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chiedessero le viscere del tradito, e l'ebbero, ed in vendetta dei compagni ammazzati in guerra se le mangiassero: però bisogna avvertire che questo caso raccontano i francesi; sul quale proposito per me giudico, che i tedeschi sono capaci di far quello ed altro, e i francesi di dare ad intendere quello e peggio. Ma quanto sto per raccontarvi tenete per sicuro perchè ce lo attesta uno scrittore genovese: il corpo di Sampiero essendo stato ridotto in pezzi, tanto il Fornari si mostrò vago possederlo intero, chè ne riscattò a contanti ogni brandello dai soldati. Allora Genova diede al mondo spettacolo nuovo d'infamia e non dimenticabile mai, imperocchè Roma, Tiberio e Nerone imperando, vedesse spie e sicarii disputarsi il prezzo del sangue, ma non davanti ai tribunali o al Senato: in Genova poi fu al cospetto dei magistrati che Raffaele Giustiniani litigò co' fratelli Ornani per la taglia messa sul capo di Sampiero: milleottocento scudi toccarono per sentenza agli Ornani, ma Raffaele non si acquietò al giudicato, e ricorso in appello, oltre i duecento scudi chiese il decimo sopra i milleottocento assegnati ai suoi avversarii. Come andasse codesta infamia a finire io non lo so, questo so bene, che a Genova non se ne vergognavano; in effetto di che cosa avevano a vergognarsi i Genovesi? Considerando essi i delitti negozii mercantili come gli altri, qual maraviglia se nella maniera medesima li trattassero? Però la è cosa piena di amarezza infinita osservare come l'avarizia e la cupidità giungano a spegnere la coscienza non pure dei presenti, ma dei futuri eziandio: non pure dei partecipi al misfatto, bensì degli altri, i quali o per mitezza di discipline, o per religione di ufficio, ed anco per trascorso di tempo dovrieno mostrarsi più giusti. Così Casoni non abborisce dettare queste empie parole, che la strage del Sampiero fu evento molto favorevole alla Repubblica, permesso da Dio per sollievo e per quiete dei Côrsi, e quasi gli paresse poco, a ribadire la empietà, più oltre afferma, che alcuni di prudente e circospetta natura conobbero che Dio con questa morte pareva che manifestamente favorisse la causa della Repubblica. Alfonso, figliuolo di Sampiero, sostenuta un pezzo la contesa piuttosto con virtù che con fortuna, ebbe alla per fine a capitolare: molti patti egli pose alla resa, e molti la Repubblica gliene promise, ma fuori dal concedere a lui e a' suoi compagni di esilio di menare con esso loro un cavallo e parecchi cani per uomo, sembra che gli altri o non osservassero od osservassero poco.

      E perchè la guerra tirava alla fine, i Genovesi per illustrarla con tale un fatto che togliesse ai posteri la speranza di potere non che superare, uguagliare la loro virtù, fecero questo. Lionardo da Casanuova, tornato di Francia, dove si era condotto per la quinta volta in cerca di soccorso, casca in podestà dei Genovesi, i quali lo condannano a morte. Antonpadovano, recatosi alla Bastia con una fantesca nel disegno di liberarlo, ottiene facoltà per la fante di visitare Lionardo; la quale cosa facendo la donna quotidianamente, ed anco talora lo stesso giorno più volte, opera in modo che le guardie rallentino la consueta diligenza. Allora Antonpadovano piglia le vesti della fantesca, e penetrato nella carcere, persuade il padre a salvarsi in abito donnesco. Veramente Lionardo tentennò un pezzo, poi lasciò svolgersi dalle parole del figliuolo, che si sforzava capacitarlo com'egli innocente, ed infiammato di carità figliale, non corresse pericolo o poco. Anzi meritava premio, e non glielo negarono i Genovesi, no in fede di Dio non glielo negarono, però che ordinassero: il giovane Antonpadovano ad una finestra della casa paterna di Venaco s'impicchi, la casa, dopo lui morto, si abbruci.

       Al fine delle sue parole il frate abbassò la voce, comecchè brontolasse sempre corrucciato: così il fragore del tuono per allontanarsi non cessa atterrire i petti dei mortali. In ultimo il tuono si spense sopra le labbra frementi di lui: allora si nascose la faccia dentro le mani; nessuno vide se pianse, o Dio solo conobbe le sue lagrime segrete, e certo un giorno vorrà retribuirgliene il merito in palese. Di un tratto il frate, dopo alcuna pausa, sorse risoluto in piedi, e favellò:

      — Basta; il resto un'altra volta, per oggi io non ne posso più.

