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parve genuinamente scioccata dalla domanda. «Più o meno. Adesso non mi servono le responsabilità e i requisiti che vengono con le relazioni.»

      Kate ridacchiò. Lei non era mai stata nel Regno della botta e via. Aveva conosciuto Michael al college e lo aveva sposato un anno e mezzo dopo. Era stato il tipo di relazione in cui aveva cominciato a capire che avrebbero trascorso il resto della vita insieme al primo bacio.

      «Allora, qual è la prossima mossa nel caso?» chiese DeMarco.

      «Sto pensando di rivedere il primo caso invece di usarlo solo come riferimento. Mi chiedo se ci siano nuove informazioni che potrebbero essere spuntate sulla famiglia Nobilini. Però… be’, come la tua storia della tua ragazza morta mentre stavi sul divano dei suoi genitori, non è un territorio nel quale è facile avventurarsi di nuovo.»

      «Quindi domani altre visite e conversazioni imbarazzanti?»

      «Forse. Non ne sono ancora sicura.»

      «C’è qualcosa che vale la pena che io sia sappia prima che mi butti ciecamente nella cosa?»

      «Probabilmente sì. Però fidati di me… sarebbe meglio tenercela per la mattina. Entrarci adesso ci farebbe solo fare tardi e mi rovinerebbe il sonno.»

      «Oh. Quel tipo di storie.»

      «Precisamente.»

      Terminarono i bicchieri di vino e pagarono il conto. Di ritorno di sopra, alle stanze, Kate pensò alla storia che le aveva appena raccontato DeMarco – a quel triste assaggio del suo passato. La rendeva ben consapevole del fatto che sapeva pochissimo della sua partner. Se avessero lavorato in un rapporto normale, vedendosi quasi ogni giorno invece che una o due volte ogni qualche mese, sarebbe stato sicuramente diverso. Le venne da chiedersi se stesse facendo la sua parte per conoscere veramente DeMarco.

      Si separarono alle loro camere – quella di Demarco proprio dall’altra parte del corridoio rispetto a quella di Kate – e Kate sentì il bisogno di dire qualcosa. Qualsiasi cosa, in realtà, per farle sapere che aveva apprezzato la volontà di DeMarco di aprirsi.

      «Lo ripeto, scusami per ieri sera. Mi sta venendo in mente che non ti conosco abbastanza bene da prendere decisioni del genere per entrambe.»

      «Non importa, davvero» disse DeMarco. «Avrei dovuto dirtelo ieri sera.»

      «Dobbiamo darci più da fare per conoscerci. Se mettiamo la vita l’una nelle mani dell’altra, è necessario. Magari, a volte, fuori dal lavoro.»

      «Sì, sarebbe carino.» DeMarco fece una pausa quando aprì la porta. «Hai detto di dover riflettere… sul vecchio caso. Il caso Nobilini. Fammi sapere se hai bisogno di qualcuno per uno scambio di idee.»

      «Okay» disse Kate.

      Con ciò, entrarono nelle loro stanze, ponendo fine alla giornata tra di loro. Kate si levò le scarpe con un calcio e andò direttamente al laptop. Mentre si avviava, chiamò il direttore Duran. Come si aspettava, non rispose, ma la linea venne ridiretta alla sua assistente di direzione, una donna che si chiamava Nancy Saunders. Kate chiese che le inviassero per email delle copie digitali dei file del caso Nobilini il prima possibile. Sapeva che DeMarco ne aveva portati un po’, ma era solo una panoramica sul caso. Kate sentiva il bisogno di tornare al sodo, fin nei dettagli più sottili. Saunders si prese l’impegno di farlo fare, facendole sapere che le avrebbe avute per le nove della mattina seguente.

      Cass Nobilini, pensò Kate.

      Aveva pensato alla donna quasi subito, dopo che Duran le aveva detto del possibile collegamento. Ci aveva ripensato quando aveva sentito i pianti e gli strilli di Missy Tucker che piangeva il marito assassinato, e poi ancora parlando con gli amici di Jack Tucker.

      Cass Nobilini, la madre di Frank Nobilini. La donna che aveva trovato oltraggioso e sconveniente in modo cupo che i media si aggrappassero all’omicidio di suo figlio solo perché una volta aveva lavorato fianco a fianco con qualche famoso uomo del Congresso come consulente finanziario. Kate sentiva di essere stata una sciocca anche solo a fingere che quel caso non avrebbe finito col riportarla a Cass Nobilini.

