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Le vergini delle rocce. Gabriele D'Annunzio
Читать онлайн.Название Le vergini delle rocce
Год выпуска 0
isbn 4064066070779
Автор произведения Gabriele D'Annunzio
Жанр Языкознание
Издательство Bookwire
Forse nella mia solitudine laboriosa — se bene io non temessi nè l'infermità nè la demenza nè la morte possedendo questa tutelare fiamma di orgoglio di pensiero e di fede — forse talvolta la mia malinconia celava in sè un verace bisogno di comunioni con il fraterno spirito non incontrato ancóra o con un'adunanza di spiriti predisposti ad appassionarsi sinceramente di ciò che mi appassionava. Un tal bisogno parevami si rivelasse nel mio abito mentale di fermare le teorie delle idee e delle imagini in una concreta forma oratoria o lirica, quasi a riguardo d'un imaginario uditore. Caldi getti d'eloquenza e di poesia m'inondavano all'improvviso, cosicchè all'anima traboccante il silenzio talvolta era grave.
Per confortare la mia solitudine, allora pensai di dare una figura corporea a quel demònico in cui, secondo il documento del mio primo maestro, io aveva fede come nell'infallibile segno che mi conduceva all'integrazione della mia effigie morale. Io pensai di commettere a una bocca bella e imperiosa e colorita dal mio medesimo sangue l'officio di ripetermi: — O tu, sii quale devi essere.
Tra le imagini dei miei maggiori una m'è sopra tutte le altre carissima, e sacra come una icona votiva. È il più nobile e il più vivido fiore di mia stirpe, rappresentato dal pennello di un artefice divino. È il ritratto di Alessandro Cantelmo conte di Volturara, dipinto dal Vinci tra l'anno 1493 e il '94 a Milano dove Alessandro aveva preso stanza con una sua compagnia di gente d'arme, attratto dall'inaudita magnificenza di quello Sforza che voleva fare della città lombarda una nuova Atene.
Nessuna cosa al mondo ha per me un egual pregio, e nessun tesoro mai fu custodito con più appassionata gelosia. Io non mi stanco di ringraziar la Fortuna che ha voluto far risplendere su la mia vita una tanto insigne imagine e concedermi la voluttà incomparabile di un tanto segreto. “Se tu possiedi una cosa bella, ricòrdati che ogni sguardo altrui usurpa il tuo possesso. Il godimento della contemplazione parteggiato è menomato: e tu rifiùtalo. Qualcuno, per non confondere il suo sguardo con quello dello sconosciuto, non entrò nel museo publico. Ora, se tu veramente possiedi una cosa bella, chiudila con sette porte e coprila con sette velarii.„ E un velario copre la figura magnetica; ma il suo sogno è così profondo, la sua fiamma è così possente che talvolta il tessuto palpita alla veemenza del respiro.
Io diedi dunque al demònico la forma di questo genio familiare; e lo sentii nella solitudine vivere d'una vita assai più intensa della mia. Non aveva io dinnanzi a me, per il prodigio durevole d'uno fra i più grandi rivelatori del mondo, non aveva io dinnanzi a me uno spirito eroico escito dal mio stesso ceppo e costituito da tutti quei caratteri distintivi della prosapia i quali io così acutamente cercava di rivelare in me medesimo e che in esso apparivano con una fierezza di rilievo quasi spaventosa?
Eccolo ancóra dinnanzi a me, eguale sempre e pur sempre nuovo! Un tal corpo non è la carcere dell'anima ma ne è il simulacro fedele. Tutte le linee del volto quasi imberbe sono precise e ferme come in un bronzo cesellato con insistenza; la pelle ricopre d'un pallor fosco i muscoli asciutti, usi per certo a palesarsi con un tremito ferino nel desiderio e nella collera; il naso diritto e rigido, il mento ossuto e stretto, le labbra sinuose ma energicamente serrate esprimono la volontà temeraria; e lo sguardo è come una bella spada, all'ombra d'una capellatura densa e greve e quasi violetta come i grappoli d'uva che il sole affoca sul tralcio più vivace. Egli sta in piedi, visibile dal ginocchio in su, immoto; e pure l'imaginazione si rappresenta al primo attimo lo scatto repentino delle gambe flessibili e forti come gli acciari delle balestre, che scaglieranno pericolosamente quel busto elegante appena il nemico si mostri. “Cave adsvm„: ben gli si addice l'antica insegna. Vestito d'un'arme leggerissima, damaschinata certo da un artiere sommo, egli ha le mani ignude: mani pallide e sensitive ma pur con un non so che di tirannico e quasi di micidiale nel lor disegno netto: la sinistra appoggiata su la gòrgone dell'elsa, la destra contro lo spigolo d'un tavolo coperto di velluto cupo, del quale appare un lembo. Accanto alle manopole e al morioncello, posano sul velluto una statuetta di Pallade e una melagrana che porta sul gambo anche la sua foglia aguzza e il suo fiore ardente. Dietro il capo allontanasi per entro al vano d'una finestra una campagna spoglia terminata da una chiostra di colline su cui si eleva un còno, solo come un pensiero superbo. E in basso, su un cartiglio, leggesi questo distico:
FRONS VIRIDIS RAMO ANTIQVO ET FLOS IGNEVS VNO
TEMPORE [PRODIGIVM] FRVCTVS ET VBER INEST.
In qual luogo e per quale evenienza Alessandro erasi incontrato la prima volta col maestro fiorentino che allora attingeva il massimo splendore della sua virilità? Forse in un festino di Ludovico, pieno delle meraviglie create dalle arti occulte del Mago? O piuttosto nel palazzo di Cecilia Gallerani, dove gli uomini militari ragionavano di scienza bellica, i musici cantavano, gli architetti e i pittori disegnavano, i filosofi disputavano delle cose naturali, i poeti recitavano i loro e gli altrui componimenti “alla presenza di questa eroina„, come narra il Bandello. Quivi appunto mi piace imaginare il primo incontro, nel tempo in cui la favorita del Moro già incominciava ad amar segretamente Alessandro.
Quale fiamma d'intelligenza audace e di volontà dominatrice doveva trasparire dalle sembianze del giovine perchè Leonardo ne fosse preso fin da quel giorno! Forse Alessandro ragionò con lui in disparte “su i modi di ruinare ogni rocca o altra fortezza se non fondata in sul sasso„ e si appassionò ai segreti formidabili di quell'affascinante creator di madonne il qual superava in novità d'ingegni tutti i maestri e compositori di strumenti bellici. Forse, nel corso del ragionamento, Leonardo proferì qualcuna di quelle sue parole profonde su l'arte della vita; e, scrutando gli occhi del giovine fattosi muto, riconobbe in lui uno spirito deliberato a trarre dalla vita tutto ciò ch'ella poteva dargli, un ambizioso disposto non già a seguir ciecamente la sua ventura ma a conquistare il dominio con il soccorso di quella scienza che moltiplica e converge allo scopo le forze dell'operatore. E colui