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rispondeva con tali spropositi che lo scandalizzavano a lungo. Marcella, ingenua, correggeva:

      — Euphrasia officinalis.

      E noi a ridere; perchè ella sola rammentava le lezioni di Guido.

      Finchè l'ora declinava, e il cielo, a lembi, tra i rami, e nella plaga verso i monti, impallidiva; e noi ad ogni suono di trotto nella strada, ci mettevamo in ascolto. Però fra i rumori vivaci o sordi, prossimi o lontani, io non avevo peranche appreso a distinguere il trotto del cavallo di Moser, che di subito le figlie e la madre lo riconoscevano, e annunziavano spesso a una voce:

      — Il babbo!

      Correvano le ragazze al cancello, o per la via. Eugenia si appoggiava al mio braccio e facevamo qualche passo incontro: Guido sgattaiolava.

      — Ben arrivato! Babbo, babbo!

      Nè prima la carrozza s'arrestava al cancello, che già Moser era a terra d'un salto; e se veniva dalla ferrovia, dopo più d'un giorno d'assenza, con maggior trasporto e fretta dava saluti e chiedeva notizie.

      — Come va, Eugenia? Bene! Benone! Le bimbe? Benissimo! E tu, vecchio? (a me) E Mino?

      Il monello, giungendo, gli si gettava al collo.

      — Basta! Auff! Che caldo! Sono stanco morto! Capite: 35 gradi all'ombra, laggiù! — Perde, frattanto che snoda la cravatta e respira a pieni polmoni, con piena gioia, cartocci e carte; esprime dal volto onesto il sollievo della fatica; la consolazione come d'un premio meritato; la forza e la bontà. — Ah! ora sto meglio! Andiamo a sedere.

      Tutti c'incamminiamo lasciando parlare lui solo; il quale si guarda felice intorno e par che non creda d'essere salvo dall'afa e dalla carcere e dalle faccende cittadine.

      — Valdigorgo! Questo è il paradiso! Una delle più belle opere di Domineddio! Che cielo! Che aria! Che fresco!

      Poi a vedere le figliole che corrono per il bicchiere di acqua, già prima d'esserne richieste, si ricorda che ha sete e urla:

      — Marcella! Ortensia! un bicchier d'acqua! Ho sete!

      — La fabbrica? — domanda Eugenia.

      — A meraviglia! Siamo al terzo piano; e tra un mese....; insomma, un buon affare, Eugenia; sta sicura!

      E arriva l'una o l'altra delle figlie col bicchiere annebbiato.

      — Oh che acqua! l'acqua di Valdigorgo! Non vantarla sui giornali, amico (egli mi prega): se no, ce la portan via, o vengono a bercela!...

      Segue una pausa, perchè le ragazze e Mino possan chiedere:

      — La lana, babbo?

      — La trottola?

      — La lana?! la trottola?! Oh credete che non abbia per la testa, laggiù, che i vostri capricci? La fabbrica, i capomastri, gli artieri, le seccature; corri in provincia, in comune, allo studio, dai clienti: chi mi cerca, chi mi sfugge.... Paga questo; licenzia quest'altro.... E voi, come se nulla fosse, la lana? la trottola?

      Ma poi egli trae di tasca il cartoccino della lana e lo getta alle ragazze; mentre parla a me:

      — E tu hai scoperto finalmente la quadratura del circolo?

      Rispondo: — Eureka! — quando già le ragazze strillano:

      — Dio! che lana!

      — Che colore! Cos'hai fatto, babbo? Ma il campione?

      — Il campione! il campione! — brontola il padre. — Dunque non ci ho colto?...

      — Un orrore!

      — Eh.... se l'avessi avuto, il campione!...

      — Te l'ho dato!

      — Te l'abbiamo involto in un pezzo di giornale. Lo mettesti nel gilet!

      — Sì! E io sono corso dal negoziante, prima di partire. «Mi vuole della lana così....» Se non che il campione non si trova. Fuori tutte le tasche; cerca tra le carte, sul banco, sotto il banco, per la strada: irreperibile! Non importa: «mi dia della lana verde per pantofole.... da regalarmi nel mio onomastico....»

      Altro grido delle ragazze: — No! Non è vero!

      Tuttavia, rifacendo la scena, prosegue egli:

      — «Di verdi, signore, ce ne sono molti....»

      «Bene, me li mostri....» Che volete? Io mi ricordavo tanto bene il tono della voce di Marcella quando mi disse «un verde così», che ho scelto tra le matasse a colpo sicuro.

      — Vergogna!

      — Cattivo!

       — Scegliere la lana a orecchio!

      — Eh.... per pantofole....

      — No: per un berretto da notte!

      È questa la vendetta delle ragazze.

      — Ah! infami! Un berretto da notte a me?... a me?!

      Infine Claudio si ricorda che è stanco e si rimette a sedere con le mani in tasca. Allora, non senza sua grande meraviglia, come a un miracolo, leva la destra con qualche cosa fra le dita....: il campione della lana.

      Ma segue Mino, che richiede il giocattolo.

      — Non mi amareggiare, figliolo! Non ho potuto comprarlo; non avevo più soldi....

      Il ragazzo si vendica puntando, senza piangere, l'indice al viso del padre e accusandolo alla madre.

      — Mamma: il babbo ha detto una bugia! Guarda! guarda che bugia!

      Talora giunge anche Roveni, per il viale, con quel suo passo da conquistatore.

      — Oh! Roveni! Novità?... Andiamo!

      E quell'uomo, stanco morto, corre col giovane nello studio; dove rimane fino a che, chiamato una terza volta a desinare, precipita in camera da pranzo, arrabbiandosi contro di me.

      — Bravo, Sivori! Che uomo sei, perdio? Neppur buono a dar scodelle! Come fate quando non ci sono io?.... Vedi: si fa così!

      Ma non è raro il caso che un ritardo ad afferrarla, o un disguido, rovesci, tra le grida e le risa, la scodella sulla tovaglia.

      Egli, Moser, fu più lieto dopo che ebbe visto rischiararsi la mia faccia.

       — Finalmente Valdigorgo ti fa bene anche a te — mi diceva. — Bada che sino alla prima neve non si parte di qua: nessuno!

      Negli occhi e nei modi d'Eugenia io notavo invece il dubbio che mi facessi forza a stento.

      Talvolta il cuore intende meglio dell'ingegno.

      Al consueto luogo, nel giardino, colsi una di quelle occhiate per dirle:

      — Claudio ha ragione: sto meglio. Quest'aria fa bene non solo a voi; ed ero forse più esaurito, più debole di voi, io!

      Eugenia scosse il capo, e arrossendo lievemente:

      — Voi — disse — non siete debole. Ora vi dominate per non affliggerci.

      — Perchè pensate così? — domandai io con impeto. — Che cosa pensate, che cosa avete pensato di me? Voglio saperlo! Non temete di svelarmi tutto il vostro pensiero, se davvero credete che io non sia debole.... Vi prometto che non torneremo mai più su quest'argomento.

      — Dirvi quel che penso? quel che ho pensato di voi? Ecco: i primi giorni ch'eravate qua dubitavo soffriste per una passione.

      — Una passione d'amore? — feci ridendo.

      — Sì — rispose senza ridere. — Non ci sarebbe stato da meravigliarsene; nulla di strano. Ma presto capii che il vostro male era molto più grave.

      — Perchè?

      — Una passione.... — esitava; indi risoluta: — forse me l'avreste confidata o, almeno, non avreste tentato di nasconderla così, a noi, a me. Il vostro male

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