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belle e virtuose. —

      E la cortese maga le rispose:

57

      – Da te uscir veggio le pudiche donne,

      madri d'imperatori e di gran regi,

      reparatrici e solide colonne

      di case illustri e di domìni egregi;

      che men degne non son ne le lor gonne,

      ch'in arme i cavallier, di sommi pregi,

      di pietà, di gran cor, di gran prudenza,

      di somma e incomparabil continenza.

58

      E s'io avrò da narrarti di ciascuna

      che ne la stirpe tua sia d'onor degna,

      troppo sarà; ch'io non ne veggio alcuna

      che passar con silenzio mi convegna.

      Ma ti farò, tra mille, scelta d'una

      o di due coppie, acciò ch'a fin ne vegna.

      Ne la spelonca perché nol dicesti?

      che l'imagini ancor vedute avresti.

59

      De la tua chiara stirpe uscirà quella

      d'opere illustri e di bei studi amica,

      ch'io non so ben se più leggiadra e bella

      mi debba dire, o più saggia e pudica,

      liberale e magnanima Isabella,

      che del bel lume suo dì e notte aprica

      farà la terra che sul Menzo siede,

      a cui la madre d'Ocno il nome diede:

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      dove onorato e splendido certame

      avrà col suo dignissimo consorte,

      chi di lor più le virtù prezzi ed ame,

      e chi meglio apra a cortesia le porte.

      S'un narrerà ch'al Taro e nel Reame

      fu a liberar da' Galli Italia forte;

      l'altra dirà: – Sol perché casta visse

      Penelope, non fu minor d'Ulisse. —

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      Gran cose e molte in brevi detti accolgo

      di questa donna e più dietro ne lasso,

      che in quelli dì ch'io mi levai dal volgo,

      mi fe' chiare Merlin dal cavo sasso.

      E s'in questo gran mar la vela sciolgo,

      di lunga Tifi in navigar trapasso.

      Conchiudo in somma, ch'ella avrà, per dono,

      de la virtù e del ciel, ciò ch'è di buono.

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      Seco avrà la sorella Beatrice,

      a cui si converrà tal nome a punto:

      ch'essa non sol del ben che qua giù lice,

      per quel che viverà, toccherà il punto;

      ma avrà forza di far seco felice,

      fra tutti i ricchi duci, il suo congiunto,

      il qual, come ella poi lascerà il mondo,

      così de l'infelici andrà nel fondo.

63

      E Moro e Sforza e Viscontei colubri,

      lei viva, formidabili saranno

      da l'iperboree nievi ai lidi rubri,

      da l'Indo ai monti ch'al tuo mar via danno:

      lei morta, andran col regno degl'Insubri,

      e con grave di tutta Italia danno,

      in servitute; e fia stimata, senza

      costei, ventura la somma prudenza.

64

      Vi saranno altre ancor, ch'avranno il nome

      medesmo, e nasceran molt'anni prima:

      di ch'una s'ornerà le sacre chiome

      de la corona di Pannonia opima;

      un'altra, poi che le terrene some

      lasciate avrà, fia ne l'ausonio clima

      collocata nel numer de le dive,

      ed avrà incensi e imagini votive.

65

      De l'altre tacerò; che, come ho detto,

      lungo sarebbe a ragionar di tante;

      ben che per sé ciascuna abbia suggetto

      degno, ch'eroica e chiara tuba cante.

      Le Bianche, le Lucrezie io terrò in petto,

      e le Costanze e l'altre, che di quante

      splendide case Italia reggeranno,

      reparatrici e madri ad esser hanno.

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      Più ch'altre fosser mai, le tue famiglie

      saran ne le lor donne aventurose;

      non dico in quella più de le lor figlie,

      che ne l'alta onestà de le lor spose.

      E acciò da te notizia anco si piglie

      di questa parte che Merlin mi espose,

      forse perch'io 'l dovessi a te ridire,

      ho di parlarne non poco desire.

67

      E dirò prima di Ricciarda, degno

      esempio di fortezza e d'onestade:

      vedova rimarrà, giovane, a sdegno

      di Fortuna; il che spesso ai buoni accade.

      I figli, privi del paterno regno,

      esuli andar vedrà in strane contrade,

      fanciulli in man degli aversari loro;

      ma infine avrà il suo male amplo ristoro.

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      De l'alta stirpe d'Aragone antica

      non tacerò la splendida regina,

      di cui né saggia sì, né sì pudica

      veggio istoria lodar greca o latina,

      né a cui Fortuna più si mostri amica:

      poi che sarà da la Bontà divina

      elletta madre a parturir la bella

      progenie, Alfonso, Ippolito e Isabella.

69

      Costei sarà la saggia Leonora,

      che nel tuo felice arbore s'inesta.

      Che ti dirò de la seconda nuora,

      succeditrice prossima di questa?

      Lucrezia Borgia, di cui d'ora in ora

      le beltà, la virtù, la fama onesta

      e la fortuna crescerà, non meno

      che giovin pianta in morbido terreno.

70

      Qual lo stagno all'argento, il rame all'oro,

      il campestre papavero alla rosa,

      pallido salce al sempre verde alloro,

      dipinto vetro a gemma preziosa;

      tal a costei, ch'ancor non nata onoro,

      sarà ciascuna insino a qui famosa

      di singular beltà, di gran prudenza,

      e d'ogni altra lodevole eccellenza.

71

      E sopra tutti gli altri incliti pregi

      che

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