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il problema sia solo di natura distributiva è una semplificazione eccessiva. Zamagni richiama poi l’attenzione sul peso che la finanza esercita sull’agricoltura e sul sistema dei prezzi e sul fatto che si sono sviluppati metodi di produzione agricola fortemente dannosi per la biodiversità (monoculture, semi brevettati, ecc.). Venendo alle strategie di intervento, si propone lo sviluppo – soprattutto in regioni strategiche – dell’«agroecologia», che tiene conto sia della sostenibilità economica che di quelle sociale e ambientale; sul fronte «culturale» si propone una vera educazione ai regimi alimentari, attenta alla qualità più che alla quantità degli alimenti (ad esempio, riduzione del consumo di carne); sul fronte economico-istituzionale si insiste sulla necessità di opporsi alla concentrazione del potere nelle mani di pochissimi gruppi multinazionali. Giusta determinazione dei prezzi, modifica dei modelli di consumo, lotta all’accaparramento delle terre, difesa dall’abuso dei brevetti, agroecologia, sono linee operative su cui orientare urgentemente l’impegno comune.

      Il tema della cooperazione internazionale per lo sviluppo è al centro del contributo dell’Ambasciatore Pietro Sebastiani. L’orizzonte più ampio in cui egli si colloca è quello della costruzione della pace come alleanza universale, in cui ogni persona e ogni comunità umana possano intraprendere il loro cammino di sviluppo in condizioni di dignità, responsabilità e consapevolezza, con un ruolo attivo e con un atteggiamento di condivisione. In tal senso il messaggio dell’Enciclica Laudato Si’ è molto prezioso, poiché coniuga inscindibilmente il tema dell’ecologia con quello della giustizia sociale. Ma l’autore insiste anche con forza sulla necessità di intensificare la cooperazione internazionale, oggi gravemente insufficiente (gli investimenti necessari per cambiare effettivamente i termini del problema dovrebbero essere 15/20 volte maggiori!). Essa non deve venire considerata dominio riservato dei governi e di qualche ONG, ma coinvolgere anche il settore privato, le piccole e medie imprese, le cooperative agricole e di servizi. Il caso del rapporto fra Europa e Africa è emblematico e, senza uno sforzo molto più grande, l’Europa non avrà un futuro.

      Infine, il prof. Buonomo affronta con coraggio il tema della leadership etica di chi è chiamato ad operare nel mondo dei rapporti internazionali. La sua è un’analisi articolata che rifugge dalla facile enumerazione di principi o valori astratti e cerca di tener conto della grande varietà delle situazioni e anche delle trasformazioni dell’odierno panorama mondiale. Si cerca di mettere a fuoco quali siano i valori etici su cui fondare una leadership, quali gli obiettivi da perseguire, quali i caratteri del leader stesso. I contesti sono diversi nel caso dei rapporti bilaterali o multilaterali. Il leader non è autonomo, perché rappresenta una dimensione collettiva, deve far ricorso alla expertise, deve saper far uso dell’immagine e non solo dell’analisi razionale, deve possedere l’arte di individuare i problemi, diagnosticarli e proporre soluzioni adeguate, e, infine, intervenire tempestivamente. In un contesto come quello attuale segnato da interessi egoistici delle persone e dall’unilateralismo degli Stati, la leadership si deve configurare come un servizio dinamico, capace di orientare verso competenze, conoscenze e discernimento: sul piano interno verso persone, comunità e istituzioni; in una dimensione più ampia come quella internazionale verso la «casa comune». Così la nobile figura dell’international civil servant, che era stata evocata negli interventi dei responsabili degli Organismi internazionali, assume concretezza e spessore. Si comprende, così, più profondamente la difficoltà e la grandezza del suo compito, in cui leadership, in ultima analisi, significa servizio.

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      LE SFIDE DELLA REGIONE PANAMAZZONICA:

      COOPERAZIONE NECESSARIA TRA GLI

      ORGANISMI INTERNAZIONALI E LA CHIESA

      CATTOLICA E LEADERSHIP ETICA

      Fratelli e sorelle, distinte Autorità. Buonasera!

      Desidero toccare tre punti, che esprimono anche ciò su cui stiamo riflettendo nel Sinodo a partire dai popoli indigeni amazzonici.

