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      “Credo che, se ci fosse qualche indizio, sia stato già trovato dalla polizia” disse Ellington. “Forse possiamo trovare qualcosa nei verbali.”

      Mackenzie annuì, ma i suoi occhi erano caduti su qualcos'altro. Raggiunse l'angolo più lontano, dove tre dei contenitori di plastica erano stati impilati uno sopra l'altro. Incastrata nell’angolo, tanto nascosta che non l'aveva notata durante la sua ispezione iniziale, c’era una bambola. Era vecchia, con i capelli ingarbugliati e macchie di sporco sulle guance. Sembrava uscita da un film horror di serie B.

      “Inquietante” commentò Ellington, seguendo lo sguardo di Mackenzie.

      “E stranamente fuori posto” rispose lei.

      Prese la bambola, facendo attenzione a non toccarla troppo, nel caso in cui potesse costituire una prova. Certo, a prima vista sembrava solo un oggetto casuale, forse gettato nel mucchio all'ultimo minuto, quasi come per un ripensamento.

      Ma tutto il resto qui dentro è meticolosamente organizzato e catalogato. Questa bambola salta all’occhio. Anzi, sembra quasi che sia stata messa lì intenzionalmente.

      “Credo che dovremmo metterla in una busta per la raccolta prove” disse. “Perché questo è l’unico oggetto a non essere dentro una scatola? Questo posto è davvero ordinato. Perché lasciare fuori solo la bambola?”

      “Pensi che sia stato l'assassino a metterla lì?” chiese Ellington. Non aveva ancora finito di formulare quella domanda, che iniziò a considerarla estremamente plausibile.

      “Non lo so” ammise lei. “Ma penso di voler andare a dare un'altra occhiata al magazzino di Claire Locke. E voglio anche vedere in quanto tempo riusciamo ad ottenere il dossier completo degli omicidi in Oregon a cui hai lavorato... ai vecchi tempi.” Pronunciò l’ultima parte ridendo, senza lasciarsi sfuggire l'occasione di prenderlo in giro per il fatto che aveva sette anni più di lei.

      Ellington si voltò verso Underwood, che era rimasto sulla porta, fingendo di non origliare. “Immagino che non abbia mai parlato con la signorina Newcomb al di fuori delle questioni legate all’affitto, vero?”

      “Temo di no” disse Underwood. “Cerco di essere amichevole e ospitale con tutti, ma ce ne sono tantissimi, sa?” Poi vide la bambola che Mackenzie aveva ancora in mano e si accigliò. “Ve l’ho detto... ci sono un sacco di stranezze qui dentro.”

      Mackenzie non ne dubitava. Ma quella bambola in particolare sembrava completamente fuori posto. E aveva intenzione di scoprire cosa significasse.

      CAPITOLO NOVE

      A causa dell'ora tarda, Quinn Tuck era comprensibilmente seccato quando Mackenzie l’aveva chiamato. Tuttavia, disse loro come entrare nel complesso e dove si trovavano le chiavi di riserva. Era quasi mezzanotte quando Mackenzie ed Ellington aprirono di nuovo il magazzino di Claire Locke. Mackenzie non poteva fare a meno di sentire che stavano girando in tondo – e quella sensazione non era particolarmente incoraggiante all'inizio del caso – ma pensava anche che fosse la mossa giusta.

      Mackenzie entrò mentre ancora pensava alla bambola trovata nel magazzino di Elizabeth Newcomb. Forse era solo una suggestione causata dall'ora tarda, ma stavolta quel luogo le appariva più inquietante. Gli scatoloni impilati sul retro non erano perfetti come quelli dell'unità di Elizabeth Newcomb, ma erano comunque in ordine.

      “È un po’ triste, vero?” commentò Ellington.

      “A cosa ti riferisci?”

      “A tutte queste cose... le cassette, gli scatoloni. È probabile che non li aprirà più nessuno a cui importi del loro contenuto.”

      Era effettivamente un pensiero triste, che Mackenzie cercò di scacciare in un angolo della sua mente. Si avvicinò agli effetti personali di Claire, sentendosi quasi un’intrusa. Con l’aiuto di Ellington, aprirono ogni scatolone per verificare l'eventuale presenza di bambole o altre stranezze, ma non trovarono nulla. Poi Mackenzie si rese conto che si aspettava di trovare qualcosa di lampante, come quella bambola, ma forse c'era qualcosa di diverso, qualcosa di più piccolo...

