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effetto segua,

      io levai l'elmo: e solo il pensier mio

      fu di ridur quella battaglia a triegua;

      e non che per mio mezzo il suo disio

      questo brutto Spagnuol oggi consegua. —

      Così di sé s'andava lamentando

      d'aver de l'elmo suo privato Orlando.

65

      Sdegnata e malcontenta la via prese,

      che le parea miglior, verso Oriente.

      Più volte ascosa andò, talor palese,

      secondo era oportuno, infra la gente.

      Dopo molto veder molto paese,

      giunse in un bosco, dove iniquamente

      fra duo compagni morti un giovinetto

      trovò, ch'era ferito in mezzo il petto.

66

      Ma non dirò d'Angelica or più inante;

      che molte cose ho da narrarvi prima:

      né sono a Ferraù né a Sacripante,

      sin a gran pezzo per donar più rima.

      Da lor mi leva il principe d'Anglante,

      che di sé vuol che inanzi agli altri esprima

      le fatiche e gli affanni che sostenne

      nel gran disio, di che a fin mai non venne.

67

      Alla prima città ch'egli ritruova

      (perché d'andare occulto avea gran cura)

      si pone in capo una barbuta nuova,

      senza mirar s'ha debil tempra o dura:

      sia qual si vuol, poco gli nuoce o giova;

      sì ne la fatagion si rassicura.

      Così coperto seguita l'inchiesta;

      né notte, o giorno, o pioggia, o sol l'arresta.

68

      Era ne l'ora, che trae i cavalli

      Febo del mar con rugiadoso pelo,

      e l'Aurora di fior vermigli e gialli

      venìa spargendo d'ogn'intorno il cielo;

      e lasciato le stelle aveano i balli,

      e per partirsi postosi già il velo:

      quando appresso a Parigi un dì passando,

      mostrò di sua virtù gran segno Orlando.

69

      In dua squadre incontrossi: e Manilardo

      ne reggea l'una, il Saracin canuto,

      re di Norizia, già fiero e gagliardo,

      or miglior di consiglio che d'aiuto;

      guidava l'altra sotto il suo stendardo

      il re di Tremisen, ch'era tenuto

      tra gli Africani cavallier perfetto:

      Alzirdo fu, da chi 'l conobbe, detto.

70

      Questi con l'altro esercito pagano

      quella invernata avean fatto soggiorno,

      chi presso alla città, chi più lontano,

      tutti alle ville o alle castella intorno:

      ch'avendo speso il re Agramante invano,

      per espugnar Parigi, più d'un giorno,

      volse tentar l'assedio finalmente,

      poi che pigliar non lo potea altrimente.

71

      E per far questo avea gente infinita;

      che oltre a quella che con lui giunt'era,

      e quella che di Spagna avea seguita

      del re Marsilio la real bandiera

      molta di Francia n'avea al soldo unita;

      che da Parigi insino alla riviera

      d'Arli, con parte di Guascogna (eccetto

      alcune rocche) avea tutto suggetto.

72

      Or cominciando i trepidi ruscelli

      a sciorre il freddo giaccio in tiepide onde,

      e i prati di nuove erbe, e gli arbuscelli

      a rivestirsi di tenera fronde;

      ragunò il re Agramante tutti quelli

      che seguian le fortune sue seconde,

      per farsi rassegnar l'armata torma;

      indi alle cose sue dar miglior forma.

73

      A questo effetto il re di Tremisenne

      con quel de la Norizia ne venìa,

      per là giungere a tempo, ove si tenne

      poi conto d'ogni squadra o buona o ria.

      Orlando a caso ad incontrar si venne

      (come io v'ho detto) in questa compagnia,

      cercando pur colei, come egli era uso,

      che nel carcer d'Amor lo tenea chiuso.

74

      Come Alzirdo appressar vide quel conte

      che di valor non avea pari al mondo,

      in tal sembiante, in sì superba fronte,

      che 'l dio de l'arme a lui parea secondo;

      restò stupito alle fattezze conte,

      al fiero sguardo, al viso furibondo:

      e lo stimò guerrier d'alta prodezza;

      ma ebbe del provar troppa vaghezza.

75

      Era giovane Alzirdo, ed arrogante

      per molta forza, e per gran cor pregiato.

      Per giostrar spinse il suo cavallo inante:

      meglio per lui, se fosse in schiera stato;

      che ne lo scontro il principe d'Anglante

      lo fe' cader per mezzo il cor passato.

      Giva in fuga il destrier di timor pieno,

      che su non v'era chi reggesse il freno.

76

      Levasi un grido subito ed orrendo,

      che d'ogn'intorno n'ha l'aria ripiena,

      come si vede il giovene, cadendo,

      spicciar il sangue di sì larga vena.

      La turba verso il conte vien fremendo

      disordinata, e tagli e punte mena;

      ma quella è più, che con pennuti dardi

      tempesta il fior dei cavallier gagliardi.

77

      Con qual rumor la setolosa frotta

      correr da monti suole o da campagne,

      se 'l lupo uscito di nascosa grotta,

      o l'orso sceso alle minor montagne,

      un tener porco preso abbia talotta,

      che con grugnito e gran stridor si lagne;

      con tal lo stuol barbarico era mosso

      verso il conte, gridando: – Addosso, addosso! —

78

      Lance, saette e spade ebbe l'usbergo

      a un tempo mille, e lo scudo altretante:

      chi gli percuote con la mazza il tergo,

      chi minaccia da lato, e chi davante.

      Ma

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