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      “Scusatemi, va tutto bene,” disse, un po’ imbarazzata di averli preoccupati così tanto.

      Guardò l’angelo, e il vestito di lustrini che indossava. A lei e a Charlotte ci erano volute ore per incollare tutti i lustrini sul tessuto. Adesso, con il riflusso della luce del fuoco proveniente dal soggiorno, luccicavano come arcobaleni. Emily pensò che sembrava quasi che le facesse l’occhiolino. Non per la prima volta, sentì vicina la presenza di Charlotte, che le comunicava amore, pace, e perdono. Emily cercò di aggrapparsi al sentimento del suo spirito, a farsene confortare.

      “Dovremmo andare in piazza,” disse Emily, alla fine. “Non vorremmo mica perderci le luci dell’albero.”

      “Sei sicura di star bene?” chiese Daniel con aria preoccupata.

      Emily sorrise. “Sì. Te lo giuro.”

      Ma le sue affermazioni non sembrarono funzionare con Daniel. Lo vide scrutarla con la coda dell’occhio per tutto il tempo che ci volle per mettersi addosso i cappotti. Ma non le fece domande né insistette oltre, e così la famiglia salì sul pick-up e andò in città.

      CAPITOLO QUATTRO

      Nonostante il freddo mordente, tutta Sunset Harbor si era riunita in piazza per vedere le luci dell’albero. Persino Colin Magnum, l’uomo che occupava la rimessa per il mese, si godeva le festività. Karen del negozio distribuiva involtini alla cannella appena sfornati, mentre Cynthia Jones se ne andava in giro con bicchieri di cioccolata calda. Emily prese le bevande e il cibo con riconoscenza, sentendo il calore invaderle lo stomaco mentre assaggiava, e osservava Chantelle giocare felice con gli amici.

      Tra la folla, Emily individuò Trevor Mann. Un tempo la sua sola vista l’avrebbe riempita di terrore; erano stati nemici fin dal momento in cui Trevor aveva deciso che la sua missione nella vita sarebbe stata far uscire Emily dalla locanda. Ma era tutto cambiato nel corso dell’ultimo mese, quando Trevor aveva scoperto di avere un tumore al cervello inoperabile. Non più nemico di Emily, Trevor adesso era il suo più caro alleato. Aveva pagato tutte le sue tasse – centinaia di migliaia di dollari – e adesso la accoglieva in casa sua regolarmente per un caffè e una fetta di torta. A Emily faceva male vederlo soffrire così. Ogni volta che lo vedeva le sembrava più fragile, più preda della malattia.

      Emily gli si avvicinò. Quando la vide, gli si illuminò il viso.

      “Come stai?” chiese Emily abbracciandolo. Era più magro – le ossa si protendevano affilate contro le sue mentre si abbracciavano.

      “Bene quanto ci si può aspettare,” rispose Trevor abbassando lo sguardo.

      Emily rimase sconvolta nel vederlo così, nel vederlo fragile e sconfitto.

      “C’è qualcosa per cui ti serve aiuto?” chiese, dolcemente, tenendo la voce bassa in modo da non colpirlo nell’orgoglio.

      Trevor scosse la testa in segno di diniego, proprio come Emily si aspettava. Non era nella sua natura accettare aiuto. Ma non era nella natura di Emily accettare un no come risposta.

      “Chantelle ha fatto delle catene di fiocchi di neve,” disse. “In realtà sono solo brillantini su della carta, ma lei ne è molto orgogliosa e vuole che ne abbia una ogni vicino. Va bene se passiamo e te ne lasciamo una domani?”

      Era un trucchetto, ma Trevor ci cascò.

      “Be’, immagino che potremmo anche bere un po’ di tè e mangiare una fetta di torta,” disse. “Se passi comunque, ovviamente.”

      Emily sorrise tra sé e sé. C’erano delle vie che si aprivano sull’armatura di Trevor, e decise che sarebbe andata dal suo vicino alla prima opportunità.

      “Comunque speravo di vederti qui,” disse Trevor prendendole nelle sue la mano. Era così freddo, notò Emily, e la pelle pareva umidiccia. Del sudore gli luccicava sul sopracciglio. “Ho qualcosa per te,” proseguì.

