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per vivanda a un marin mostro date.

      29

      Ma quanto avea più fretta il paladino,

      tanto parea che men l'avesse il vento.

      Spiri o dal lato destro o dal mancino,

      o ne le poppe, sempre è così lento,

      che si può far con lui poco camino;

      e rimanea talvolta in tutto spento:

      soffia talor sì averso, che gli è forza

      o di tornare, o d'ir girando all'orza.

      30

      Fu volontà di Dio che non venisse

      prima che 'l re d'Ibernia in quella parte,

      acciò con più facilità seguisse

      quel ch'udir vi farò fra poche carte.

      Sopra l'isola sorti, Orlando disse

      al suo nochiero: — Or qui potrai fermarte,

      e 'l battel darmi; che portar mi voglio

      senz'altra compagnia sopra lo scoglio.

      31

      E voglio la maggior gomona meco,

      e l'ancora maggior ch'abbi sul legno:

      io ti farò veder perché l'arreco,

      se con quel mostro ad affrontar mi vegno. —

      Gittar fe' in mare il palischermo seco,

      con tutto quel ch'era atto al suo disegno.

      Tutte l'arme lasciò, fuor che la spada;

      e vêr lo scoglio, sol, prese la strada.

      32

      Si tira i remi al petto, e tien le spalle

      volte alla parte ove discender vuole;

      a guisa che del mare o de la valle

      uscendo al lito, il salso granchio suole.

      Era ne l'ora che le chiome gialle

      la bella Aurora avea spiegate al Sole,

      mezzo scoperto ancora e mezzo ascoso,

      non senza sdegno di Titon geloso.

      33

      Fattosi appresso al nudo scoglio, quanto

      potria gagliarda man gittare un sasso,

      gli pare udire e non udire un pianto;

      sì all'orecchie gli vien debole e lasso.

      Tutto si volta sul sinistro canto;

      e posto gli occhi appresso all'onde al basso,

      vede una donna, nuda come nacque,

      legata a un tronco; e i piè le bagnan l'acque.

      34

      Perché gli è ancor lontana, e perché china

      la faccia tien, non ben chi sia discerne.

      Tira in fretta ambi i remi, e s'avicina

      con gran disio di più notizia averne.

      Ma muggiar sente in questo la marina,

      e rimbombar le selve e le caverne:

      gonfiansi l'onde; ed ecco il mostro appare,

      che sotto il petto ha quasi ascoso il mare.

      35

      Come d'oscura valle umida ascende

      nube di pioggia e di tempesta pregna,

      che più che cieca notte si distende

      per tutto 'l mondo, e par che 'l giorno spegna;

      così nuota la fera, e del mar prende

      tanto, che si può dir che tutto il tegna:

      fremono l'onde. Orlando in sé raccolto,

      la mira altier, né cangia cor né volto.

      36

      E come quel ch'avea il pensier ben fermo

      di quanto volea far, si mosse ratto;

      e perché alla donzella essere schermo,

      e la fera assalir potesse a un tratto,

      entrò fra l'orca e lei col palischermo,

      nel fodero lasciando il brando piatto:

      l'ancora con la gomona in man prese;

      poi con gran cor l'orribil mostro attese.

      37

      Tosto che l'orca s'accostò, e scoperse

      nel schifo Orlando con poco intervallo,

      per ingiottirlo tanta bocca aperse,

      ch'entrato un uomo vi saria a cavallo.

      Si spinse Orlando inanzi, e se gl'immerse

      con quella ancora in gola, e s'io non fallo,

      col battello anco; e l'ancora attaccolle

      e nel palato e ne la lingua molle:

      38

      sì che né più si puon calar di sopra,

      né alzar di sotto le mascelle orrende.

      Così chi ne le mine il ferro adopra,

      la terra, ovunque si fa via, suspende,

      che subita ruina non lo cuopra,

      mentre malcauto al suo lavoro intende.

      Da un amo all'altro l'ancora è tanto alta,

      che non v'arriva Orlando, se non salta.

      39

      Messo il puntello, e fattosi sicuro

      che 'l mostro più serrar non può la bocca,

      stringe la spada, e per quel antro oscuro

      di qua e di là con tagli e punte tocca.

      Come si può, poi che son dentro al muro

      giunti i nimici, ben difender rocca;

      così difender l'orca si potea

      dal paladin che ne la gola avea.

      40

      Dal dolor vinta, or sopra il mar si lancia,

      e mostra i fianchi e le scagliose schene;

      or dentro vi s'attuffa, e con la pancia

      muove dal fondo e fa salir l'arene.

      Sentendo l'acqua il cavallier di Francia,

      che troppo abonda, a nuoto fuor ne viene:

      lascia l'ancora fitta, e in mano prende

      la fune che da l'ancora depende.

      41

      E con quella ne vien nuotando in fretta

      verso lo scoglio; ove fermato il piede,

      tira l'ancora a sé, ch'in bocca stretta

      con le due punte il brutto mostro fiede.

      L'orca a seguire il canape è costretta

      da quella forza ch'ogni forza eccede,

      da quella forza che più in una scossa

      tira, ch'in dieci un argano far possa.

      42

      Come toro selvatico ch'al corno

      gittar si senta un improvviso laccio,

      salta

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