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e trattarli a pasticcini, e accompagnarli al cancello come se fossero principi?

      Il fratello continuava a ridere.

      —Ridete, ridete. E ogni volta che passa un reggimento continuate a scender giù voi e tutta la vostra famiglia a vederlo passare, e a star là sulla porta con due ragazze di quell'età, e ne sentirete delle belle da quei vostri guerrieri assuefatti a bazzicar le bettole, a ubriacarsi di acquavite e a masticar tabacco. L'altro giorno intanto....

      —Avete fatto un gran che d'un nonnulla. Se quella parola l'avesse detta chiunque altro, che non fosse un soldato, non l'avreste nemmeno avvertita. Bisogna condonar qualcosa alla gioventù. E poi son guerrieri in fin dei conti, e non frati.

      —Sì, sì, continuate pure a idolatrare il cappotto bigio, e un giorno o l'altro vi toccherà qualche lezione.

      —L'aspetto. Ma non volete capirla che non è il cappotto bigio che io idolatro; ma proprio quei contadinacci che lo vestono, rozzi, come dite voi, e beoni e scostumati, e quelle loro manaccie incallite, e quelle loro faccie ossute e arse dal sole, e quelle loro fronti che per tanti anni stettero curvate sui solchi ed ora....

      —Ed ora mi fate più dispetto di prima.—

      In quel punto s'udì picchiare alla porta di casa.—Dopo un minuto, un servitore venne a dire che un soldato il quale avea smarrita la via cercava ricovero.

      —Stiamo a vedere che lo fate salir qui a ricevere i vostri complimenti,—disse la sorella.

      —Fatelo salir subito,—disse risolutamente il padrone.

      —Oh!

      —Subito; qui, in questa stanza.—

      Il servitore scomparve.

      Si sente un passo lento e strascicato venir su per le scale. Poi un colpo come di corpo pesante lasciato cader sul pavimento;... ha lasciato cader lo zaino. Poi il suono del fucile appoggiato alla parete. Subito dopo la porta del salotto s'apre; eccolo sul limitare. Pallido, cascante, grondante d'acqua, sordido di fango il viso e le mani, e il capo inclinato languidamente sulla spalla, gira l'occhio intorno peritoso e meravigliato.

      Primo il padrone, e tutti gli altri dopo lui, gli si fanno intorno sollecitamente.

      —Avanti, avanti, giovinotto; avanti liberamente.—

      Egli fa un passo innanzi, abbassa gli occhi, vede il tappeto e si ritrae mormorando:

      —Scusino.... io non avevo veduto.

      —Ma che!—sclama il padrone, e lo piglia pel braccio e lo fa venire avanti e lo costringe a sedere accanto al cammino. Egli si fa bianco bianco nel viso, abbandona il capo all'indietro e lascia cadere le braccia penzoloni.—Oh Dio mio!—gridano tutti insieme spaventati; il padrone gli sorregge il capo, uno dei figliuoli gli asciuga la fronte, l'altro gli sbottona il cappotto e gli fa odorare una boccetta di aceto; le ragazze e le donne di servizio corrono di qua e di là, confuse, affannate, senza saper che si fare. Finalmente ei rinvenne e la sua prima parola fu un grazie detto con una voce trepida e fioca che veniva schietta schietta dal cuore. In quel momento, facendogli un po' di violenza, gli tolsero il cappotto e la cravatta, gli fecero indossare una giacchetta, e gli avvolsero attorno al collo un fazzoletto.—Grazie!—ripeteva il soldato opponendo una timida resistenza;—grazie!—

      —Oh che scena!—diceva intanto tra sè la sorella del padrone; ma non diceva per l'appunto quel che sentiva. E mostrava alla figlia maggiore le orme di fango rimaste sul tappeto; ma nell'atto stesso che le mostrava sentiva quasi dispetto di non provare dispetto.

