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tutta un mistero: dai capelli che le scendevano sulla fronte come una frangettina di ricciolini, e dei quali si sentiva penetrante, soavissimo il profumo, fino al piccolo piede che compariva e spariva leggiadramente, chiuso serrato nelle ghette di lino.

      – Sa?… Temevo quasi di riuscirle importuna.

      – Come?… lei?… – esclamò il giovane, con stupore.

      – Alle volte, non si sa mai, avrebbe potuto averci visite, o aspettarne qualcuna.

      – Visite, quassù, al roccolo?!…

      – Via… non faccia tante meraviglie; la Nena, sa, mi ha detto tutto.

      Alessandro stava apparecchiando uno di quei non capisco, i quali, se esprimono il contrario di quello che dicono, servono, nulla di meno, per rispondere qualche cosa, quando opportunamente capitò fuori la miss.

      – Poveri uccellini – interruppe Lalla, che l’aveva veduta colla coda dell’occhio – poveri uccellini, come devono() soffrire legati a quel modo! – Dal brusco cambiamento della sua interlocutrice Alessandro capì benissimo che non doveva continuare il primo discorso e le fece subito una dissertazione tecnica sulla braca.

      – Le dobbiamo ancora le nostre congratulazioni per la sera di beneficiata; ma non è colpa nostra… lei non si lascia più vedere.

      – Bene, bravo; bisogna correggere però il vostro costume dell’ultimo atto. Manca di proprietà; lo ha detto anche don Vincenzo.

      – È indicato così nella commedia.

      – Cattivo, cattivo; mi ha fatto piangere tutta sera – continuò Lalla, che non aveva versato nemmeno una lacrima.

      – Oh! duchessina, si sa bene, da noi, poveri dilettanti, si fa… come si può…

      – Non le è mai venuto in mente di far l’artista?

      – A me no – rispose Sandrino – quantunque l’organista mi abbia assicurato che avrei una bella voce da tenore.

      – Oh, oh, per il teatro ci vuol altro – concluse miss Dill, la quale, per dire gentilezze, parea fatta apposta.

      – Giorgio il Mulatto di Alessandro Dumas?… è bello? – domandò la signorina entrando nel casotto con Sandro e leggendo il titolo di un libro della biblioteca circolante, rimasto aperto, sopra un palchettino.

      – Bello o brutto, non fa per lei! – esclamò la miss, strappando il libro di mano alla fanciulla.

      Lalla, senza scomporsi, osservò, frugò in ogni cantera, in ogni ripostiglio del casotto, domandando conto di ogni particolare, come già avea fatto prima nella frasconaia; ma una cosa la colpì singolarmente e, senza essere veduta dalla miss, colla punta, colla sola punta delle dita, toccando il braccio di Sandrino lo fece voltare dalla parte della finestra; di sopra c’erano scritti pochi versi.

      – Madama Veronica? – chiese con un garbo pieno di finezza.

      Alessandro sorrise, arrossì e non rispose: lentamente, a mezza voce, la fanciulla lesse allora questa melanconica strofetta:

      «Ovunque il guardo io giro

      Amico mio, ti vedo;

      E l’ultimo respiro,

      Lo dici e te lo credo,

      Non può rapirti a me».

      – Che cosa succede? Che cos’è questo frastuono? – domandò a un tratto miss Dill, levando il naso dal libro.

      – Fringuelli, fringuelli di passo! – rispose Nando allegramente. Infatti tutti i fringuelli della ragnaia si erano messi a spionciare con tanta forza da rompere la testa.

      – Questa volta, qualche cosa si prende!

      – Oh! bravo, signor Alessandro, bravo! – Lalla, ritornata bambina, batteva le mani dall’allegrezza.

      – Finalmente! temevo non si prendesse altro che emicrania, con questa puzza! – e, per vederci meglio la miss forbiva il pince-nez col fazzoletto. Tutti tacevano, raccolti attorno al finestrino. Lalla aveva preso sotto il braccio Musette perchè stesse ferma, gli zimbelli ritornarono in ballo: – Zitti, ecco ci sono – e Sandro facendo guizzare, per lo spavento, miss Dill, che non sapeva di che si trattasse, tirò con forza lo spauracchio.

