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a casa”.

      Si mette seduta e sorride mentre i suoi occhi si accendono nel vedermi. È stesa su un materasso da quattro soldi messo per terra e si sbarazza della sua coperta leggera per alzarsi dal letto, ancora in pigiama. Si muove più lentamente del solito.

      Mi chino e l’abbraccio.

      “Ho una sorpresa per te” le dico, riuscendo a stento a contenere l’eccitazione.

      Solleva lo sguardo e spalanca gli occhi, poi li chiude e apre le mani, in attesa. È sempre così fiduciosa e ottimista che mi sorprende ogni volta. Decido cosa darle prima, poi opto per il cioccolato. Metto la mano in tasca, tiro fuori la barretta e lentamente gliela sistemo sul palmo. Apre gli occhi e si guarda la mano, socchiudendo gli occhi alla luce, indecisa. Le porgo la candela.

      “Cos’è?” domanda.

      “Cioccolato” rispondo.

      Mi guarda come se le stessi facendo uno scherzo.

      “Sul serio”, le dico.

      “Ma dove l’hai preso?” mi chiede, non capendo. Abbassa lo sguardo come se un asteroide le fosse appena atterrato sulla mano. Non la biasimo: non ci sono più negozi, non si cono persone, e neanche posti nel raggio di cento chilometri dove aspettarsi di trovare qualcosa del genere.

      Le sorrido. “Me l’ha dato Babbo Natale, per te. È un regalo di Natale anticipato”.

      Corruga le sopracciglia. “No, davvero”, insiste.

      Faccio un respiro profondo, e decido che è il momento di dirle della nostra nuova casa, e che domani ce ne andremo da qui . Cerco la maniera migliore di formulare la frase. Spero che sarà contenta tanto quanto me – ma con i bambini, non si sa mai. Una parte di me teme che potrebbe essersi affezionata a questo posto e che non voglia partire.

      “Bree, ho grandi notizie”, le dico, chinandomi e tenendole le spalle. “Oggi ho scoperto il posto più meraviglioso del mondo, in alto alto. È un piccolo cottage di pietra ed è perfetto per noi. È comodo, caldo, sicuro, e ha il caminetto più bello che esiste, e possiamo accenderlo ogni notte. E, cosa migliore di tutte, c’è ogni sorta di cibo. Come questo cioccolato”.

      Bree ripensa al cioccolato, se lo studia, e i suoi occhi si spalancano non appena realizza che è vero. Toglie delicatamente l’incarto e l’odora. Chiude gli occhi e sorride, abbassa la testa per fare un morso – ma all’improvviso si ferma. Mi guarda preoccupata.

      “E tu?” mi chiede. “C’è solo una barretta?”

      Bree è questa, sempre premurosa, anche se sta morendo di fame. “Vai prima tu”, le dico. “Okay”.

      Toglie l’incarto, e dà un gran morso. La sua faccia, scavata dalla fame, sprofonda nell’estasi.

      “Mastica lentamente”, la avverto. “Non vorrai farti venire il mal di pancia”.

      Mastica più piano, assaporando ogni morso. Ne stacca un grande pezzo e me lo mette sul palmo. “Tocca a te”, dice.

      Lo metto in bocca lentamente, facendo  un piccolo morso, tenendolo sulla punta della lingua. Lo succhio, poi lo mastico a poco a poco, gustandomi ogni istante. Il gusto e l’odore del cioccolato riempiono i miei sensi. È con ogni probabilità la cosa migliore che abbia mai mangiato.

      Sasha si lamenta, e avvicina il naso alla cioccolata; Bree stacca un pezzo e glielo offre. Sasha glielo strappa via dalle dita e lo ingoia in un sol boccone. Bree ride divertita, come sempre. Poi, mostrando grande autocontrollo, Bree avvolge la metà rimanente della barretta, stende le braccia verso l’alto e lo ripone saggiamente in alto sul comò, fuori dalla portata di Sasha. Bree sembra ancora debole, ma vedo che inizia a tornarle un po’ di morale .

      “Che cos’è?” domanda indicando la mia cintura.

      Per un attimo non capisco di cosa stia parlando, poi abbasso lo sguardo e vedo l’orsetto di peluche. Nell’euforia, me ne ero quasi dimenticata. Allungo la mano e glielo porgo.

      “L’ho trovato nella casa nuova”, le dico. “È per te”.