      —O che v'è accaduto, buon giovane, che v'è accaduto?—dimandava con viva sollecitudine il padrone di casa.—Siete malato? Siete caduto? Eravate solo? D'onde venite?—

      A voce bassa e lenta, e interrompendosi tratto tratto come se gli venisse meno il respiro, il povero soldato raccontò tutto quel che gli era seguìto. Era partito da San Donnino che già si trovava male in arnese; lungo la via aveva molto sofferto di stomaco e di testa, e ad ogni breve sosta che s'era fatta aveva temuto di non potersi più rialzare. S'era però rialzato e avea tirato innanzi con grande sforzo fino all'ultima fermata, in prossimità di quella casa. Quivi s'era gettato in un fosso, s'era lasciato cogliere dal sonno, un torpore profondo gli aveva invaso tutte le membra, non avea inteso lo squillo delle trombe che davano il cenno dell'avanti, non aveva visto partire il reggimento, s'era svegliato mezz'ora dopo, s'era trovato solo, avea tentato di rimettersi in cammino ed era ricaduto per terra.... Che fare? dove andare? Vista là presso una casa, s'era diretto, barcollando, alla porta, e avea picchiato, e avea pregato che lo ricoverassero per un quarto d'ora nella stalla, o nel fienile, o dove si fosse.

      Questo racconto durò un buon quarto d'ora. Frattanto egli ritornò in sè interamente e riprese una parte delle forze smarrite. Ma a misura che la sua mente si rischiarava ed egli acquistava conoscenza viva e distinta del luogo dov'era e delle persone che lo circondavano, vieppiù s'accresceva il suo imbarazzo, la sua timidità e la sua confusione, e rispondeva alle domande balbettando e arrossendo come un bambino.

      Essendo ora di cena, la donna di casa, in quel frattempo, aveva apparecchiato, senza che il povero ospite, confuso e sbalordito come era, se ne fosse avveduto. Ad un tratto, il padrone fe' un cenno e tutti s'alzarono e si accostarono alla tavola. Il soldato si alzò anch'esso, diede una rapida occhiata alla mensa e alle persone, e si rimise subito a sedere abbassando gli occhi e vergognandosi d'aver guardato.

      —Ci abbiamo a mettere a tavola?—gli disse amabilmente il padrone, facendoglisi accanto.

      —Ah! è vero!—pensò il soldato, e si rizzò in piedi di scatto, e mormorando qualche parola di scusa si mosse per uscir dal salotto.

      —Dove andate?—domandò vivamente il padrone. Tutti gli altri si guardarono in atto di sorpresa: il soldato si fermò e si volse indietro.

      —Dove andate?—ripetè il padrone.

      —Mi hanno detto che si mettono a tavola....—quegli rispose timidamente.

      —Sì; ebbene, sedete a tavola con noi.—

      La sorella del padrone allungò il labbro di sotto; il soldato rimase a bocca aperta.

      —Sicuro, a tavola. Sedete qui, se non vi spiace.—E con una mano scostò una seggiola dalla tavola e coll'altra gli fece cenno che sedesse.

      —Ma.... domandò il soldato ripiegando ambe le mani coll'indice teso contro il proprio petto,—a tavola, io?—E sorrise.

      —Ma sicuro.

      —....Con loro?

      —Con noi, con noi.—

      Il povero giovane non poteva credere a quel che sentiva. Tutti gli altri lo guardavano con un'aria di curiosità e di compassione affettuosa; anche la sorella del padron di casa.

      —No.... senta, signore, (proruppe il soldato con voce dolce e tremante e facendosi serio serio) io non merito.... io non son degno di stare.... son tutto così (e si guardò i panni).... e poi io non saprei stare come si deve, perchè.... Quindi risolutamente:—Mi faccia questo piacere, mio buon signore; mi lasci andare di là, nella stanza vicina alla porta; io sto più volentieri di là; aspetterò che loro abbiano finito; non importa nemmeno che accendano il lume; aspetterò al buio, per me è lo stesso....

      —Ma no, ma no,—esclamarono ad una voce il padre e i figliuoli, dopo averlo ascoltato con un'attenzione mista di sorpresa e di tenerezza;—non permetteremo mai questo, non....

      —Sì, sì, mi lascino andare, mi lascino andare; io non voglio incomodarli....—e si mosse un'altra volta per andarsene.

      —Ma sentite.... ripresero gli altri trattenendolo;—voi avrete bisogno di mangiar qualcosa, è impossibile di no; restate, fateci questo piacere....

      —No, grazie, grazie; io non ho bisogno di nulla, io ho ancora tutto il mio pane nello zaino, e mi basta....

      —Ma sentite....

      —Ma

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