rinfrescarla (vedete sotto) fino ad averne almeno 200 gr.

       Il rinfresco

      La caratteristica fondamentale del lievito madre, che lo differenzia da quello di birra, è che va nutrito. L’operazione di “dare da mangiare” ai lieviti e batteri che abitano la nostra pasta madre si chiama rinfresco. D’ora in poi userò sempre questo termine.

       Rinfrescare la pasta madre è molto semplice:

      pesate la pasta madre, aggiungete lo stesso peso di acqua e di farina e mescolate bene (esempio: se avete 120 gr di pasta madre, aggiungete 120 gr di acqua e 120 gr di farina)

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      Io per questa operazione di solito uso sempre la stessa farina: farina 0 biodinamica macinata a pietra. Questo perché voglio avere una pasta madre “bianca”, in modo da poterla usare quando faccio i “grandi lievitati” (tipo il panettone). In generale potete usare la farina che preferite, basta che abbia glutine. Vi consiglio di scegliere un tipo di farina per il rinfresco e usare sempre la stessa (grano tenero, farro, grano integrale, di tipo 2…). In questo modo le vostre colonie di batteri e lieviti si stabilizzeranno ulteriormente, avendo a disposizione sempre lo stesso tipo di nutrimento.

      Il rinfresco va eseguito ogni volta che si vuole fare il pane. La pasta madre resiste bene e a lungo, se riposta in frigorifero. Ma non dovete pensare che l’attività fermentativa si fermi. Anche se rallenta, continua imperterrita. E con il passare dei giorni questa attività fermentativa fa diventare acido il nostro lievito madre. Ve ne accorgerete facilmente: dopo qualche giorno in frigo, il lievito madre avrà un odore più acido, che andrà intensificandosi con il passare del tempo. Non vi preoccupate: è del tutto normale e non significa che la pasta madre sia “andata a male”. Significa solo che, per usarla, dovrete rinfrescarla.

      Mi capita molto spesso che qualcuno mi dica che ha dovuto buttare la sua pasta madre perché “era morta”. Nella maggior parte dei casi non era necessario. Bastavano un paio di rinfreschi a distanza di 12 ore e si sarebbe ripresa.

      La pasta madre va buttata via solo se assume un colore strano, grigio scuro o giallognolo, e puzza davvero in maniera nauseabonda. In dieci anni a me non è MAI successo. È un evento piuttosto raro.

      E adesso veniamo alla domanda che, più di tutte, mi viene fatta durante i corsi: con quale frequenza va rinfrescata la pasta madre?

      Molte persone vorrebbero panificare con il lievito madre, ma temono moltissimo l’impegno che, a sentire alcuni, ne deriverebbe: notti insonni a vegliare il lievito, giornate intere per rinfrescare, isterismo familiare collettivo, vacanze rovinate dalla presenza del vasetto di pasta madre… Ne ho sentite di tutte, in questi anni. Nessuna di queste cose corrisponde alla realtà. Il lievito madre è un organismo molto resistente, e NON è necessario rinfrescarlo tutti i giorni. In frigo resiste benissimo anche quindici giorni.

      Detto questo, e spero di avervi tranquillizzati, io dico sempre, all’inizio dei miei corsi, che se volete avere un lievito vitale, profumato che vi doni un pane altrettanto buono, dovreste utilizzarlo, in linea generale, almeno una volta alla settimana, anche solo per la pizza del sabato sera. E quando andate in vacanza non è necessario portarselo dietro! Lasciatene in frigo circa 200 gr. Al vostro ritorno basteranno due rinfreschi a distanza di 12 ore l’uno dall’altro e sarà pronto a ripartire.

       Fare il pane

      Faccio una doverosa premessa: questo libro vuole essere il racconto di come io faccio il pane. Non sono una panettiera professionista: sono una contadina-cuoca con una grande passione. Ho perfezionato il mio metodo di fare il pane negli anni, con il contributo esterno di moltissimi altri panificatori casalinghi e professionisti. E questo metodo funziona. Ma non esiste “il” metodo per fare il pane. Se comprate dieci libri sullo stesso argomento, troverete dieci metodi diversi fra loro.

      La maggior parte delle ricette del libro segue fedelmente i passaggi e le tempistiche che vi illustro in questo capitolo. Alcune ricette sono più complesse (panettone, pandoro, colomba…), altre più semplici e veloci (schiacciata, kukeler…). I principi generali restano comunque quelli illustrati di seguito. Una volta capito il perché di ogni passaggio, sarà semplicissimo adattare qualunque ricetta troviate su altri libri o sul web a questo metodo.

      Voglio essere sincera: è molto importante che accettiate il fatto che l’esperienza è fondamentale. Può darsi che i primi tentativi non diano i risultati sperati. Ma il pane, e ancor di più il pane di pasta madre, è una pratica, come lo yoga, come curare un orto, come filare la lana (altra mia passione): ci vogliono un po’ di impegno e costanza per raggiungere risultati ottimali. Ci vogliono spirito positivo, passione ed entusiasmo. E soprattutto: tempo e pazienza.

      I passaggi e le dosi di questo capitolo sono per un generico pane da tavola di farina 0 biologica di circa 900 gr. Se volete farne di più, semplicemente adattate le quantità. Quando panifico, io tendo a fare almeno 2 pagnotte da 900 gr: si ottimizza l’uso del forno e vi ricordo che il pane naturale dura molto più a lungo di quello fatto con il lievito di birra.

      Potete decidere di impastare a mano oppure con l’aiuto di una macchina. Impastare a mano è molto bello e aiuta a conoscere sempre meglio le caratteristiche dei vari impasti. Ma non è obbligatorio! Non sentitevi meno panificatori “naturali” se decidete di farvi aiutare da un’impastatrice (o una planetaria, o il Bimby oppure un robot da cucina): anzi, risparmiare un po’ di tempo potrebbe essere la variabile che vi aiuta a essere costanti.

      Se siete principianti, seguite i passaggi alla lettera, fino a che non avrete preso una po’ di “mano”. Se invece siete già panificatori piuttosto navigati, le ricette del libro possono tranquillamente essere adattate al vostro metodo di panificazione. Ma vi do un consiglio: siate sempre curiosi! Ogni tanto provate a fare il pane in maniera diversa. Io ho avuto grandi sorprese, sperimentando.

       1. il rinfresco

      Come

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