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certo, cara” disse, poi la abbracciò e le sorrise radiosa. “Io sono Frances Ellington... ma solo perché è una gran seccatura cambiare cognome.”

      “Ciao, mamma” disse Ellington, facendosi avanti per abbracciarla.

      “Figliolo. Santo cielo, come avete fatto a prenotare qui? Questa location è assolutamente meravigliosa!”

      “Lavoro a Washington da abbastanza tempo da conoscere le persone giuste” mentì Ellington.

      Mackenzie trasalì mentalmente. Capiva perché non le avesse detto la verità, ma al tempo stesso non le piaceva essere complice di una menzogna tanto grande a quello stadio iniziale del suo rapporto con la futura suocera.

      “Ma non le persone che avrebbero potuto accelerare la burocrazia del tuo divorzio, immagino.”

      Era un commento fatto in tono sarcastico, come una battutina, ma Mackenzie si intendeva di linguaggio del corpo e aveva interrogato abbastanza persone da capire quando qualcuno si stava semplicemente comportando in modo crudele. Forse era davvero solo una battuta, ma celava anche una certa amarezza e un fondo di verità.

      Ellington però non perse un colpo. “No, infatti non ho amici in quel campo. Comunque, mamma, preferirei che ti concentrassi sul presente. Su Mackenzie – una donna che non mi trascinerà nel fango come invece ha fatto la mia prima moglie, da cui tu sembri così ossessionata.”

      Oddio, no, pensò Mackenzie.

      Doveva prendere una decisione in quel preciso istante, e sapeva che avrebbe influenzato l’opinione della futura suocera, ma se ne sarebbe preoccupata in un altro momento. Stava per dire qualcosa e lasciare Ellington e sua madre soli, così che potessero litigare in privato, quando il suo cellulare squillò.

      Quando guardò il display vide il nome di McGrath. Approfittò di quell’occasione e disse: “Mi dispiace, ma devo proprio rispondere.”

      Ellington le rivolse un’occhiata scettica, mentre Mackenzie si allontanava lungo il marciapiede. Giunta al riparo di un cespuglio di rose, rispose.

      “Pronto, qui agente White.”

      “White, deve venire qui. Anche Ellington, credo. C’è un caso che devo assegnarvi il prima possibile.”

      “È in ufficio oggi? Ma è domenica.”

      “Ero a casa, ma ho ricevuto una chiamata. Quando riuscite a venire?”

      Mackenzie guardò Ellington, ancora intento a battibeccare con la madre, e fece un sorrisino. “Ah, credo che faremo prestissimo.”

      CAPITOLO QUATTRO

      Essendo domenica, non c’era nessuno dietro la scrivania nella piccola sala d’attesa fuori dall’ufficio di McGrath. Quando Mackenzie ed Ellington arrivarono, la porta era spalancata. Mackenzie bussò ugualmente prima di entrare, sapendo bene quanto McGrath ci tenesse alla privacy.

      “Entrate” disse McGrath.

      L’uomo era seduto alla scrivania, intento a scartabellare svariate cartelline. Davanti a lui c’erano fogli sparsi dappertutto. McGrath era solitamente una persona ordinata, per cui vedere quel caos portò Mackenzie a chiedersi quale caso lo avesse messo tanto in agitazione.

      “Vi ringrazio per avermi raggiunto così in fretta” disse McGrath. “So bene che ogni momento libero è prezioso per organizzare il matrimonio.”

      “Be’, mi ha liberato di mia madre, quindi accetterò qualunque caso mi voglia affidare.” disse Ellington.

      “Buono a sapersi” replicò McGrath, prendendo una pila di fogli tenuti insieme da graffette e passandoli a Ellington. “Ellington, quando ha iniziato la sua carriera di agente operativo, le ho fatto prendere parte alle indagini di un caso a Salem, in Oregon. C’entravano dei magazzini. Se lo ricorda?”

      “In effetti sì. Cinque corpi, tutti trovati in magazzini. Il killer non fu mai preso. Si pensa che si sia fermato quando è stato coinvolto l’FBI.”

