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       Federico De Roberto

      Gli amori

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066071165

       PREFAZIONE

       LA MUTA COMUNIONE

       L'INDISCRETA DOMANDA

       L'OMONIMO

       LA VEGLIA

       IL SOSPETTO

       LA CERTEZZA

       UN'INTENZIONE DELLA DUFFREDI

       L'INDOVINELLO

       FINO A MORIRNE

       OMISSIONI

       UNO SCRUPOLO DI DON GIOVANNI

       UN GIGLIO

       LA VENERE DI SIRACUSA

       L'ESTRO

       ANACRONISMO

       IL GRAN RAPPORTO

       L'AFFARE DEI QUATTRINI

       UN'EQUAZIONE MORALE

       LE CICATRICI

       LA TOSCANINA

       LO SCANDALO

       LA JETTATRICE

       LA CONSOLATRICE

       LE PROVE

       DIBATTIMENTO

       IRONIE

       L'ASSURDO

       LETTERE DI COMMIATO

       L'AMOR SUPREMO

       Indice

       Milano, 7 agosto 1897.

      Mia cara amica,

       Questo volume è suo. Dirò anzi di più: come senza di lei non lo avrei scritto, così senza il suo permesso non lo potrei pubblicare. Le lettere che lo compongono le appartengono; raccogliendole insieme io mi uniformo al suo desiderio — al suo comandamento.

      Il suo giudizio sul mio libro dell' Amore si compendiò in queste parole: «L'amore c'è soltanto nel titolo.» Le mie teorie la sdegnarono; ella si rifiutò di ammetterle, osservando che di teorie, di sistemi, di ipotesi, ciascuno può costruirne quanti ne vuole, ma che i fatti importano unicamente. Ecco come e perchè mi sentii nell'obbligo di addurle alcuni esempii delle astratte proposizioni enunziate in quello studio. Già dissi a lei, ma debbo ora ripetere ai miei — ai nostri! — nuovi lettori, che non uno di questi esempii è inventato: io non ho fatto e non ho voluto fare opera di fantasia, ma di osservazione. Il gran pubblico che non sa delle nostre amabili liti, che s'interessa mediocremente ai particolari modi di vedere intorno ai rapporti dei sessi, forse potrà accordare un poco di attenzione a queste lettere per spirito di verità che mi animò nello scriverle.

       Vede come ho fatto miei i suoi ragionamenti? Ma ella già sapeva che non è un'impresa disperata quella di persuadere a un autore che l'opera sua vale qualcosa... Mi lasci ora sperare — per me e per lei — che il pubblico non sia del parere contrario, e voglia gradire ancora una volta l'espressione della singolare reverenza con la quale sono

       di Lei, gentilissima Amica,

      dev.mo ed obb.mo

      F. de Roberto

      All'illustrissima Signora

      la Contessa R. V.

      Siena

      [pg!1]

       Indice

       Contessa gentilissima e furibonda amica,

      Mea culpa! Mea culpa! Mea maxima culpa!... Non basterà picchiarsi il petto, accusarsi umilmente, implorare perdono? Ella dice di no? La colpa mia è proprio irremissibile?... Via, mi lasci almeno sperare. Ella sa del resto benissimo che la speranza non ha bisogno, non che di permessi, ma neppure d'argomenti per farci accogliere le sue persuasioni. Se pure ella non vuole, io posso egualmente credere che un giorno o l'altro la troverò meno severa contro questo povero signor Me Stesso... E dire che era tanto disposta all'indulgenza! Mi faceva buone tante cose! Tollerava la mia freddezza, il mio scetticismo, la «scettica e spietata freddezza» con la quale esposi le teorie più sconfortate; scusava, se pure non giustificava, il «vandalismo morale» col quale mi ero messo a sfrondare, ad abbattere, a disperdere ogni poesia e ogni idealità! Ma una cosa l'ha rivoltata, una goccia «di fiele» ha fatto traboccare il suo sdegno. Quando io ho detto che gli uomini non possono intendersi, che le anime non possono comunicare, che il pensiero e il sentimento [pg!2] sono intrasmissibili, non m'è valso riferire il giudizio d'un filosofo come Taine, non m'è giovato citare un poeta come Baudelaire, è stato inutile tentare lunghe e minute

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