      Bree spalanca gli occhi euforica e afferra l’orsetto, se lo porta al petto e lo culla.

      “Lo adoro!” esclama Bree, con gli occhi che brillano. “Quando ci trasferiamo? Non vedo l’ora”!

      Sono sollevata. Prima di riuscire a rispondere, Sasha abbassa la testa e mette il naso sul nuovo orsetto di Bree, mettendosi ad annusarlo; Bree glilo sfrega sul muso per gioco, Sasha lo agguanta e si mette a correre per la stanza.

      “Ehi!” urla Bree, che scoppia a ridere sguaiatamente e parte all’inseguimento.

      Corrono entrambe per il soggiorno, ormai prese dalla loro caccia all’orsetto. Non so chi si stia divertendo di più.

      Le seguo dentro la stanza, stando attenta a reggere la candela per non farla spegnere, e la porto verso il mucchietto di legna. Metto qualcuno dei legnetti più piccoli nel caminetto, poi prendo una manciata di foglie secche dal cestino che c’è accanto. Sono contenta di averle raccolte, lo scorso autunno, con l’idea di usarle per accendere il fuoco. Funzionano alla perfezione. Piazzo le foglie secche sotto i ramoscelli, le accendo e la fiamma raggiunge subito il legno accendendolo. Continuo a mettere foglie nel caminetto, fino a quando i ramoscelli non prendono completamente. Spengo la candela, risparmiandola per la prossima volta che mi servirà.

      “Stiamo facendo un fuoco?” grida Bree elettrizzata.

      “Sì” le dico. “Stasera festeggiamo. È la nostra ultima sera qui”.

      “Yay!” grida Bree, saltando su e giù, mentre Sasha le abbaia accanto, partecipando anche lei all’euforia. Bree si mette a correre, afferra qualche legnetto e mi aiuta a collocarli sul fuoco. Lo alimentiamo con cura, lasciando spazio per l’aria; Bree ci soffia un po’ sopra, dando ossigeno alla fiamma. Come i ramoscelli prendono, piazzo in cima un ceppo più spesso. Continuo ad accatastare legni grossi, fino a quando non viene fuori un fuoco bello vivace.

      In pochi istanti, la stanza è tutta illuminata, e si sente già il calore. Stiamo in piedi accanto al fuoco; stendo un po’ le mani, le sfrego, e lascio che il calore mi penetri nelle dita. A poco a poco, va tornando la sensibilità. Lentamente mi scrollo di dosso il freddo dei lunghi giorni passati all’aperto, e inizio nuovamente a sentirmi me stessa.

      “Cos’è quello?” domanda Bree, indicando il pavimento. “Sembra un pesce!”.

      Va verso il pesce, lo raccoglie, e come cerca di afferrarlo le scivola dalle mani. Si mette a ridere, e Sasha, senza perdere un secondo, ci salta di sopra con tutte le  zampe, facendolo scivolare per il pavimento. “Dove l’hai preso?” urla Bree.

      Lo raccolgo prima che Sasha faccia altri danni. Apro la porta e lo lancio fuori, sulla neve, dove si conserverà meglio e rimarrà al sicuro; quindi mi chiudo la porta dietro.

      “Questa era l’altra sorpresa”, dico. “Stasera si cena!”.

      Bree mi viene di sopra e mi abbraccia forte. Sasha abbaia, come se capisse. L’abbraccio anch’io.

      “Ho altre due sorprese per te”, le annuncio con un sorriso. “Sono per dessert. Vuoi aspettare fino a dopo cena? O le vuoi ora”?

      “Ora!” urla elettrizzata.

      Sorrido, euforica anch’io. Almeno la terrà tranquilla fino alla cena.

      Infilo la mano in tasca ed estraggo il barattolo di marmellata. Bree lo guarda divertita, si vede che non sa bene cosa pensare. Svito il coperchio e glielo piazzo sotto il naso. “Chiudi gli occhi”, le dico.

      Li chiude. “Ora, inspira”.

      Respira profondamente, e un sorriso le attraversa la faccia. Apre gli occhi.

      “Odora di lamponi!” esclama.

      “È marmellata. Vai. Provala”.

      Bree infila due dita, prende un bella palettata e se la mangia. I suoi occhi si illuminano.

      “Wow”, esclama, e infila le dita nel barattolo per prenderne un altro bel po’ e avvicinarlo a Sasha, la quale

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