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bella mostra inanzi al re Agramante,

      con la sua squadra apparve alla campagna

      il re d'Oran, che quasi era gigante.

      L'altra che vien, per Martasin si lagna,

      il qual morto le fu da Bradamante;

      e si duol ch'una femina si vanti

      d'aver ucciso il re de' Garamanti.

18

      Segue la terza schiera di Marmonda,

      ch'Argosto morto abbandonò in Guascogna:

      a questa un capo, come alla seconda

      e come anco alla quarta, dar bisogna.

      Quantunque il re Agramante non abonda

      di capitani, pur ne finge e sogna:

      dunque Buraldo, Ormida, Arganio elesse,

      e dove uopo ne fu, guida li messe.

19

      Diede ad Arganio quei di Libicana,

      che piangean morto il negro Dudrinasso.

      Guida Brunello i suoi di Tingitana,

      con viso nubiloso e ciglio basso;

      che, poi che ne la selva non lontana

      dal castel ch'ebbe Atlante in cima al sasso,

      gli fu tolto l'annel da Bradamante,

      caduto era in disgrazia al re Agramante:

20

      e se 'l fratel di Ferraù, Isoliero,

      ch'a l'arbore legato ritrovollo,

      non facea fede inanzi al re del vero,

      avrebbe dato in su le forche un crollo.

      Mutò, a' prieghi di molti, il re pensiero,

      già avendo fatto porgli il laccio al collo:

      gli lo fece levar, ma riserbarlo

      pel primo error; che poi giurò impiccarlo:

21

      sì ch'avea causa di venir Brunello

      col viso mesto e con la testa china.

      Seguia poi Farurante, e dietro a quello

      eran cavalli e fanti di Maurina.

      Venìa Libanio appresso, il re novello:

      la gente era con lui di Constantina;

      però che la corona e il baston d'oro

      gli ha dato il re, che fu di Pinadoro.

22

      Con la gente d'Esperia Soridano,

      e Dorilon ne vien con quei di Setta;

      ne vien coi Nasamoni Puliano.

      Quelli d'Amonia il re Agricalte affretta;

      Malabuferso quelli di Fizano.

      Da Finadurro è l'altra squadra retta,

      che di Canaria viene e di Marocco;

      Balastro ha quei che fur del re Tardocco.

23

      Due squadre, una di Mulga, una d'Arzilla,

      seguono: e questa ha 'l suo signore antico;

      quella n'è priva; e però il re sortilla,

      e diella a Corineo suo fido amico.

      E così de la gente d'Almansilla,

      ch'ebbe Tanfirion, fe' re Caico;

      diè quella di Getulia a Rimedonte.

      Poi vien con quei di Cosca Balinfronte.

24

      Quell'altra schiera è la gente di Bolga:

      suo re è Clarindo, e già fu Mirabaldo.

      Vien Baliverzo, il qual vuò che tu tolga

      di tutto il gregge pel maggior ribaldo.

      Non credo in tutto il campo si disciolga

      bandiera ch'abbia esercito più saldo

      de l'altra, con che segue il re Sobrino,

      né più di lui prudente Saracino.

25

      Quei di Bellamarina, che Gualciotto

      solea guidare, or guida il re d'Algieri

      Rodomonte, e di Sarza, che condotto

      di nuovo avea pedoni e cavallieri;

      che mentre il sol fu nubiloso sotto

      il gran centauro e i corni orridi e fieri,

      fu in Africa mandato da Agramante,

      onde venuto era tre giorni inante.

26

      Non avea il campo d'Africa più forte,

      né Saracin più audace di costui:

      e più temean le parigine porte,

      ed avean più cagion di temer lui,

      che Marsilio, Agramante e la gran corte

      ch'avea seguito in Francia questi dui:

      e più d'ogni altro che facesse mostra,

      era nimico de la fede nostra.

27

      Vien Prusione, il re de l'Alvaracchie;

      poi quel de la Zumara, Dardinello.

      Non so s'abbiano o nottole o cornacchie,

      o altro manco ed importuno augello,

      il qual dai tetti e da le fronde gracchie

      futuro mal, predetto a questo e a quello,

      che fissa in ciel nel dì seguente è l'ora

      che l'uno e l'altro in quella pugna muora.

28

      In campo non aveano altri a venire,

      che quei di Tremisenne e di Norizia;

      né si vedea alla mostra comparire

      il segno lor, né dar di sé notizia.

      Non sapendo Agramante che si dire,

      né che pensar di questa lor pigrizia,

      uno scudiero al fin gli fu condutto

      del re di Tremisen, che narrò il tutto.

29

      E gli narrò ch'Alzirdo e Manilardo

      con molti altri de' suoi giaceano al campo.

      – Signor (diss'egli), il cavallier gagliardo

      ch'ucciso ha i nostri, ucciso avria il tuo campo,

      se fosse stato a torsi via più tardo

      di me, ch'a pena ancor così ne scampo.

      Fa quel de' cavallieri e de' pedoni,

      che 'l lupo fa di capre e di montoni. —

30

      Era venuto pochi giorni avante

      nel campo del re d'Africa un signore;

      né in Ponente era, né in tutto Levante,

      di più forza di lui, né di più core.

      Gli facea grande onore il re Agramante,

      per esser costui figlio e successore

      in Tartaria del re Agrican gagliardo:

      suo nome era il feroce Mandricardo.

31

      Per molti chiari gesti era famoso,

      e di sua fama tutto il mondo empìa;

      ma lo facea più d'altro glorioso,

      ch'al castel de la fata di Soria

      l'usbergo

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