      “Cosa?” chiese Emily mentre lui prendeva un foglio di carta dalla tasca.

      “Cianografie,” disse Trevor. “Di casa tua. Stavo rovistando in soffitta, cercando di sistemare tutto per… be’, lo sai per cosa.” Abbassò la voce. “Non so come siano finite tra le mie cose, ma ho pensato che potessi volerle tu. Sono state fatte da tuo padre e dal suo avvocato, vedi, e so quanto ci tieni ad avere le cose che riguardano tuo padre.”

      “Infatti,” balbettò Emily prendendo il foglio.

      Abbassò lo sguardo sul disegno mezzo sbiadito fatto a matita. Erano progetti dell’architetto. Trasalì quando si accorse che i progetti erano dell’intera proprietà, inclusa la piscina nella dépendance, quella dove era annegata Charlotte. Le si formò un grumo in gola. Piegò il foglio rapidamente e lo ficcò in borsa.

      “Grazie, Trevor,” disse. “Più tardi lo guardo.”

      Si separarono ed Emily si riunì a Daniel e a Chantelle.

      “Che cosa voleva Trevor?” chiese Daniel.

      “Niente,” disse Emily scuotendo la testa. Ancora non era pronta a parlarne; si stava ancora riprendendo dall’esperienza. Il foglio sembrava chiamarla dalla borsa. Poteva essere un altro pezzo del puzzle che spiegava la scomparsa di suo padre?

      Proprio allora cominciò il conto alla rovescia per le luci. La mente di Emily girava per i ricordi di quando era stata lì da bambina, da pre-adolescente, da adolescente. Sembrava passare attraverso tutti quei momenti dimenticati, anno dopo anno. Alcuni contenevano Charlotte, viva e sorridente, ma molti altri no; molti erano solo di lei e suo padre, che affondava sempre più a fondo nel suo mondo di depressione.

      Poi delle luci bianche esplosero dall’albero e tutti si misero a gridare e a esultare. Emily venne risucchiata nel presente, con il cuore che martellava.

      “Stai bene?” chiese Daniel, preoccupato. “Continui ad avere blackout.”

      Emily annuì per rassicurarlo, ma stava tremando. La mente viaggiava frenetica. Tutti quei ricordi stavano improvvisamente tornando in superficie e si chiedeva se non fossero stati innescati dalla scoperta che suo padre era davvero vivo. Era come se la sua mente avesse deciso che adesso poteva tornare al passato e ricordare suo padre perché facendolo non sarebbe più stata consumata dal dolore per il lutto. Forse, se fosse stata abbastanza paziente, Emily avrebbe recuperato un ricordo che l’avrebbe aiutata nella sua ricerca per trovarlo – qualcosa che le avrebbe detto di preciso dove si stava nascondendo.

      *

      Esausti dalla serata di divertimenti, Emily e Daniel misero a letto Chantelle non appena arrivati a casa. Chantelle aveva chiesto che le leggessero una storia ed Emily aveva obbedito. Ma una volta terminata la storia, Chantelle sembrò farsi pensierosa.

      “Che c’è?” le chiese Emily.

      “Stavo pensando alla mamma,” disse Chantelle.

      “Oh.” Emily sentì stringersi lo stomaco al pensiero di Sheila, nel Tennessee. “Dimmi, tesoro.”

      Chantelle guardò Emily con i suoi spalancati occhi blu. “Tu mi proteggerai da lei?”

      A Emily si contrasse il cuore. “Ma certo.”

      “Promettimelo,” disse Chantelle in tono disperato e implorante. “Promettimi che non tornerà.”

      Emily la strinse forte. Non poteva prometterglielo, perché non sapeva come sarebbe andata la battaglia legale contro Sheila.

      “Farò tutto ciò che posso,” disse Emily sperando che le sue parole bastassero a confortare la bambina terrorizzata.

      Chantelle tornò a distendersi, con la testa sul cuscino – i capelli biondi che vi si sparpagliavano sopra – e parve rilassarsi. Pochi istanti dopo si addormentò.

      Chantelle che le chiedeva della madre aveva risvegliato qualcosa in Emily. Lei e Patricia non molto tempo prima avevano parlato, quando Emily aveva cercato, fallendo, di farla venire

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