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poi si ricordò di Chantelle. No, non era giusto. Ma qui non si trattava di cosa è giusto e cosa non lo è – si trattava di cosa è corretto.

      “Temo di non poterne parlare,” disse Richard mettendo fine al volo di fantasia di Emily. Si sistemò su una grande sedia in pelle e si aggiustò le gambe dei pantaloni grigi freschi di lavanderia. “Devo mostrare lo stesso livello di confidenzialità a tutti i miei clienti. Sono sicuro che mi capite.”

      A Emily tornò bruscamente l’ansia nel sentire di nuovo quella parola. Cliente. Le ricordava quanto seria fosse la faccenda. Stavano pagando per quell’incontro, per l’esperienza di Richard e per il suo tempo. Si era fatto tutto improvvisamente molto formale. Emily si chiese se non avrebbe fatto meglio a indossare un completo elegante.

      Daniel sembrava a disagio quanto lei, lì accanto. Lei lo capiva dal modo in cui continuava ad armeggiare con i bottoni della camicia. Erano entrambi decisamente al di fuori dalla loro comfort zone, in quello sfarzoso ufficio.

      Richard si tolse gli occhiali e alzò lo sguardo dal loro documento. “Dunque, ci sono due opzioni da prendere in considerazione. In parte si tratta solo di semantica, ma ci sono delle differenze cruciali tra le due azioni che possiamo intraprendere.”

      “Che sono…?” lo incitò a proseguire Emily.

      “Custodia o adozione,” concluse Richard. “La custodia, di base, stabilirebbe semplicemente una relazione legale tra Chantelle ed Emily, ma non porrebbe fine alla relazione legale di Sheila con la figlia. D’altra parte, con l’adozione, tutti i diritti e i doveri di Sheila nei confronti di Chantelle cesserebbero, ed Emily da lì in avanti verrebbe considerata sua madre. In altre parole sarebbe una sostituta di Sheila in ogni senso legale. L’adozione è pensata per creare una casa permanente e stabile, quindi avremmo bisogno che Sheila rinunci ai suoi diritti su Chantelle, e che capisca che la cosa sarebbe irrevocabile.”

      Emily annuì, assorbendo le parole. Pensò a Chantelle nella sua stanza che le chiedeva di prometterle che Sheila non sarebbe tornata mai più.

      “Chantelle non vuole avere nessun rapporto con sua madre,” spiegò Emily.

      “Però la custodia sarebbe molto più semplice da ottenere,” ribatté Richard incrociando le mani sulla scrivania. “Se Sheila non è pronta a rinunciare ai suoi diritti su Chantelle, cosa che da quel che mi avete detto di lei non vuol fare, dovremo provare non solo che Chantelle starebbe meglio con voi, ma che Sheila non è idonea a occuparsi di lei, e che permettere ogni genere di contatto tra madre e figlia danneggerebbe la figlia.”

      “Mi ha detto più volte che vuole che sia io la sua vera mamma,” disse Emily. “Che non vuole più vedere Sheila.”

      Daniel sembrava a disagio. “Non credo che sarebbe giusto tagliar fuori del tutto Sheila.”

      Richard li ascoltò in silenzio. “Qui non si tratta di diritti di visita né di altro del genere. Se diventi la madre legale di Chantelle, toccherà a voi decidere se rivedrà mai Sheila. A meno che non stiate progettando di ottenere un ordine restrittivo. È solo una questione legale; si tratta di vedere chi prende le decisioni inerenti al suo bene.”

      Era tutto troppo freddo. Come potevano la vita e il benessere di una bambina essere considerati solo una questione legale? Era del suo cuore che si parlava. Non c’era modo di staccarsi dalle sue emozioni. Era impossibile.

      Emily toccò con leggerezza la mano di Daniel.

      “Dev’essere per forza la piena adozione,” spiegò. “Altrimenti Sheila un giorno potrebbe togliercela. Chantelle la notte si sveglia urlando alla prospettiva. Mi ha chiesto più volte di proteggerla da Sheila. Mi ha chiesto se posso essere io sua madre. Lo so che ha solo sette anni, ma quella ragazzina sa cosa dice.”