      O forse non c'è alcun collegamento, pensò.

      “Ehi, guarda qui” disse Ellington.

      Era in ginocchio vicino alla parete destra. Indicò nell'angolo, in un anfratto tra il muro e una pila di scatole di cartone. Anche Mackenzie si mise in ginocchio e vide quello a cui si riferiva Ellington.

      Era una teiera in miniatura – non nel senso di una teiera piccola, ma più simile a una teiera da gioco, di quelle usate dalle bambine per fare finta di prendere il tè.

      Mackenzie si chinò e la raccolse dal pavimento. Era piuttosto sorpresa di scoprire che non era fatta di plastica, bensì di ceramica. Sembrava una vera teiera, solo che non era più alta di quindici centimetri. Poteva stare benissimo nel palmo di una mano.

      “Se vuoi il mio parere” disse Ellington “Non credo proprio che sia finita lì per caso, lasciata da qualcuno che si era stufato di mettere a posto.”

      “E non è semplicemente caduta fuori da una scatola” aggiunse Mackenzie. “È di ceramica. Se fosse caduta fuori da una scatola, si sarebbe frantumata sul pavimento.”

      “Allora, che diavolo significa?”

      Mackenzie non aveva una risposta. Entrambi rimasero ad osservare la teiera, piuttosto graziosa, ma al tempo stesso sporca, esattamente come la bambola nel magazzino di Elizabeth Newcomb. Nonostante le dimensioni, Mackenzie aveva l’impressione che rappresentasse qualcosa di molto più grande.

      ***

      Era l’una e cinque minuti quando finalmente fecero il check-in in un motel. Mackenzie era stanca, ma al tempo stesso rianimata dall’enigma offerto dalla bambola e dalla teiera. Una volta arrivata nella stanza, si cambiò rapidamente, indossando una maglietta e pantaloncini da ginnastica. Mentre Ellington si cambiava a sua volta, accese il portatile e aprì la casella di posta elettronica. McGrath aveva incaricato qualcuno di inviare loro ogni singolo file che avevano sugli omicidi di Salem, in Oregon, di otto anni prima.

      “Cosa stai facendo?” chiese Ellington raggiungendola. “È tardi e domani sarà una lunga giornata.”

      Ignorandolo, Mackenzie gli chiese: “Non c'era niente nei casi dell'Oregon che riconduca a tutto questo? Una bambola, una teiera... niente del genere?”

      “Onestamente, non ricordo. Come ha detto McGrath, io ho avuto solo piccoli incarichi nelle indagini. Ho interrogato alcuni testimoni, ho riordinato rapporti e documenti, cose del genere. Se c'era qualcosa di simile, non è saltato all’occhio. Non sono pronto ad affermare che i casi siano collegati. Certo, sono terribilmente simili, ma non identici. Eppure... non farebbe male controllare in modo più approfondito. Magari potremmo parlare con il dipartimento di polizia di Salem per vedere se qualcuno più vicino al caso ricorda qualcosa del genere.”

      Mackenzie si fidava della sua parola, ma non poté fare a meno di studiare diversi file prima di arrendersi al bisogno di dormire. Sentì la mano di Ellington sulla spalla e poi la sua voce nell’orecchio.

      “Sono pigro se mi metto a dormire?”

      “No. E io sono troppo ossessiva se non lo faccio?”

      “No. Sei solo molto dedita al tuo lavoro.” La baciò sulla guancia, poi si buttò sull’unico letto della stanza.

      Mackenzie era tentata di unirsi a lui – non per qualche attività extracurricolare, ma solo per godersi un po’ di sonno prima di una nuova, frenetica giornata di lavoro. Tuttavia, sentiva di dover trovare almeno qualche altro pezzo del puzzle, anche se probabilmente erano sepolti in un caso di otto anni prima.

      Ad una prima occhiata, non c'era nulla di rilevante. Erano state uccise cinque persone, tutte ritrovate dentro a magazzini. In uno erano state trovate figurine di baseball per un valore di diecimila dollari, in un altro una macabra collezione di armi medievali. Sette persone erano state interrogate in merito alle morti,

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