      “Sì, proprio quello. Le indagini non furono mai interrotte, ma per otto anni non è saltato fuori niente.”

      “È stato finalmente trovato il killer?” chiese Ellington mentre sfogliava le carte che gli aveva passato McGrath. Mackenzie sbirciò e vide che si trattava dei fascicoli degli omicidi in Oregon.

      “No. Però sono stati trovati dei nuovi cadaveri dentro a magazzini. Stavolta a Seattle. Uno è stato rinvenuto la scorsa settimana. Se fosse stato solo quello, si sarebbe potuto pensare ad una coincidenza. Ma ieri ne è saltato fuori un altro. La vittima era morta da almeno quattro giorni.”

      “Quindi credo che sia corretto supporre che i casi di Seattle non sono più considerati casi isolati?” ipotizzò Mackenzie.

      “Esattamente. Perciò questo caso è suo, White.” McGrath quindi si rivolse a Ellington. “Non sono sicuro se mandare anche lei, però. Mi piacerebbe, visto che lavorate davvero bene, insieme. Ma con il matrimonio così vicino...”

      “La decisione spetta a lei, signore” disse Ellington. Mackenzie era piuttosto stupita di quanto avesse preso alla leggera quella chiamata. “Tuttavia, credo che il mio passato coinvolgimento nei casi in Oregon potrebbe andare a vantaggio di Macken... dell’agente White. Senza contare che due cervelli sono meglio di uno...”

      McGrath ci rimuginò su qualche istante, alternando lo sguardo sui due. “E va bene, avete il mio permesso. Ma questo credo che sarà l’ultimo caso a cui lavorerete insieme come partner. Ci sono già abbastanza persone a disagio per il fatto che due fidanzati lavorino insieme. Una volta sposati, ve lo potete scordare.”

      Mackenzie lo capiva e condivideva quel principio, così si limitò ad annuire alle parole di McGrath, poi prese i documenti da Ellington. Per non sembrare maleducata, non si mise a leggerli in quel momento, però scorse rapidamente i fogli, giusto per avere un quadro generale.

      Cinque corpi erano stati rinvenuti all’interno di magazzini nel 2009, tutti nell’arco di dieci giorni. Uno dei corpi sembrava recente, mentre un altro era così vecchio che la carne aveva iniziato a decomporsi e staccarsi dalle ossa. Tre sospetti erano stati fermati, ma alla fine erano stati rilasciati perché avevano alibi credibili e non c’erano prove.

      “Naturalmente non possiamo affermare con certezza che ci sia un collegamento diretto tra i due casi, giusto?” domandò Mackenzie.

      “No, non ancora” confermò McGrath. “Ed è una delle cose che vorrei scopriste. Mentre date la caccia all’assassino, cercate dei collegamenti.”

      “C’è altro?” volle sapere Ellington.

      “No. Qualcuno si sta già occupando del viaggio. Entro quattro ore dovreste essere in volo. Vorrei chiudere il caso al più presto ed evitare che questo pazzo riesca ad uccidere cinque persone, come l’altra volta.”

      “Credevo avessimo detto che non abbiamo ancora un collegamento diretto” commentò Mackenzie.

      “Non ufficialmente” disse McG. Poi, senza riuscire a trattenersi, sogghignò e disse a Ellington: “Lo sa che con lei dovrà vivere sotto esame tutta la vita, vero?”

      “Oh sì” replicò Ellington. “E non vedo l’ora.”

      ***

      Ellington chiamò sua madre solo quando furono a metà strada verso casa. Le spiegò che sarebbero dovuti andare fuori città per lavoro e le chiese se le andasse di trovarsi al loro ritorno. Mackenzie rimase in ascolto, ma sentì a malapena la risposta della donna. Disse qualcosa a proposito dei pericoli che correva una coppia di fidanzati che non solo lavoravano, ma vivevano insieme. Ellington la interruppe prima che potesse aggiungere altro.

      Chiusa la chiamata, Ellington lanciò il cellulare sul cruscotto, sospirando. “La mamma ti saluta.”

      “Certo.”

      “Quello che diceva di marito e moglie

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