      Daniel alla fine cedette con un unico e triste cenno del capo. A Emily dispiaceva per lui, ma allo stesso tempo era sicura che quella fosse la cosa giusta da fare per il bene di Chantelle.

      “Vogliamo l’adozione,” confermò Daniel.

      Richard annuì. “Ogni Stato segue procedimenti diversi,” spiegò. “Però qui nel Maine abbiamo bisogno di una richiesta di rinuncia da parte di Sheila. I tribunali le forniranno i documenti, poi lei avrà diritto a un avvocato, ci sarà un incontro di mediazione di fronte a un magistrato del diritto di famiglia con lo scopo di giungere a una risoluzione pacifica. Alla fine verrà stabilita una data in cui un giudice prenderà una decisione. Certo, se Sheila dà il consenso le cose andranno più lisce. Se si oppone alla rinuncia ci vorrà più tempo, perché ci sarà bisogno di almeno tre udienze più una judicial review.”

      “Di quanti soldi parliamo?” chiese Daniel.

      “Un po’,” spiegò Richard. “Ma non tanti quanto vi aspettereste. Stiamo parlando di circa duecento dollari a incontro, quindi saranno meno di mille dollari in tutto.”

      Mille dollari. Era tutto quello che serviva per fare di Chantelle la loro figlia. Mille dollari, più settimane e mesi di angoscia.

      “Daniel,” disse allora Richard con una certa solennità, “Devo chiarire che la tua condanna non ci sarà favorevole.”

      “Condanna?” balbettò Emily.

      “Te l’ho detto,” disse Daniel con voce bassa e imbarazzata. “Quando ho difeso Sheila. Dal suo ex marito. Lo sai.”

      “Sei andato in tribunale?” disse Emily. Non aveva capito che era una cosa così seria. Aveva presunto che Daniel si fosse preso un buffetto dalla polizia e che poi l’avessero lasciato stare.

      Emily si spostò a disagio sulla sedia, a rimuginare.

      Richard tossì e andò avanti. Non sembrava turbato. Probabilmente ne aveva viste di tutti i colori nel suo ufficio.

      “Quello che davvero ti aiuterebbe, Daniel, è che dimostrassi di essere sotto contratto come dipendente.”

      “Lo è,” disse Emily. “Lavora per me.”

      “Non è sul tuo libro paga, però,” spiegò Richard. “Il lavoro a nero non è il massimo. Deve essere un impegno stabile. Un lavoro dalle nove alle cinque, preferibilmente.”

      “Okay,” disse Daniel con tono risoluto. “Lo farò, se servirà.”

      Emily si sentì improvvisamente apprensiva. Daniel era sempre stato disponibile per lei. La loro era una collaborazione cinquanta e cinquanta. Come avrebbe fatto se fosse stato fuori casa tutto il giorno? Sarebbe rimasta a badare a Chantelle da sola. Ma era stata lei a far pressione per la piena adozione. Se Daniel l’avesse avuta vinta, avrebbero preso la meno drammatica strada della custodia. Era tutta colpa sua.

      Richard piegò il documento e si rimise gli occhiali sul naso. “Bene. I prossimi passi sono miei – devo preparare la documentazione legale e fare richiesta presso l’avvocato di Sheila. Poi vi contatterò con altre notizie. Devo avvertirvi, sul breve periodo tutto ciò accrescerà il sangue cattivo. Dovete prepararvi alle tragedie.”

      Daniel strinse il braccio a Emily per rassicurarla.

      “Possiamo sopportarlo,” disse Emily a Richard. “Per Chantelle possiamo sopportare qualunque cosa.”

      CAPITOLO SETTE

      Con le parole di Richard Goldsmith che ronzavano ancora nelle orecchie, Emily e Daniel tornarono alla locanda, sperando in un po’ di tranquillità per riflettere sulla situazione. Invece la trovarono fremente di attività.

      I molti ospiti che erano arrivati per il weekend venivano serviti nella sala da pranzo da Matthew, il giovane chef che Emily aveva preso full time per aiutare Parker, adesso che avevano cominciato a servire anche i pranzi e le cene. Colin, che occupava ancora la rimessa e adesso mangiava quasi tutti i pasti alla locanda, era tra di loro – il suo viso affascinante attirava gli sguardi delle donne alle quali lui pareva indifferente.

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