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agevolezze e quali avanzi

       nella fronte degli altri si mostraro...?

      Non si mostrarono, ella intende. Dunque gli rimprovera d'aver trovati impedimenti, dove non erano, e agevolezze, dove non si mostrarono, e gl'impedimenti, nella via che conduceva al bene, e le agevolezze, dove? in una selva aspra e forte.

      Era dunque il suo, difetto di quello amore che scevera le agevolezze dagli impedimenti; cioè di prudenza. E nessun'altra parola, fuor che questa d'imprudenza, alcuno potrà mettere come postilla all'ultimo rimprovero di Beatrice, quand'ella, nella sua gloria e nella sua felicità, mostra così mesta pietà per il suo amatore:[73]

      Ben ti dovevi, per lo primo strale

       delle cose fallaci, levar suso

       di retro a me che non era più tale.

      Non ti dovean gravar le penne in giuso

       ad aspettar più colpi, o pargoletta,

       o altra vanità con sì breve uso.

      Nuovo augelletto due o tre aspetta;

       ma dinanzi dagli occhi dei pennuti

       rete si spiega indarno, o si saetta.

      Ella dice: Tu fosti ferito, lo so: chi lo può saper meglio di me? Ebbene, tu ti lasciasti ferire ancora! Eppure non eri più come gli uccellini di nidio, che sino a un certo punto, per la loro curiosità, sono imprudenti. Eri già pennuto, eri uccel volastro, e dovevi avere quella ch'essi hanno: prudenza, o fanciullo con la barba!

       Indice

      E lo smarrimento nella selva esattamente raffigura il difetto di prudenza. La prudenza è virtù dirigente, e il suo medio è la rettitudine della ragione.[74] Dante aveva smarrita la diritta via. La prudenza è, secondo l'espressione stessa di Dante, lume.[75] Ed egli si trova in una selva oscura. Il prudente, secondo la dichiarazione di S. Agostino, accolta nella Somma,[76] è porro videns, chi vede innanzi sè: e Dante non sa come entrasse nella selva, quasi avesse gli occhi abbacinati dal sonno, e vi si aggira al buio, e notte è il tempo che vi passò. Della prudenza è propria la notturna guardia e la diligentissima vigilanza.[77] E Dante era pien di sonno quando entrò, e assonnato vi rimase, sì che notte egli chiama quel decenne errore, che cominciò col sonno e finì con un risveglio:[78]

      Guardai in alto...

      gli occhi di lui si aprono: è mattino.

      In fine egli era quasi morto, nella selva che

      tanto è amara che poco è più morte.

      Orbene è dottrina dei filosofi cristiani che la prudenza s'infonda col battesimo, sì che ella si trovi, secondo abito se non secondo atto, nei bambini battezzati, anche quando non hanno l'uso di ragione;[79] e non si trovi nei pagani, quand'anche siano spiriti magni. Essa è il lume che mostra all'anima sensitiva ciò che è da fuggire e ciò che da seguire. Essa è il principio,[80]

      là onde si piglia

       ragion di meritare,

      e perciò non possono meritare nè i parvoli non battezzati, nè quelli, che pur innocenti di vita,[81]

      non adorâr debitamente Dio,

      per essere stati dinanzi al cristianesimo. Tanto questi che quelli sono morti a Dio, perchè il peccato originale, che il battesimo in essi non cancellò, è morte dell'anima. Con esso la morte entrò negli uomini. Ora quelli che questa prudenza infusa che in loro è in abito, non riducono ad atto, non hanno nemmen essi quella ragione di meritare che manca ai non battezzati; e sono come loro, morti; quasi morti, peraltro; perchè la prudenza infusa può in essi mostrarsi alfine, e dirigere e illuminare l'anima sensitiva. Perciò Dante, che non aveva prudenza, è come morto; e la selva oscura che è simbolo di questo difetto di lume, è perciò

      tanto amara che poco è più morte.

      In verità assomiglia alla morte in quanto è un sonno profondo, una notte lunga d'oblìo. È una morte dalla quale uno si può destare.

      Ma Dante non dice solo che a noi fu dato lume a bene ed a malizia; sì, che in conseguenza ci fu dato anche libero volere:

      lume v'è dato a bene ed a malizia

       e libero voler...

      E poco oltre dichiara:[82]

      Innata v'è la virtù che consiglia,

       che dell'assenso de' tener la soglia.

      Questo è il principio, là onde si piglia

       ragion di meritare in voi, secondo

       che buoni e rei amori accoglie e viglia.

      Color che ragionando andaro al fondo

       s'accorser d'esta innata libertate...

       Da quella virtù scende dunque la libertà, innata l'una, innata l'altra. E la virtù che consiglia è quel lume. Il quale chi non ha, non è dunque libero: è servo. Sicchè Dante nella selva oscura, oltre quasi morto, era anche quasi servo. E come no? Non lo dice egli a Beatrice, quand'ella nell'Empireo si allontana da lui, ed esso comprende in un'orazione tutto il bene che ebbe da lei:[83]

      Tu m'hai di servo tratto a libertate?

      e non lo dice a lui Virgilio avanti l'Eden, quando, poco prima di allontanarsi, riassume tutto il bene che gli fece:[84]

      libero, dritto, sano è tuo arbitrio,

       e fallo fora non fare a suo senno?

      Virgilio fu lo strumento di Beatrice, e da Beatrice Dante riconosce il bene che ebbe pur da Virgilio; e questo bene è la libertà, che prima non aveva. Il qual difetto è pur raffigurato nella selva, la cui mancanza di lume arreca servitù.

      In vero le parole,

      tu m'hai di servo tratto a libertate,

      esprimono o i due punti estremi del cammino di Dante, la selva e l'empireo, o i due punti estremi della missione di Virgilio, quando gli apparve e quando lo lasciò. In tutti due i casi l'idea di servitù si fonde nella imagine della selva; chè (per non parlare che del secondo caso) Virgilio apparve a Dante, quand'esso era ripinto dove il sol tace,[85] cioè nell'oscurità, quand'esso rovinava in basso loco, cioè nella valle, quand'esso ritornava a tanta noia, cioè nella selva amara.

      Dante era dunque come un non battezzato, finchè stette nella selva e quando era per ritornarci: era servo e quasi morto. In fatti quando poi, passato Acheronte; si trova nel limbo, tra le anime dei non battezzati, prova, diremmo noi, come un'allucinazione. Che è? che non è? dove si trova? ma è ancora nella selva? nella selva oscura, simbolo del manco di lume, e perciò di libertà, e quasi di vita e di battesimo? Virgilio gli ha confermato il fatto della discesa del possente, portatore di libertà. E Dante narra:[86]

      Non lasciavam l'andar, perch'ei dicessi,

      dicesse di questa liberazione,

      ma passavam la selva tuttavia...

      come la selva? la selva della servitù? Sì:

      la selva, dico, di spiriti spessi.

      Dante non si trastulla con le parole! Dante sa quel che dice! Se la selva significa la mancanza di libertà del volere, il limbo che tiene in sè i non battezzati è una selva anch'esso. Mirabile linguaggio!

      Ed è oscura questa selva. Dante vede infatti un foco,[87]

      ch'emisperio di tenebre vincia.

      Il fuoco risplendeva nel mezzo alle tenebre, senza sperderle e allontanarle. Quel luogo è[88]

      non tristo da martiri,

       ma di tenebre solo.

      Anche la selva oscura, nella quale Dante si ritrovò smarrito, in

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