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definendo i numeri.”

      “Assolutamente nessun problema,” disse Laura riportando lo sguardo sul classificatore ad anelli, che conteneva foto patinate di pietanze, fiori e decorazioni, insieme a una lista di prezzi e personalizzazioni.

      Anche se aveva ancora in viso quel sorriso da professionista robotica, Emily negli occhi le lesse un’esasperazione crescente. Probabilmente si stava chiedendo come avrebbe fatto ad aiutarli a organizzare le cose se non sapevano neanche le basi.

      “Nella disposizione da noi suggerita il tavolo d’onore si troverebbe laggiù,” spiegò Laura indicando l’area del palco sul fondo della stanza. “Di solito lo usiamo per i matrimoni, quindi damigelle, testimoni dello sposo, famiglia. Potete avere un tavolo piccolo per sei o uno grande per sedici. Avete un’idea generica dei numeri?”

      Emily sentì il petto stringersi. Era un disastro. E Daniel pareva più nervoso di lei. Anzi, sembrava del tutto a disagio.

      “È un po’ complicato,” spiegò Emily. “Con le nostre famiglie. Forse dovremmo andare avanti e tornarci più tardi.”

      Non riusciva più a sopportare la tensione. Anche Laura pareva agitata – chiaramente aveva capito che le cose non sarebbero andate come al solito, questa volta.

      “Sì, ma certo.” Scorse rapidamente molte pagine del raccoglitore. “Allora, abbiamo la grande doppia porta laggiù. Può essere lasciata aperta, se il tempo è bello. Volete un matrimonio primaverile o estivo, o siete più una coppia da autunno, inverno? Per il prossimo anno siamo pieni per la primavera e l’estate quindi dovrete aspettare, ma abbiamo delle date disponibili in autunno e in inverno.”

      Emily osservò la reazione di Daniel alla notizia che il loro matrimonio forse si sarebbe fatto prestissimo, addirittura in settembre. Impallidì completamente. Vederlo così rese ancor più nervosa Emily.

      Chantelle pareva cogliere la tensione. La sua bizzarra sicurezza parve tramontare. Continuava a far passare lo sguardo da Emily a Daniel – l’entusiasmo svaniva di più ogni momento che passava.

      “Forse dovrebbe darci il suo biglietto da visita,” disse Emily a Laura. “Prenderemo un altro appuntamento quando sapremo più dettagli.” Si alzò bruscamente.

      “Oh, okay, okay,” disse Laura, presa alla sprovvista, lasciando cadere il raccoglitore nella fretta di alzarsi per stringere la mano di Emily.

      Emily fu rapidissima. Poi corse fuori, lasciandosi alle spalle Daniel che stringeva la mano di Laura altrettanto rapidamente. Si precipitò fuori dalle porte e scese i gradini, ascoltando la voce distante di Daniel che spiegava a Laura che si sarebbero fatti risentire.

      Fuori al freddo, Emily trattenne le lacrime. Era terribilmente scossa. Non solo per la mancanza di progetti e per il generale silenzio di Daniel degli ultimi giorni, ma per le micro-espressioni che faceva e da quello che ne deduceva lei. Daniel voleva davvero sposarla o gliel’aveva chiesto in un momento di impulsività nel quale si era ritrovato? Era il fatto di dover scegliere una data in un futuro vicino a mettergli paura? E se avesse ritardato in modo codardo il matrimonio per qualche anno, lasciandola in un limbo, trascinando il fidanzamento il più a lungo possibile proprio come aveva detto Jayne?

      “Emily,” tentò di dire Daniel mentre la raggiungeva con Chantelle.

      Emily sentì i suoi polpastrelli accarezzarle la mano ma li scacciò, non volendo che la toccasse in quel momento.

      Daniel non ci riprovò. Lo sentì sospirare. Poi, in silenzio, rimontarono tutti sul pick-up.

      L’umore durante il viaggio di ritorno non avrebbe potuto essere più diverso dall’umore dell’andata. Era quasi come se l’aria fosse permeata di ansia. La carina mise di Chantelle improvvisamente sembrava una facciata, come se l’avessero vestita bene per imbrogliare Laura e farsi vedere come una qualsiasi famiglia felice, non complicata – quando in effetti erano tutto il contrario. Il passato che avevano – lei, Daniel, persino Chantelle – complicava tutto. E, ancor peggio, il passato complicava il loro essere, la loro personalità, la loro capacità di gestire la pressione e lo stress, la loro capacità di relazionarsi l’uno con l’altro.

