Скачать книгу

si agitò e accelerò il passo vedendo alla finestra la testa nera di Rosina, il suo primo amore. Non l’amava più, questo era certo, ma quale dolce e giocondo sentimento al rivederla!

      Era una giovinetta che serviva la vecchia parente presso la quale abitava, ma in casa aveva tanto poco da fare che viveva come una signorina, meglio di qualunque altra ragazza del villaggio. Alfonso aveva ballato con lei ad una sagra e l’aveva prescelta prima di tutto perché egli la vedeva bellissima e poi perché per cultura e vestire gli sembrava superiore alle altre. Poi s’era sviluppata fra di loro una buona amicizia che si manifestava in alcune parole che scambiavano giornalmente, ella sulla finestra e lui sulla via. Qualche sera chiacchierarono insieme fermandosi un poco più in là della casa, dunque fuori del villaggio, ma nella completa oscurità egli non s’era arrischiato neppure di baciarle la mano. Le aveva fatto delle lodi esagerate della sua bellezza, ma non le aveva neppure detto di amarla. Il suo ideale non era realizzato in Rosina ed allora non aveva ancora rinunziato a trovarlo. Non aveva dunque mai avuto l’intenzione di andare più oltre, mentre nel villaggio si disse, e la signora Carolina lo riscrisse ad Alfonso, che Rosina aveva provato una forte disillusione alla sua partenza.

      Si avvicinò meravigliato ch’ella non lo avesse riconosciuto subito pur avendolo veduto:

      — Signorina, non mi riconosce?

      — Oh! il signor Alfonso! — disse Rosina con sorpresa calma, e fece un leggiero inchino esitante forse perché non ancora lo aveva riconosciuto oppure perché non s’era ancora risolta a riconoscerlo.

      — Non mi dà neppure la mano?

      — Eccola!

      Ma non gliela diede ancora. Prima di sporgersi dalla finestra guardò a destra e a sinistra per accertarsi che nessuno la vedesse.

      — Come sta la signora Carolina? — chiese essa ritirando la mano che per un solo istante aveva lasciata inerte in quella di Alfonso.

      — Oh! male! male! — disse Alfonso commosso stranamente da quegli occhi neri e dai capelli lisciati alle tempie e a chiocciola sulle orecchie. Quello che le mancava nel vestire e nel parlare le dava quella freddezza che rendeva tanto desiderabile il sorriso amichevole di cui altre volte non era stata parca.

      — Rimane qui ora?

      — No! — rispose Alfonso, — soltanto finché mamma per la sua malattia non possa moversi; poi ci stabiliremo in città.

      — Io sono promessa sposa, — disse ella con semplicità.

      Visto che di questa comunicazione nessuno l’aveva richiesta, era evidente che la faceva per avvisarlo che poco le importava della sua partenza dal villaggio.

      Egli quasi si dimenticava di chiederle chi fosse lo sposo felice.

      — Gianni.

      Gianni era il figliuolo di Creglingi il bottegaio. Un bel giovinotto che sorvegliava l’amministrazione dei campi del padre, il quale non aveva mai voluto lasciare la sua bottega ove aveva fatto i danari. Rosina faceva una bella fortuna, certamente maggiore che se avesse sposato Alfonso.

      — Le mie congratulazioni! — disse Alfonso un po’ troppo tardi perché potessero venir credute sincere.

      — Tanti saluti alla signora Carolina, — fece improvvisamente Rosina e si ritirò senz’altro.

      Comprese subito la ragione di tale fuga. Dallo svolto della via si avanzava il notaio Mascotti accompagnato da Faldelli, il proprietario di una delle due osterie esistenti nel luogo. Era un vecchio vestito sordidamente e i cui vestiti pendevano dalle membra scarne. Doveva aver freddo perché teneva le mani ritirate nelle maniche della giacca.

      Lo salutarono ed egli si avvicinò loro. Faldelli alzò un braccio stendendo la mano fuori della manica e strinse con una stretta forte ma breve quella di Alfonso; poi riparò la mano di nuovo nella manica. Non era cortese, e quando Mascotti chiese ad Alfonso come stesse la madre egli si trasse in disparte e guardò attorno distratto.

      La domanda cortese di Mascotti fece pensare ad Alfonso ch’era quella l’occasione di rimproverare a costui la sua poca cura per la signora Carolina.

