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farlo con effetto,

      s'io lo fo imaginando, anco mi giuova.

      Voglio, qual volta tu mi dài ricetto,

      quando allora Ginevra si ritruova

      nuda nel letto, che pigli ogni vesta

      ch'ella posta abbia, e tutta te ne vesta.

      25

      Come ella s'orna e come il crin dispone

      studia imitarla, e cerca il più che sai

      di parer dessa, e poi sopra il verrone

      a mandar giù la scala ne verrai.

      Io verrò a te con imaginazione

      che quella sii, di cui tu i panni avrai:

      e così spero, me stesso ingannando,

      venir in breve il mio desir sciemando. —

      26

      Così disse egli. Io che divisa e sevra

      e lungi era da me, non posi mente

      che questo in che pregando egli persevra,

      era una fraude pur troppo evidente;

      e dal verron, coi panni di Ginevra,

      mandai la scala onde salì sovente;

      e non m'accorsi prima de l'inganno,

      che n'era già tutto accaduto il danno.

      27

      Fatto in quel tempo con Ariodante

      il duca avea queste parole o tali

      (che grandi amici erano stati inante

      che per Ginevra si fesson rivali):

      — Mi maraviglio (incominciò il mio amante)

      ch'avendoti io fra tutti li mie' uguali

      sempre avuto in rispetto e sempre amato,

      ch'io sia da te sì mal rimunerato.

      28

      Io son ben certo che comprendi e sai

      di Ginevra e di me l'antiquo amore;

      e per sposa legittima oggimai

      per impetrarla son dal mio signore.

      Perché mi turbi tu? perché pur vai

      senza frutto in costei ponendo il core?

      Io ben a te rispetto avrei, per Dio,

      s'io nel tuo grado fossi, e tu nel mio. —

      29

      — Ed io (rispose Ariodante a lui)

      di te mi maraviglio maggiormente;

      che di lei prima inamorato fui,

      che tu l'avessi vista solamente:

      e so che sai quanto è l'amor tra nui,

      ch'esser non può di quel che sia, più ardente;

      e sol d'essermi moglie intende e brama:

      e so che certo sai ch'ella non t'ama.

      30

      Perché non hai tu dunque a me il rispetto

      per l'amicizia nostra, che domande

      ch'a te aver debba, e ch'io t'avre' in effetto,

      se tu fossi con lei di me più grande?

      Né men di te per moglie averla aspetto,

      se ben tu sei più ricco in queste bande:

      io non son meno al re, che tu sia, grato,

      ma più di te da la sua figlia amato. —

      31

      — Oh (disse il duca a lui), grande è cotesto

      errore a che t'ha il folle amor condutto!

      Tu credi esser più amato; io credo questo

      medesmo: ma si può veder al frutto.

      Tu fammi ciò ch'hai seco, manifesto,

      ed io il secreto mio t'aprirò tutto;

      e quel di noi che manco aver si veggia,

      ceda a chi vince, e d'altro si provveggia.

      32

      E sarò pronto, se tu vuoi ch'io giuri

      di non dir cosa mai che mi riveli:

      così voglio ch'ancor tu m'assicuri

      che quel ch'io ti dirò, sempre mi celi. —

      Venner dunque d'accordo alli scongiuri,

      e poser le man sugli Evangeli:

      e poi che di tacer fede si diero,

      Ariodante incominciò primiero.

      33

      E disse per lo giusto e per lo dritto

      come tra sé e Ginevra era la cosa;

      ch'ella gli avea giurato e a bocca e in scritto,

      che mai non saria ad altri, ch'a lui, sposa;

      e se dal re le venìa contraditto,

      gli promettea di sempre esser ritrosa

      da tutti gli altri maritaggi poi,

      e viver sola in tutti i giorni suoi:

      34

      e ch'esso era in speranza pel valore

      ch'avea mostrato in arme a più d'un segno,

      ed era per mostrare a laude, a onore,

      a beneficio del re e del suo regno,

      di crescer tanto in grazia al suo signore,

      che sarebbe da lui stimato degno

      che la figliuola sua per moglie avesse,

      poi che piacer a lei così intendesse.

      35

      Poi disse: — A questo termine son io,

      né credo già ch'alcun mi venga appresso:

      né cerco più di questo, né desio

      de l'amor d'essa aver segno più espresso;

      né più vorrei, se non quanto da Dio

      per connubio legitimo è concesso:

      e saria invano il domandar più inanzi;

      che di bontà so come ogn'altra avanzi. —

      36

      Poi ch'ebbe il vero Ariodante esposto

      de la mercé ch'aspetta a sua fatica,

      Polinesso, che già s'avea proposto

      di far Ginevra al suo amator nemica,

      cominciò: — Sei da me molto discosto,

      e vo' che di tua bocca anco tu 'l dica;

      e del mio ben veduta la radice,

      che confessi me solo esser felice.

      37

      Finge ella teco, né t'ama né prezza;

      che ti pasce di speme e di parole:

      oltra questo, il tuo amor sempre a sciochezza,

      quando meco ragiona, imputar suole.

      Io ben d'esserle caro altra certezza

      veduta n'ho, che di promesse e fole;

      e tel dirò sotto la fé in secreto,

      ben

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