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industriano intorno una manica di furbi che cercano di mangiarle quel poco che possono mentre vive, e di bubbolarle una parte della sua eredità quando muoia.

      —È proprio così: disse lo speziale che si grattava la punta del naso studiando un motto arguto: la marchesa di Campidoro è per essi un vero campo da cui vogliono raccoltar oro… Oh oh: che cosa ne dice signor Vanardi?

      La giovane cameriera continuava:

      —C'è il presidente della Congregazione di santa Filomena, il signor

       Marone…

      —Il nostro garbato padron di casa, disse Agapito ammiccando ad

       Antonio.

      —Questi è in lega col curato; dall'altra parte c'è il cavalier Salicotto d'accordo, mi pare, col medico, il dottor Lombrichi….. e in mezzo a tutti costoro più furbo di tutti e giovandosi di tutti, quel birbaccione di Grisostomo.

      —Il cacciatore? dimandò Giannello.

      —Quell'omaccio dalla barba nera che fa paura? disse Martino.

      —Proprio lui… Ah! chi desidera stare in quella casa deve mettersi nelle grazie di quel brigante…

      —Ah! ah! è un cacciatore che fa cacciare chi vuole… Oh, oh, oh!

      —Ma io non sono di quell'umore, continuava Carlotta. Eh sì ch'egli non dimanderebbe di meglio che farmi la sua favorita: brutta barbaccia, va!

      —Per lei ci vogliono altre barbe che quelle.

      —A me non mi importa niente di lasciar lì quella casa dall'oggi al domani. Non sono imbarazzata punto punto a trovarmi un ricapito, io; e se per poco mi si tormenta, affè li pianto!

      —Benissimo! esclamò Giannello.

      —Oh lei è una giovane ammodo: osservò Martino.

      —E badino bene a quel che dico loro, e si troverà ch'io non l'avrò sbagliata d'un ette: quel volpone di Grisostomo sarà quello che mangerà la miglior parte dell'eredità della signora marchesa.

      —Lo credo: disse Agapito. Il mariuolo ha i denti da ciò. Ah, ah, ah!

      —C'è la figlioccia della marchesa… una cara personcina, la figliuola del signor Biale, sa bene? quella che ha sposato il signor Pannini, quel bel giovane che è segretario, o che so io presso il cavaliere Bancone, un banchiere che è ricco a milioni.

      —Lo conosco, disse lo speziale; è uno dei primi e dei più birbi fra i nostri trafficanti di borsa.

      —Ebbene, la signora Lisa—madama Pannini si chiama Lisa—era un tempo amatissima dalla marchesa, e la famiglia dei Campidoro ha non so quale obbligazione verso i Biale: era cosa quasi certa che a costoro la marchesa avrebbe lasciato una bella fortuna; ma ora io scommetterei che Grisostomo li fa stare a becco asciutto.

      —Possibile! esclamò Giannello giungendo le mani e lanciando a

       Carlotta un'occhiata assassina.

      —Che mutria! disse Martino fulminando la giovane d'un'occhiata simile a quella del suo compagno.

      —Allora si può chiamare altresì cacciatore d'eredità, disse lo speziale; e rise grossamente secondo il solito.

      —La signora Lisa viene sovente a trovar la madrina, ma non sempre il nostro turco… (è un nomignolo che abbiamo accollato a Grisostomo… sono io che gliel'ho dato: perchè una volta che sono andata al teatro che si cantava l'Italiana in Algeri c'era un brutto muso di turco con tanto di barba, che rassomigliava tutto tutto a lui…) non sempre e' gliela lascia vedere. Perchè nessuno, nessuno al mondo, può arrivare sino alla marchesa se il turco non ha data la sua licenza. E l'ho sentita io la signora marchesa dire alcune volte con rincrescimento: «È molto tempo che Lisa non è più venuta a trovarmi.» E quel birbaccio risponderle: «Già, adesso è maritata; le nuove affezioni le hanno fatto dimenticare le antiche…» Oh! cose da mordersi la lingua per non parlare e confonderlo. Ma sì, basterebbe una sola parola che non gli piacesse per farci dare il benservito. E così è riuscita a levargliela quasi del tutto dal cuore, e la signora marchesa non ha oramai più altra affezione che quella per la sua cagnetta, quella vecchia schifosa mimì, che io vorrei veder gettata nel pozzo nero… Ed a quella buona signora Lisa, quando viene, Grisostomo le dice che la madrina dorme, o che la non è d'umore da ricevere, o che il medico ha proibito di lasciarla parlare a chicchessia… Ah! eccone un altro che ci mangia dei bei denari e sa benissimo il suo tornaconto: il medico… A proposito, io ciarlo, ciarlo, e non ho ancora detto il motivo per cui son venuta. Il dottore ha ordinato si ripetesse l'ultima bibita calmante da prendersi a cucchiai.