      Fu quel pensiero a rimanere con lei per il resto della notte, avvinghiato alla sua mente mentre lei alla fine giaceva a letto e si addormentava.

      ***

      Riusciva ancora a vedere la scena del crimine nella testa. Il logorio del ricordo la rendeva un po’ sfuocata e arrugginita, ma la vaghezza veniva strappata via ogni volta che la sognava. Nei suoi sogni, era chiara come se la stesse guardando alla televisione.

      E quella notte la vide, riuscendo a addormentarsi poco dopo le nove pur agitandosi e lamentandosi leggermente nel sonno a mano a mano che si avvicinava la mezzanotte.

      La scena: Frank Nobilini, ucciso nel vicolo con ancora in mano le chiavi della sua BMW. Il caso alla fine l’aveva portata a casa di lui, una casa di quattro stanze di Ashton. Aveva cominciato dal garage, che odorava debolmente di erba tagliata di recente. Le era sembrato di trovarsi in un luogo stregato, come se lo spirito di Frank Nobilini fosse stato lì da qualche parte, ad attenderla. Forse nel posto vuoto in cui avrebbe dovuto trovarsi la BMW che però, in quel momento, se ne stava in un parcheggio molti isolati lontano da dove era stato trovato il suo corpo. Il garage era freddo e simile a una strana tomba. Era stata una delle manciate di scene del crimine del suo passato che le tornavano alla mente sempre vivide per ragioni che non aveva mai compreso.

      Non c’erano indizi di nessun tipo nella casa, nessun segno del perché qualcuno avrebbe voluto ucciderlo. Si sarebbe pensato per la macchina molto bella, ma le chiavi ce le aveva in mano. La casa era pulita. Quasi in modo inquietante. Nessuna scia di carte, nulla degno di nota nella rubrica né nell’email. Niente.

      Nel sogno, Kate stava lì in piedi, nel vicolo. Stava toccando la scia ancora appiccicosa di sangue su un lato del muro con lo stesso modo sperimentale con cui un bambino toccherebbe una goccia solitaria di sciroppo sul tavolo della cucina. Si voltò e guardò alle sue spalle per vedere in fondo al vicolo, ma vide invece l’interno del garage dei Nobilini. Come se fosse stata invitata a entrare, andò alle scale di legno che conducevano alla porta che l’avrebbe portata in cucina. Poi si mosse come solo i sogni permettevano di muoversi, fluidamente, quasi proiettata invece che mossa dalle sue gambe. In qualche modo finì nel bagno, a guardare all’ampia vasca con doccia combinata installata nella parete. Era piena di sangue. Sotto la superficie si muoveva qualcosa, facendo risalire delle bollicine fin in cima al sangue. Quando ne scoppiava una, scagliava minuscole goccioline contro la parete di porcellana del muro.

      Si ritrasse, attraversando la soglia del bagno per tornare in corridoio. Lì Frank Nobilini veniva verso di lei. Dietro di lui sua moglie, Jennifer, si limitava a osservare. Salutò pure Kate con un piccolo e innocuo gesto della mano mentre il marito morto barcollava lungo il corridoio. Frank camminava proprio come uno zombi, lentamente e con un passo esagerato.

      «Va tutto bene» disse qualcuno dietro di lei.

      Si voltò e vide Cass Nobilini, la madre di Frank, seduta sul pavimento. Sembrava stanca, abbattuta… come se stesse aspettando la lama di un boia.

      «Cass…?»

      «Non l’avresti mai risolto. Era oltre le tue capacità. Ma il tempo… ha modo di cambiare le cose, no?»

      Kate si voltò di nuovo verso Frank, che continuava ad avanzare. Mentre arrivava alla porta del bagno, Kate vide che un po’ di sangue era uscito dalla vasca ed era finito sul pavimento, uscendo fin sul corridoio. Quando Frank lo calpestò, ne venne fuori un rumore di umido risucchio.

      Frank Nobilini le sorrise e sollevò la mano nella sua direzione – leggermente putrefatta e a macchie. Kate si ritrasse lentamente, portandosi le mani al viso ed emettendo un urlo.

      Si svegliò, sentendo l’urlo incastrato in gola.

      Quella maledetta casa. Non aveva mai capito perché la agitava così. Forse per via delle urla e dei pianti di Jennifer Nobilini, venati di una perfetta casa da rivista… aveva tutto un qualcosa di surreale. Come una cosa uscita da uno pseudoartistico film

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