      E trovata a tastoni la scaletta, che menava sopra la coperta, prese a salirla. Il signor Giacomo, dondolando a furia la scatola fra le dite, esclamava:

      — Bene! benissimo! Ma sapete, signor Alando, che cotesto vostro signor frate... come lo chiamate? Oh! ecco... frate Bernardino da Casacconi... che cotesto frate ha tutto l'aria del galantuomo, e giocherei cento sterline ch'io non m'inganno... volete giocarle, signor Alando?

      — Io lo so di certo, che padre Bernardino ha camminato sempre nel santo timore di Dio e nel santissimo amore della patria.

      Al Boswel, indole temperata se altra fu mai, quantunque sembrasse strano quel positivo dato al timore di Dio accanto a quell'altro superlativo aggiunto allo amore di patria, pure si tacque, uso ad ammirare i nobili affetti anche quando paiono eccedere. E noi altri Italiani sovente non adoperiamo nelle parole misura: di questo particolarmente ce ne porsero esempio i nostri padri, come quelli che si sentivano il sangue a mille doppii più caldo di noi altri assiderati nepoti, e nei miei scritti sono soventi volte venuto rammentando l'avvertimento lasciato da uno di casa Alberti ai suoi figliuoli — che bisogna anteporre alla salute dell'anima la salute della patria.

       Indice

      Frate Bernardino, uscito all'aperto, scrollò quattro volte e sei la testa, e parve ricrearsi nel refrigerio dell'aria fresca, che gli s'insinuava per la barba e pei capelli: nè ciò bastandogli, fatta delle mani votazza, pigliava l'aria a guisa di acqua, e se la gettava nel viso. Così temperato alquanto l'ardore, s'incamminò tastoni verso la poppa, alla quale appressandosi gli fu domandato:

      — Chi è là?

      Il frate, riconoscendo la voce, rispose:

      — Oh capitano, siete voi?

      — Buon giorno, padre Bernardino; già mi figuro, che non avrete chiuso occhio tutta la notte.

      — Io no, e nè anco voi sembra che siate andato a riposare.

      — Per me la faccenda è diversa; quando navigo non dormo mai, e in terra poco: mi sfogherò a dormire dentro la fossa.

      — Ma dove ci troviamo adesso? Qui dintorno buio, parmi essere entrato nel pozzo di san Patrizio; sento fischiarmi il vento sul capo mentre la galera barcolla appena, che novità è questa capitano?

      — Voi avete la fantasia accesa, padre Bernardino; diversamente avreste indovinato a un tratto che ci siamo messi a ridosso della Capraia.

      .... ridotto a sostenere la guerra con solo otto compagni, gli tesero insidie, e lo lasciarono crivellato di ferite sopra la pubblica strada.... (pag. 86)

      — È vero sì, ma perchè non avete continuato il cammino?

      — Perchè ho fatto il conto, che a proseguire era più la perdita del guadagno: della bussola non poteva giovarmi avendo dovuto per certa ragione, che non importa palesare, interdire rigorosamente qualunque fuoco a bordo; e il mare, comechè non procelloso affatto, impediva inoltrare senza molta fatica, nè a vela si poteva ire, e co' remi a stento, sicchè ammazzandoci tutta la notte saremmo arrivati a giorno chiaro in prossimità della costa del Macinaggio, dove temo che corseggino parecchie navi francesi. Trovandomi sotto vento alla Capraia ho pensato: piano ma sano: qui passeremo la giornata al sicuro, e stassera, per la bruna, con gente fresca e il mare abbonacciato, in quattro o cinque ore schizzo al Macinaggio.

      — Pace e pazienza, e morte con penitenza, rispose il frate: da che non ci si para di meglio sbarcherò a visitare i religiosi che ci abitano, e mi consolerò a vedere i luoghi nobilitati dal valore dell'Achille côrso; non sapreste mica dirmi se ci sia rimasto egli stesso a governarla?

      — Nè manco per ombra; il comandante Achille Morati dopo la conquista tornò al fianco del generale: credo che ci abbiano mandato il commissario Astolfi.

      — E qual è costui?

      — Per me non lo conosco; ha fama di essere uomo di stocco, e dicono, che sarebbe capace di farsi mettere in quattro sui cannoni prima di renderla.

      — Dammelo morto.

      — Come! non conoscete il commissario Astolfi

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