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famiglia salì sul retro del carro e si strinse. Le ruote girarono e iniziarono il lento viaggio di ritorno verso l’entrata del vivaio.

      “Ti ho persa per un momento, prima,” disse Daniel a Emily lungo il percorso. “Hai avuto un altro flashback?”

      Emily annuì. Il ricordo l’aveva lasciata tremante. Vedere l’espressione desolata di Charlotte, udire il tono tagliente del padre. Anche allora era un uomo con molte cose per la testa. Si chiedeva se c’entrasse Antonia, la donna con cui aveva una relazione, o la loro madre, che era a casa a New York, o qualcosa di completamente diverso. Sebbene Emily fosse convinta che suo padre fosse ancora vivo e vegeto da qualche parte, Roy per lei era sempre più un mistero.

      “Continuo a ricordarmi cose nuove su mio padre,” confessò Emily. “Da quando ho trovato quelle lettere. Vorrei sapere cosa l’ha fatto fuggire. Ho sempre pensato che fosse accaduto qualcosa d’improvviso quando ero una ragazzina, ma credo che avesse dei problemi fin da molto prima. Per quanto riesco ad andare indietro con i ricordi, a essere onesta. Ogni volta che vedo il passato gli leggo la preoccupazione negli occhi.”

      Daniel la strinse a sé. Era bello essere confortata da lui, essere di nuovo vicini. Era sembrato così distante da Joe.

      “Scusami se sono stato un po’ silenzioso, prima,” disse Daniel, come se le avesse letto nella mente. “Le vacanze fanno riaffiorare anche i miei ricordi.”

      “Davvero?” chiese Emily delicatamente. “Che genere di ricordi?”

      Era così raro che Daniel si aprisse che lei coglieva ogni opportunità per incoraggiarlo.

      “Potrebbe sorprenderti, ma in realtà sono ebreo,” disse Daniel. “Mio padre no, però. Lui era cristiano. Festeggiavamo il Natale e l’Hanukkah quando lui era ancora a casa, ma quando se n’è andato si è portato via il Natale. Mia madre festeggiava solo l’Hanukkah. Una volta che io e mio padre abbiamo ripreso i contatti, in casa sua si festeggiava solo il Natale. Era strano. Un modo un po’ particolare di crescere, come di certo puoi immaginare.”

      “Deve essere stato difficile,” lo confortò Emily, cercando di nascondere la sorpresa che provava nel venire a sapere che Daniel in realtà era ebreo. Si chiedeva che altro non sapesse di lui, e fu colta da un’improvvisa ansia su come avrebbero potuto crescere i loro figli, se mai ne avessero avuti. Di sicuro a Emily sarebbe piaciuto celebrare entrambe le festività, ma Daniel sembrava conservare dei ricordi traumatici delle vacanze che avrebbero potuto rendere le cose un po’ più difficili.

      Tornarono all’entrata del vivaio, dove pagarono l’impavida e allegra Grace in attesa che l’albero venisse fatto passare per l’imballatrice.

      Emily era contenta di creare dei nuovi e felici ricordi con la sua famiglia. Però, nei recessi della mente, non poteva smettere di chiedersi di suo padre, di cosa gli fosse accaduto, di quali segreti avesse nascosto. Però, più di tutto, si chiedeva dove fosse in quel momento e se ci fosse un modo per rintracciarlo.

      *

      Tornati al Bed and Breakfast, Emily e Daniel sistemarono l’albero nell’atrio. C’erano alcuni ospiti che si rilassavano nel soggiorno, e uscirono per osservarli con entusiasmo mentre sollevavano l’enorme pino.

      A Emily vennero in mente i mucchi di scatoloni che contenevano le decorazioni del padre posti nella soffitta, e andò a prenderli. Poi lei e Chantelle sedettero insieme al tavolo della cucina, a studiare le decorazioni.

      “Questa è così carina,” disse Chantelle sollevando una renna di vetro.

      Emily sorrise tra sé e sé nel vederla, ricordandosi di quando lei e Charlotte avevano messo insieme i soldi per comprarla, e di quando avevano risparmiato ogni giorno per comprarne delle altre da aggiungere alla collezione finché non ne ebbero abbastanza da rappresentare ognuna delle renne di Babbo Natale. Poi Charlotte le aveva segnate tutte, in modo da riconoscerle.