      Lo speziale si volse tosto ad uno de' garzoni.

      —Martino, avete inteso, e preparatela subito subito: la ricetta è là nella filza colle altre, e ci è scritto in alto il nome della marchesa di Campidoro.

      Martino fu sollecito ad obbedire.

      Carlotta ripigliava:

      —Veramente non toccherebbe a me il venire a far questa commissione. Ci sono due domestici e sarebbe affar loro: ma io non ho di queste superbie… E poi era un pretesto per uscire un poco a prender aria: che in quella casa non c'è mai un momento di libertà. E il turco per l'appunto pare che tenga schiava me più che gli altri, come se ne fosse geloso.

      —Eh! lo sarà, oh! lo sarà: disse lo speziale con molta galanteria.

      —Lo sarà certo: aggiunse Giannello rotando gli occhi come se avesse turbo di stomaco.

      —E n'ha ben d'onde! esclamò anche Martino dal banco, dove mesceva e rimestava i farmachi per la pozione.

      —E dunque, appena ho udito il dottor Lombrichi dire alla marchesa con quel suo tono magistrale da sputabottoni; «Bisogna che prima di questa sera ella pigli ancora due cucchiai di quella medicina:» ho subito sclamato: «Sì signore, corro tosto io stessa alla spezieria a prenderla;» e senza attender altro son venuta di trotto.

      —Bravissima! disse Agapito leziosamente, e così ci ha procurato il bene di vederla…

      —Un gradito favore che ci ha fatto: soggiunse il signor Giannello, facendo sempre più l'occhiolino.

      —Oh sì, un vero favore! ripetè il signor Martino di dietro il banco, versando in un'ampollina la mistura che aveva finito di preparare.

      Carlotta fece con civetteria una piccola riverenza a messer Agapito, e divise un sorrisetto fra i due garzoni; poi fissò su Vanardi, che stava là piantato, uno sguardo attonito, che pareva dire: «E costui è egli muto o sordo, o vien egli dal mondo della luna, che non ha parole fatte?»

      —Vuol dire che quel calmante ha giovato alla signora marchesa? domandò lo speziale.

      Carlotta crollò lo spalle,

      —Giovato! Crede lei che la signora sia veramente ammalata? Da ciò in fuori che le gambe non la reggono molto più che se fossero di cenci, ella sta meglio di me e di lei e di quanti siamo. È Grisostomo che le ha ficcato questa fisima in capo, appunto per aversela anche più maneggevole ad ogni sua voglia, d'accordo col medico, il quale ne tira il suo gran profitto. E ne l'hanno persuasa così bene, che adesso non ci sarebbe miglior modo da mandar la signora in una maledetta collera che di mostrare un solo dubbio sulla realtà dei suoi mali… E sì che anche senza di questo ticchio la sarebbe già abbastanza fastidievole di per sè: chè io non ho mai conosciuto una donna più irritabile, più difficile da contentare, più esigente, più maligna… tale e quale come quella sua insopportabile cagnetta… Del resto poi una buonissima creatura… Ed è da perdonarsi, perchè la testa non c'è più del tutto a segno, e il più delle volte la non sa quel che si faccia.

      —Nel quartiere, disse Martino che s'accostava tenendo in mano l'ampollina con dentrovi il farmaco, si parla molto della fiorita carità ch'ella fa a tutti i poveri che le si raccomandano.

      —Sicuro! chiunque ricorre a lei può averne soccorso, purchè abbia la protezione del

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