      Molto serio cominciò a raccontare della triste notte trascorsa e dello spavento avuto, e subito con l’accento di grande amarezza e d’ira parlò del modo tenuto da Giuseppina alla quale era stata affidata la vita della madre.

      Certamente Mascotti doveva avere già compreso ch’era a lui che si voleva tenere la predica. Risoluto pronunziò le parole bonarie:

      — Eh! un poco poltroni siamo tutti a questo mondo. Giuseppina se la sarà presa comoda vedendo che lei c’era là, perché non occorre mica essere in quattro accanto ad un ammalato!

      Non era più il modo con cui s’era difeso il giorno prima e Alfonso ne fu sorpreso. Lo vedeva risoluto e si capiva preparato, perché così presto aveva compreso e respinto l’attacco. Non negava più che intorno alla signora Carolina ci fosse stata poca cura, ma trattava tutta la faccenda come cosa di piccola importanza. Era il curatore, ma si poteva provargli che perciò avrebbe dovuto occuparsi della salute della signora Carolina? Alfonso temette che se gli avesse detto qualche brutta parola, di quelle che aveva pensate durante la notte, nell’ira contro Giuseppina, Mascotti non gli rispondesse brutalmente. Tacque perciò.

      Il notaio gli comunicò che Faldelli aveva messo da parte dei capitali e che aveva l’intenzione di comperare dei terreni. Pareva che questa comunicazione dovesse venir seguita da altre che potessero avere maggior importanza per Alfonso. Faldelli lo interruppe per salutarli. Disse a Mascotti stringendogli la mano:

      — Non c’è mica fretta, sa, signor notaio!

      Si avviò con passo frettoloso verso la sua osteria situata di faccia alla bottega del Creglingi nella piazzetta triangolare.

      — Ella fa una passeggiatina per rivedere i luoghi natii, — disse Mascotti di buon umore. — L’accompagno a patto che non si metta a correre.

      Alludeva scherzando a quel brutto momento quando Alfonso aveva perduto la testa all’annunzio dello stato in cui trovavasi sua madre.

      Sulla via principale, casa per casa era rimasta inalterata coi colori immutati perché maggiormente non potevano sbiadirsi, le identiche insegne, alcune finestre sempre chiuse, altre sempre aperte. Ad Alfonso il villaggio sembrava vecchio come un oggetto di museo, che non viene toccato che per farvi i lavori necessari per conservarlo come è. Tutta l’attività degli abitanti si riversava fuori del villaggio, sui campi.

      Una sola casa era stata mutata, aumentata di un piano e sul fianco si distingueva la fabbrica nuova dalla vecchia per il colore annerito della calce che copriva quest’ultima. Era ora abitata dal Selini, fornaio, ma la casa in villaggio si chiamava ancora sempre casa Carli, dalla famiglia che prima l’aveva posseduta.

      Facilmente ad Alfonso riuscì di togliere col pensiero dalla casa tutto quanto vi era stato sovrapposto e rivederla più piccola, nera, triste, casa disgraziata in cui in pochi giorni erano morti meno uno tutti i membri della famiglia Carli: due ragazzi coi quali Alfonso aveva giuocato, una fanciulla di tre lustri e il padre, un buon amico del vecchio Nitti, lindo, sempre vestito di una giubba bianca tanto candida che non vi si distingueva la farina onde era aspersa. Alfonso si rammentava di tutti i particolari di quella sventura, la quale nella sua gioventù aveva segnato una traccia indelebile. In faccia a tutti quegli organismi sani e forti distrutti o creati inutilmente, egli aveva avuto i primi dubbî.

      Una sera il vecchio Nitti era rincasato più tardi del solito e aveva raccontato che Guido Carli, il più giovine dei figliuoli, era stato colpito dal tifo, tanto violentemente che il dottore supponeva che non avrebbe resistito. Il giorno prima Alfonso aveva parlato col giovinetto che ora era moribondo. I Nitti abitavano dirimpetto ai Carli e più volte durante la notte Alfonso andò alla finestra a vedere la bruna casa di cui una sola stanza era illuminata, quella ove si lottava con la morte.

      Pochi giorni dopo il giovinetto morì, e quando Alfonso andava meditando quali segni d’affetto egli potesse dare all’amico che sopravviveva, per consolarlo

Скачать книгу