      Per quella che sembrava essere la centesima volta da quando le aveva chiesto di sposarlo, Emily si chiese che cosa frullasse davvero nella testa di Daniel.

      CAPITOLO SEI

      Quando Emily aveva parlato per la prima volta a Daniel del suo desiderio di adottare Chantelle, avevano contattato il loro amico Richard Goldsmith, che era un avvocato specializzato nell’affidamento dei figli. Si erano visti per una chiacchierata informale, con caffè e dolce, alla locanda. Però questa volta l’incontro si sarebbe svolto nel suo ufficio in città. Questa volta si faceva sul serio.

      Emily si stirò nervosamente la gonna mentre lei e Daniel entravano nello sfarzoso ufficio, che sembrava uscito da un libro, ubicato in un vecchio edificio di mattoni rossi coperto di edera rampicante. Emily non poteva fare a meno di provare apprensione. E se Richard avesse avuto brutte notizie? E se non avesse mai e poi mai potuto diventare la madre vera e legale di Chantelle – cosa che la ragazzina sembrava desiderare tanto quanto Emily?

      La receptionist, una giovane dai capelli fieramente rossi, li accolse con un dolce sorriso rassicurante.

      “Il signor Goldsmith vi riceverà presto,” disse senza che avessero neanche bisogno di presentarsi. “È stato trattenuto un attimo da un’altra cliente.”

      Emily si agitò e si morse il labbro. Cliente. Le pareva strano pensarsi a quel modo. Ma era una cliente, e cliente doveva essere per raggiungere il suo obiettivo. Ottenere la custodia legale di Chantelle non era più roba da chiacchierate con un conoscente sul portico insieme a un buon caffè. Era roba che avrebbe coinvolto avvocati e tribunali, giudici e documentazione legale. Era reale, e lei doveva abituarcisi.

      Emily si fece d’acciaio. Poteva farcela. Doveva farcela; voleva troppo bene a Chantelle per fallire, per cedere alla pressione. Ma c’era una parte di lei che ancora rimuginava sul fallimentare viaggio di sabato e sul modo in cui Daniel si era zittito al mero suggerimento di scegliere una stagione durante la quale celebrare il matrimonio. Se stava cambiando idea, doveva farsi coraggio e dirglielo prima che le cose si facessero serie, prima che venissero firmati contratti e che i sentimenti in gioco fossero troppi per poter tornare indietro. Le parole della sua famiglia e delle sue amiche le risuonavano ancora nella mente – Daniel la stava usando perché voleva qualcuno che crescesse Chantelle per lui, Emily gli aveva reso le cose troppo facili. L’aveva lasciato vivere nella sua proprietà senza fargli pagare l’affitto, aveva accolto sua figlia senza fare domande, e gli aveva perdonato velocemente le sei settimane di assenza durante le quali aveva dato la priorità alla bambina invece che a lei. Ma quello che loro non accettavano né capivano era quanto tutte queste cose glielo facessero amare ancora di più: le risorse e la resilienza di cui si era fatto forza durante gli anni in cui aveva vissuto nella rimessa, la cura che aveva mostrato per la proprietà nel lungo periodo in cui era rimasta vuota, tenendola in vita nel caso in cui Roy Mitchell fosse tonato, e il fatto che si fosse fatto avanti per Chantelle senza fare domande, provando di essere un vero uomo, il tipo di uomo che non si sottrae alle sue responsabilità, che mette i bisogni della figlia davanti ai suoi.

      Improvvisamente la porta dell’ufficio di Richard si spalancò, facendola saltar fuori dai pensieri che l’avevano assorbita. Richard, sulla soglia, stringeva la mano a una minuta biondina che tirava su col naso in un fazzoletto. A Emily ricordò istantaneamente Sheila. Un’ondata di senso di colpa la colpì.

      Emily non riusciva a sentire le parole sussurrate da Richard, ma colse il tono rassicurante che aveva. Poi lui salutò la donna e lei li superò trascinando i piedi, puntando confusa alla porta.

      Una volta che se ne fu andata, Richard si rivolse a Emily e a Daniel. “Prego, entrate.”

      “Sta bene?” chiese Emily seguendolo nell’ufficio.

      Era preoccupata per la donna appena uscita, ma era anche curiosa di sapere perché piangesse. Forse era sul punto di iniziare una

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