      In primo luogo, le voci dell’Amazzonia. Le sfide della Regione Amazzonica esigono una cooperazione necessaria tra le Organizzazioni internazionali e la Chiesa cattolica perché viviamo in un’emergenza locale, regionale e globale. La mia intenzione, in questo intervento, non è di fare una lezione scientifica o accademica sulla situazione della Panamazzonia, – questo lo hanno fatto altri, e in maniera magistrale – desidero solamente evidenziare la situazione di urgenza che si sperimenta in questi territori socioculturali e che coinvolge i governi, le loro istituzioni tutelari, la stessa Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose, per rispondere a questa problematica socio-ambientale, ciascuno per la sua visione e responsabilità specifica. Per questo sono necessari l’ascolto, il discernimento e l’azione consensuale e congiunta di tutti gli attori sociali, per ascoltare il grido dei poveri e dei popoli, che è allo stesso tempo il grido della Madre Terra. Ascoltare il grido della nostra «Casa comune» presenta alcuni aspetti che tutti conosciamo. Io desidero solamente evidenziarne alcuni: la contaminazione e il degrado socio ambientale, la distruzione degli equilibri climatici, la crescente perdita della biodiversità, che sono conseguenza dell’attuale sistema tecnocratico. Come ha detto Papa Francesco nella riunione dei Movimenti Popolari a Santa Cruz de la Sierra: «Questo sistema non ce la fa più». Queste sono ragioni, tra le molte altre, per sensibilizzare e mobilitare i principali attori che costituiscono la società, come la FAO, l’IFAD, la Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose, e tutte le persone che, come scrive Papa Francesco nella Laudato si’: «abitano nella nostra Casa comune».

      Dobbiamo al tempo stesso ascoltare il grido dei poveri, che si manifesta in domande vitali per la sopravvivenza dell’umanità e che in modo speciale colpisce coloro che stanno al margine, gli scartati, quelli che vivono nella «periferia» e specialmente in Amazzonia. Sentiamo alcuni segni di questo grido dei poveri nella poca o nessuna disponibilità di acqua potabile, e anche nella carenza di acqua nel mondo per lo scioglimento dei ghiacciai, in conseguenza al cambiamento climatico. Vi sono anche l’insicurezza alimentare e la limitazione della produttività agricola, il diffondersi di malattie nelle persone e negli animali, l’instabilità politica dei nostri Paesi amazzonici, i flussi migratori causati dai problemi socio-ambientali e politici. Davanti a questa drammatica situazione, che riguarda principalmente la Regione Amazzonica, è urgente una stretta collaborazione tra le istituzioni e le Chiese, per cercare una soluzione integrale e in questo modo salvare la vita e frenare un’inevitabile estinzione biologica del nostro Pianeta, come suggerisce la Lettera Enciclica Laudato Si’ del nostro «amato fratello Francesco», così chiamato dai fratelli e sorelle indigeni amazzonici.

      In secondo luogo: l’urgenza di formare leader etici, per guidare e difendere la vita nella nostra «Casa comune». Il contributo della Chiesa cattolica, la collaborazione inter-istituzionale e il dialogo interreligioso, possiedono radici etiche che permettono di cercare un nuovo modello di sviluppo umano integrale, alternativo all’attuale. In accordo con Papa Francesco, affermiamo che «tutto è connesso», in ciascuno di noi, nelle nostre famiglie, nei nostri Paesi, nei nostri continenti e nella nostra «Casa comune». Nel corso del Sinodo, abbiamo evocato qui a Roma il cammino della croce di Cristo nei popoli originari dell’Amazzonia. Abbiamo ricordato i tanti e le tante martiri di ieri e di oggi, conosciuti e dimenticati, ma soprattutto quelli che attualmente vivono e accompagnano la vita di donne e uomini minacciati. Il filo conduttore di questa riflessione è il cammino di «rivelazione» iniziato dal Concilio Vaticano II e che ci ha illuminato attraverso San Giovanni XXIII, San Paolo VI, San Giovanni Paolo II e il Papa emerito Benedetto XVI. In questo passaggio attraverso il tempo e lo spazio, l’acqua, simbolo della vita, scorre abbondante nel Rio delle Amazzoni e anche nella Chiesa, grazie a Cristo: «Io sono l’acqua viva che zampilla per la vita eterna». Il Rio delle Amazzoni raccoglie piccoli e grandi affluenti, così noi andiamo verso la foce per espandere senza limiti gli orizzonti di vita piena che ci offre Gesù. Siamo riuniti come Chiesa, popolo di Dio, in questo cammino sinodale, in comunione con il successore dell’apostolo Pietro, Papa Francesco, e con i nostri fratelli e sorelle, vescovi e anche con i membri dei popoli originari dell’Amazzonia.

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