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dentro il mio giardin lasciai trovarmi.

      Odorico la notte, accompagnato

      di gente valorosa all'acqua e all'armi,

      smontò ad un fiume alla città vicino,

      e venne chetamente al mio giardino.

14

      Quindi fui tratta alla galea spalmata,

      prima che la città n'avesse avisi.

      De la famiglia ignuda e disarmata

      altri fuggiro, altri restaro uccisi,

      parte captiva meco fu menata.

      Così da la mia terra io mi divisi,

      con quanto gaudio non ti potrei dire,

      sperando in breve il mio Zerbin fruire.

15

      Voltati sopra Mongia eramo a pena,

      quando ci assalse alla sinistra sponda

      un vento che turbò l'aria serena,

      e turbò il mare, e al ciel gli levò l'onda.

      Salta un maestro ch'a traverso mena,

      e cresce ad ora ad ora, e soprabonda;

      e cresce e soprabonda con tal forza,

      che val poco alternar poggia con orza.

16

      Non giova calar vele, e l'arbor sopra

      corsia legar, né ruinar castella;

      che ci veggian mal grado portar sopra

      acuti scogli, appresso alla Rocella.

      Se non ci aiuta quel che sta di sopra,

      ci spinge in terra la crudel procella.

      Il vento rio ne caccia in maggior fretta,

      che d'arco mai non si aventò saetta.

17

      Vide il periglio il Biscaglino, e a quello

      usò un rimedio che fallir suol spesso:

      ebbe ricorso subito al battello;

      calossi, e me calar fece con esso.

      Sceser dui altri, e ne scendea un drappello,

      se i primi scesi l'avesser concesso;

      ma con le spade li tenner discosto,

      tagliar la fune, e ci allargammo tosto.

18

      Fummo gittati a salvamento al lito

      noi che nel palischermo eramo scesi;

      periron gli altri col legno sdrucito;

      in preda al mare andar tutti gli arnesi.

      All'eterna Bontade, all'infinito

      Amor, rendendo grazie, le man stesi,

      che non m'avessi dal furor marino

      lasciato tor di riveder Zerbino.

19

      Come ch'io avessi sopra il legno e vesti

      lasciato e gioie e l'altre cose care,

      pur che la speme di Zerbin mi resti,

      contenta son che s'abbi il resto il mare.

      Non sono, ove scendemo, i liti pesti

      d'alcun sentier, né intorno albergo appare;

      ma solo il monte, al qual mai sempre fiede

      l'ombroso capo il vento, e 'l mare il piede.

20

      Quivi il crudo tiranno Amor, che sempre

      d'ogni promessa sua fu disleale,

      e sempre guarda come involva e stempre

      ogni nostro disegno razionale,

      mutò con triste e disoneste tempre

      mio conforto in dolor, mio bene in male;

      che quell'amico, in chi Zerbin si crede,

      di desire arse, ed agghiacciò di fede.

21

      O che m'avesse in mar bramata ancora,

      né fosse stato a dimostrarlo ardito,

      o cominciassi il desiderio allora

      che l'agio v'ebbe dal solingo lito;

      disegnò quivi senza più dimora

      condurre a fin l'ingordo suo appetito;

      ma prima da sé torre un de li dui

      che nel battel campati eran con nui.

22

      Quell'era omo di Scozia, Almonio detto,

      che mostrava a Zerbin portar gran fede;

      e commendato per guerrier perfetto

      da lui fu, quando ad Odorico il diede.

      Disse a costui, che biasmo era e difetto,

      se mi traeano alla Rocella a piede;

      e lo pregò ch'inanti volesse ire

      a farmi incontra alcun ronzin venire.

23

      Almonio, che di ciò nulla temea,

      immantinente inanzi il camin piglia

      alla città che 'l bosco ci ascondea,

      e non era lontana oltra sei miglia.

      Odorico scoprir sua voglia rea

      all'altro finalmente si consiglia;

      sì perché tor non se lo sa d'appresso,

      sì perché avea gran confidenza in esso.

24

      Era Corebo di Bilbao nomato

      quel di ch'io parlo, che con noi rimase;

      che da fanciullo picciolo allevato

      s'era con lui ne le medesme case.

      Poter con lui communicar l'ingrato

      pensiero il traditor si persuase,

      sperando ch'ad amar saria più presto

      il piacer de l'amico, che l'onesto.

25

      Corebo, che gentile era e cortese,

      non lo potè ascoltar senza gran sdegno:

      lo chiamò traditore, e gli contese

      con parole e con fatti il rio disegno.

      Grande ira all'uno e all'altro il core accese,

      e con le spade nude ne fer segno.

      Al trar de' ferri, io fui da la paura

      volta a fuggir per l'alta selva oscura.

26

      Odorico, che maestro era di guerra,

      in pochi colpi a tal vantaggio venne,

      che per morto lasciò Corebo in terra,

      e per le mie vestigie il camin tenne.

      Prestògli Amor (se 'l mio creder non erra),

      acciò potesse giungermi, le penne;

      e gl'insegnò molte lusinghe e prieghi,

      con che ad amarlo e compiacer mi pieghi.

27

      Ma tutto è indarno; che fermata e certa

      più tosto era a morir, ch'a satisfarli.

      Poi ch'ogni priego, ogni lusinga esperta

      ebbe e minacce, e non potean giovarli,

      si ridusse alla forza a faccia aperta.

      Nulla mi val che supplicando parli

      de la fé ch'avea in lui Zerbino

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