      – Presi! – gridò Nando correndo fuori del casotto, con Musette fra le gambe.

      – Aspettate! aspettate! Vengo anch’io! Voglio vedere, povere bestiole! – e la zitellona corse fuori tenendosi alzato l’abito con tutte due le mani.

      Intanto anche Alessandro era lì per uscire.

      – Senta – gli disse Lalla all’uscio, fermandolo – può prestarmi questo libro? – e indicava il romanza di Dumas.

      – Volentieri, s’immagini, quando vuole, duchessina.

      – Ma non ne dirà nulla nè a miss Dill, nè alla mamma?

      – No, no…

      – Viene a casa nostra stasera?

      – Verrò certo…

      – Venga, e il libro lo dia alla Nena: ma di nascosto che nessuno lo veda. – Il Frascolini, in quel mistero, in quel primo segreto della giovinetta, non capì nulla, nulla affatto… forse perchè non ebbe tempo per riflettere. Improvvisamente la voce della miss e lo squittire di Musette attrassero la sua attenzione.

      – Mostro! scellerato! canaglia! Oh, è orribile! – sbraitava l’inglese. Sandro e Lalla raggiunsero la vecchia in quattro salti e la trovarono più verde del solito, gli occhiali per aria, il classico cappellone di sghembo. Miss Dill coll’ombrello picchiava giù botte di santa ragione sulle spalle del povero Nando, il quale, stretto fra la istitutrice e la rete, se le pigliava tutte come trasognato, mentre Musette gli mordeva i calzoni.

      – Che cosa avvenne? – domandò Lalla, non potendo trattenersi dal sorridere.

      – Il mostro ha schiacciato, sotto i miei occhi, la testa di quelle povere bestiole!… Ma io ti ammazzerò, brigante! – e la sensibile miss ricominciò le ombrellate. Ridendo, senza più poter trattenersi, i due giovani volevano persuaderla che l’uccellatore non aveva fatto nè più nè meno del dover suo, quando, a un tratto, videro Lorenzo attraversare i campi, correndo, a salti, rovesciando i segnali, calpestando i mozziconi del granoturco e venire dritto nella direzione() della ragnaia.

      – È Lorenzo quello laggiù?

      – Sì, mi pare; corre in cerca di noi…

      – Presto, duchessina, presto! Ritorni a casa; è arrivato il padrone!

      – Il babbo, il babbo! è arrivato il babbo! – e Lalla, dopo avere abbracciato miss Dill per la contentezza, ed essersi abbandonata a un’allegrezza assai espansiva, si avviò ratto per ritornarsene a casa, avendo peraltro trovato il momento di dire piano a Sandrino: – Si ricordi la promessa.

      Maria conosceva benissimo quella passeggiata, perchè era sempre minutamente informata di tutto ciò che faceva la sua figliuola, e la circondava di una vigilanza attiva e prudente, senza lasciarla mai in balìa di sè stessa, non essendo miss Dill, per Lalla, altro che una esecutrice scrupolosa degli ordini che riceveva dalla madre. Anche per la gita al roccolo di Frascolini, la permissione l’avevan dovuta chiedere a lei, e lei l’aveva accordata, non vedendoci ragioni per doverla rifiutare. Il Frascolini vecchio era stato un famigliare del conte defunto; il Frascolini giovine era cresciuto, per dir così, nella corte e nel tinello del Palazzo: come supporre dunque che, da un momento all’altro, fra Lalla e lui potessero nascere altre relazioni fuori del profondo rispetto dall’una parte e della affabilità cortese dall’altra?

      XIV

      Le visite di Prospero Anatolio a Maria si erano fatte a mano a mano più frequenti.

      Egli si trovava in un momento di sconforto e di tristezza: di sconforto, perchè come uomo politico aveva fatto un capitombolo; di tristezza, perchè la Haute-Cour era ritornata a Parigi, dove suo marito aveva avuto un impiego importante al Ministero degli affari esteri.

      L’Onorevole

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