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e di srugginirmi un po’ il cervello. La vostra impresa, opera d’intelligenza e di amore, merita premio di lode e di guadagno; e come già conseguiste la prima larghissima, così non può mancarvi il secondo, se gl’Italiani non hanno tanto smarrito il bene dello intelletto da preferire per ornamento delle loro stanze a questa preziosa effigie delle arti italiane i molti aborti delle litografie francesi.

      Le Traduzioni e Volgarizzamenti di poesie liriche sono come fiori di ghirlanda disfatta, o piuttosto non intrecciata. Divisava un giorno, e non ne ho per anche deposto il pensiero, adoperandovi ancora, come vi adoperai, l’aiuto di amici, raccogliere le principali liriche di tutti i popoli del mondo antichi e moderni, allo scopo di mostrare che le passioni umane si manifestarono sempre a un di presso nella medesima forma: così tra la serventese provenzale di Sere Blacasso e la canzone slava di Eiuduco moribondo, tra l’Ode di Omero ai Vasai e l’Ode di Schiller detta La Campana, la Fidanzata di Corinto del Goethe e il racconto della fidanzata di Corinto di Flegone, apparisce quasi una fratellanza; e lasciando dei sentimenti, le immagini, le metafore suonano quasi le stesse; o Vitalis, comunque non uscito da Stoccolma e da Upsala, descrive i prodigi dell’Oriente come i poeti Arabi e i Persiani. Dalle quali considerazioni io proponeva trarre una conseguenza, che il poeta è sacro ingegno sublimato da Dio, cittadino del mondo e spirito universale, che sotto il mantello che lo cuopre, secondo affermava il Canning, più spesso che non si crede troviamo il capitano, il legislatore e il rigeneratore di popoli.

      Questo disegno mi è venuto meno per virtù delle solite incursioni e del relativo saccheggio dei saccomanni, cagnotti, berrovieri e simile altra geldra di buona e cappata gente. Mi dicono, che chiedendo potrei redimere le spoglie innocentissime; ma io preferisco ch’esse si rimangano onorato trofeo colà dove stanno appese. Mi sta fitta in mente la risposta che dava Vittorio Alfieri a coloro che lo consigliavano di supplicare il Generale Miollis affinchè gli venissero restituiti i libri rapitigli in Francia.

      I Bianchi e i Neri furono il secondo passo tentato sopra l’arduo cammino. Persuadendolo gli amici, feci rappresentare cotesto Dramma qui nella mia città, fra mezzo ai miei concittadini, nella fiducia che avrebbero accolto con benevolenza il giovanetto che schivo dei sollazzi della sua età vegliava le notti per rendere so stesso con la sua patria onorati. Horresco referens! — Ebbe plauso uguale a quello che fecero i demoni alla orazione di Satana giù nello Inferno quando egli referì la caduta dell’uomo, quantunque i miei concittadini non fossero tramutati in serpenti.

      Expecting

      Their universal shout, and high applause

      To fill his ear: when, contrary, he hears

      On all sides, from innumerable tongues,

       A dismal universal hiss, the sound

      Of public scorn.

      (Milton, I. 10.)

      No: i miei concittadini rimasero uomini! L’orgoglio di autore non fu ferito, o se ferito, presto sanato mercè gli egregi scritti di Elia Benza sopra cotesto Dramma; ma mi scese invincibile dentro al cuore la repugnanza di commettere opere di arte alla brutalità di malevoli o stolti, come gl’Imperatori Romani esponevano i condannati alle fiere. Forse più che ad altro io mi sentiva chiamato pel Teatro; così ne fui distolto per sempre. A me parve in cotesta sera il Teatro Carlo-Lodovico il Pandemonio descritto dal Milton nell’avventura riferita poco anzi: «Terribile fu il fragore del fischio nella sala stipata da mostri di molti capi e di molte code; scorpioni, aspidi, anfesibene crudeli, ceraste armate di corna, idre, elopi funesti, e dispadi: no, tanto sciame di rettili non cuoprì la terra cruenta del sangue della Gorgone o la Isola di Ofiusa.»