      Emily prese la renna di vetro dalle mani di Charlotte e ne controllò lo zoccolo. C’era un piccolo graffio che sembrava la G di Guizzo, anche se poteva tranquillamente essere la C di Cometa. Sorrise tra sé e sé.

      “C’è tutto il set,” disse Emily osservando il groviglio di lanternine colorate. “Da qualche parte.”

      Rovistarono finché non ebbero trovato ogni singola renna, incluso Rodolfo, con il naso rosso dipinto da Charlotte con lo smalto per le unghie. Emily provò una fitta mentre ricordava che non erano mai riuscite ad acquistare le decorazioni per Babbo Natale e la slitta – l’ultima della lista, e la più costosa – perché Charlotte era morta prima che fossero riuscite a mettere via i soldi necessari.

      “Guarda!” esclamò Chantelle intromettendosi nei pensieri di Emily agitandole in faccia un sudicio orso polare di feltro.

      “Percy!” urlò Emily prendendoglielo dalle mani. “L’orso polare Percy!” Rise da sola, contenta di essere riuscita a riesumare un ricordo così oscuro dalla sua memoria. Ne aveva persi così tanti, eppure riusciva ancora a recuperarli. Le dava la speranza di svelare i misteri del suo passato.

      Lei e Chantelle studiarono tutte le decorazioni, selezionando quelle che volevano usare e rimettendo via con cura le altre. Per quando ebbero finito e furono pronte ad aggiungerle all’albero, fuori si era fatto buio.

      Daniel accese il fuoco e il suo bagliore arancione chiaro si diffuse nell’atrio mentre la famiglia cominciava a addobbare l’albero. Una alla volta, Chantelle sistemava con calma ogni decorazione da lei selezionata sull’albero, con il tipo di precisione e cura che Emily aveva imparato a riconoscere nella bambina. Era come se stesse assaporando ogni istante, immagazzinando attentamente una nuova serie di ricordi a rimpiazzare quelli terribili della sua prima infanzia.

      Alla fine fu l’ora di mettere sulla cima l’angelo. Chantelle ci aveva messo molto tempo a scegliere a quale decorazione dare il primo posto, e alla fine si era decisa per un angelo in tessuto fatto a mano al posto di un pettirosso, di una stella, e di un grasso e adorabile pupazzo di neve.

      “Sei pronta?” chiese Daniel a Chantelle in piedi sotto alla scala. “Dovrò sollevarti per farti arrivare in cima.”

      “Metto io l’angelo in cima?” chiese Chantelle con gli occhi sgranati.

      Emily rise. “Ma certo! Lo fa sempre la più piccola.”

      Osservò Chantelle arrampicarsi sulla schiena di Daniel, con l’angelo stretto tra le mani in modo da non farlo cadere. Poi, lentamente, un passetto alla volta, Daniel la portò in cima. Insieme si allungarono e Chantelle mise l’addobbo sull’alta punta dell’albero.

      Nell’istante in cui l’angelo fu sistemato sulla cima, Emily ebbe un improvviso flashback. Arrivò così rapidamente che il respiro le accelerò e andò nel panico per via dello spostamento brusco dalla sua luminosa e calda locanda al posto più freddo e scuro di trent’anni prima.

      Emily stava guardando Charlotte posizionare l’angelo, che avevano fatto loro mettendoci una giornata intera, sulla cima dell’albero. Suo padre teneva su la bambina, che all’epoca era una bimba paffutella neanche da età da asilo, e oscillava leggermente per i numerosi sherry che aveva bevuto durante il giorno. Emily ricordò di aver provato un’improvvisa e soverchiante sensazione di paura. Paura che il padre alcolizzato facesse cadere a terra Charlotte. Emily aveva cinque anni ed era la prima volta che comprendeva davvero il concetto di morte.

      Emily tornò al presente trasalendo e scoprì di avere la mani schiacciate contro il muro per tenersi dritta. Era in iperventilazione e Daniel le stava accanto, con la mano sulla schiena.

      “Emily?” chiese preoccupato. “Cos’è successo? Un altro ricordo?”

      Lei annuì, scoprendosi incapace di parlare. Il ricordo era stato così vivido e terrificante, nonostante sapesse che quella sera d’inverno Charlotte non si era fatta del male. Conservava la maggior parte dei ricordi ritrovati come tesori, ma quello era stato sinistro, infausto, come una premonizione delle cose oscure che sarebbero accadute.

      Daniel continuò a massaggiarle

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