       E ponendo da parte lo scherzo, non farà maraviglia se io partecipassi il sentimento di Gualtiero Scott, il quale supplicato di combattere con l’autorità del suo nome e la potenza della parola, la Riforma proposta da Lord Grey, sentendosi accolto nella Camera dei Comuni come Satano dai demoni, avvertì sorridendo il membro di Parlamento che gli sedeva accanto: «Bene avvisai astenermi dal Teatro, perchè mi accorgo che le mie orecchie non avrebbero potuto assuefarsi a cotesta musica.»

      Qui cesso, che parmi avere oltre il giusto favellato delle cose mie: però non inutilmente; avvegnachè i giovani scrittori vedano come il mio cammino sopra il sentiero delle lettere umane sia stato uguale a quello di Cristo sul Golgota. Non moto, non passo che io non abbia segnato con una goccia di sudore e di sangue: spesso caddi sotto la croce, ma mi rilevai da me stesso, e tornai a portarla, e la porto senza soccorso di Cireneo. Io non auguro ai giovani scrittori lunghe sventure, ma prego Dio che li guardi dai facili trionfi. Le sventure sono le midolle di lione con le quali la fiera divina[8] nudriva l’alunno Achille; e il carcere

      Affinando il pensier ne fa una lima.

      Di questo la giovane generazione degli scrittori che ci terrà dietro vada convinta, che i fiori provati alle rugiade di acqua forte non temono inclemenza di rigido cielo, nè lusinga di perfido sole: crescono, e si spandono per virtù propria.

      Il dolore formava parte principalissima di educazione presso gli Spartani. L’arco di Ulisse non si tende da braccia di eunuchi.

      F.-D. Guerrazzi.

      VERONICA CYBO,

      DUCHESSA DI S. GIULIANO.

       RACCONTO STORICO.

       Indice

       Nel carnevale passato certo gentiluomo pagò mille lire una parrucca da mettere in capo al suo cocchiere onde apparisse mirabile in corso! — Pochi anni avanti, Vitalis, giovane genio svedese, moriva di fame all’ospedale di Upsala! — E questo, già come sapete, è il secolo superior fine della Intelligenza e della Carità.

       Conoscendo che Voi, non estimandovi migliore dei nostri padri, nel pensiero di suscitarne la memoria col mezzo delle Belle Arti avevate deciso commettere dieci quadri a Pittori di antica fama, e a Pittori che dovevano formarsene una nuova, vi raccomandai il giovane pittore Enrico Pollastrini, mio concittadino.

       A questa mia raccomandazione rispondeste: avere commesso immediatamente un quadro, che doveva rappresentare la Morte del duca Alessandro, al mentovato giovane, aprendogli così il campo ad onorare la sua Patria, se stesso, ed anche Voi, che lo avete protetto, — ov’egli faccia, come spero, opera egregia.

       Io desiderava pertanto manifestarvi pubblicamente la mia gratitudine per questo fatto; e, come vedete, colgo la prima occasione che mi viene offerta, intitolando a Voi questo Racconto.

       Accettatelo com’io ve lo mando, cioè non come dimostrazione d’ingegno, ma come testimonianza di animo grato.

       E questa mi sembra una Dedica che io possa fare, e Voi accogliere, senza che ne dobbiamo arrossire ambedue. Addio.

      Vostro affezionatissimo amico,

       F. DOM. GUERRAZZI.

      VERONICA CYBO.

       Indice

      L’autunno è la più mesta stagione dell’anno; — il vespro è l’ora più mesta del giorno: — in quella stagione, in quell’ora, il Sole si avvicina alla sua tomba magnifico a vedersi come il figlio primogenito del Creatore. — Sul mezzogiorno egli tenne raccolti tutti i suoi raggi per vibrarli veementi a suscitare la natura; ma verso sera la vita è sparsa, la virtù diffusa, ed egli adesso si compiace a versare tutto il suo lume per l’emisfero che lo circonda. E la volta dei cieli, abbandonato il manto azzurro, s’indora della luce divina, in quella guisa che il secolo assorbe l’emanazioni della grande anima che lo ha dominato.

      Simile alla Fenice, che si apparecchia il rogo di cinamomo e di mirra, il Sole adorna

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